“Non abbiamo querelato Apple e non lo faremo neppure in futuro. D’altronde come potremmo farlo? I nostri soci fondatori erano ingegneri Apple?” Fuma il calumet della pace Stephen De Witt, un tempo CEO di Cobalt, la società impegnata nel settore dei server che lo scorso anno nel corso del mese di agosto aveva minacciato di adire a vie legali per difendere il suo Qube, un server “personale” basato su Linux che ricorda per dimensioni il Cubo di Apple.”Quello che intendevamo allora – dice oggi a distanza di nove mesi Stephen De Witt, che prima della incorporazione di Cobalt in Sun era il principale responsabile della società – era solo difendere i nostri diritti sul marchio del Cubo. Apple aveva rilasciato una macchina estremamente simile alla nostra per forma, ma sulle forme geometriche non si possono applicare dei diritti di copyright”. Cobalt, in effetti, aveva ottenuto il diritto di utilizzare il logo che mostra il Cubo dopo una causa (persa e per la quale aveva pagato) da Cube Corporation che lo aveva utilizzato per qualche anno dopo che NeXT aveva sospeso la produzione del suo hardware (che aveva come logo, appunto, un Cubo). Apple, però, non ha mai utilizzato il simbolo del cubo per pubblicizzare la sua macchina e quindi, a rigor di logica, Cobalt avrebbe avuto scarsissime, se non nulle, possibilità di successo nell’intentare una causa alla società di Cupertino.Non è da esclude che in questa tardiva tolleranza (ad agosto De Witt aveva promesso che Apple avrebbe “pagato per quello che stava facendo”) non ci sia solo il lontano ricordo di una attività in Apple da parte degli ingegneri, ma anche il fatto che il Cubo di New York langue nei magazzini in attesa del colpo di grazia da parte del settore marketing della società della Mela. Con un calo di oltre il 50% delle vendite e poco più di soli 25.000 pezzi consegnati in tre mesi si tratta del prodotto di minor successo dei tempi recenti. Chissà se si fosse trattato di una altro iMac se i buoni propositi di De Witt sarebbero stati gli stessi?
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Cubo, vai in pace
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