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Lo strano caso del portafogli che supera la dogana costando come il caviale

 

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The Frenchie Company è una delle tantissime aziende artigiane presenti su Internet. Nel caso particolare, forse americana: non c’è scritto da nessuna parte in evidenza nel sito ma i prodotti vengono trattati di default in dollari (anche la pagina about non specifica il luogo). È stata fondata da due fratelli, racconta la narrativa sul sito, nel 2014 perché non trovavano un portafoglio adatto ai loro bisogni. Cosa di meglio che farlo loro stessi, allora?

Detto fatto: l’azienda vende prodotti per la tasca (portafogli, portachiavi, portacarte) in pelle con il motto “Il posto dove lo stile incontra la funzione”. Sono belli, almeno agli occhi del cronista, hanno caratteristiche “tecniche” (blocco Rfid, materiali di supporto), e c’è poi il “100% satisfaction or money back”. Perché non comprare?

Detto fatto: chi scrive aveva proprio il bisogno di comprare un nuovo portafoglio e per 79 dollari (70 euro al cambio) il nuovo modello ci può stare: è leggermente sopra il budget dedicato a questo acquisto ma l’idea di ordinarlo dall’iPad la notte sdraiati a letto e vederselo arrivare tre giorni dopo vale lo sforzo. Si mette anche a tacere la coscienza rinunciando a una pizza e birra dopo il cinema ed ecco che il budget è ricostruito, nella migliore tradizione della finanza creativa casalinga.

Qui nel video il funzionamento del portafoglio prescelto

In realtà, come dimostrerà poi la bolla, i due fratelli sono colombiani e vivono a Bogotà. Niente di male, anzi: la tradizione di pellami e conciatura colombiana è notevole. Peccato però per l’imprevisto.

Infatti, l’eCommerce è fatto di alti e bassi, di abitudini e di disillusioni. Il sito specifica, con discrezione, che sono a carico del cliente “import duties or any other collection fees”. Ma la sorpresa arriva dallo spedizioniere che porta il pacco a casa con 30 euro e spiccioli di dogana (20 euro circa) e oneri amministrativi (10 euro circa) inclusi due euro dell’immancabile marca da bollo assolta dall’ufficio. Insomma, 30 euro su un bene dal valore dichiarato di 70 (totale: 100 euro di spesa).

Il portafoglio mantiene le promesse (almeno lui). È ben fatto, molto piccolo, adatto alla tasca anteriore e sicuramente capace di schermare gli RFID pur mantenendo una tessera “esposta” per passare ad esempio i tornelli della metropolitana senza dover aprire il portafoglio. I soldi ci stanno comodamente, il magnete che serra la tasca funziona molto bene. Insomma, tutto a posto. La qualità della pelle al tatto è gradevole e resistente.

Però com’è possibile che nel XXI secolo, con tutti gli accordi commerciali e di scambio, ancora esista l’arbitrio della dogana nell’imporre balzelli? Possibile che, a seconda di come si sveglia un finanziere la mattina e se trova traffico o no per andare a Malpensa, dove avviene lo sdoganamento dei beni come quello in questione, se ha tempo o no, se crede sia dichiarazione fatta dal venditore sul prezzo applicato all’acquisto, si possa aumentare del 50% il prezzo di un oggetto? Si perché le cose stanno esattamente così: quel che si paga in una importazione di un prodotto in tasse e balzelli ha regole dettagliate e meticolose, ma solo sulla carta. Alla fine sarà il funzionario di dogana quasi a totale discrezione stabilire quel che dovrete pagare e persino se devrete pagare. Alla faccia non solo dell’IVA al 22%, modesto valore, campioni omaggio e tutto quel che volete.

Senza contare che, se lo stesso venditore avesse deciso di affidarsi  a uno dei grandi architettti della logistica e del commercio mondiale, come eBay o Amazon e gli altri, il prodotto sarebbe arrivato in maniera totalmente diversa, magari con “prime”, senza balzelli alla dogana, con garanzia di prezzo trasparente perché tutto sarebbe stato gestito alla fonte. Alla fine il cliente (cioè il sottoscritto) ci avrebbe guadagnato, il venditore (The Frenchie) ci avrebbe guadagnato (meno) e lo stato italiano sarebbe stato soddisfatto o avrebbe accettato quel che gli architetti di cui sopra hanno organizzato per soddisfarne i bisogni sempre urgenti in materia di fisco senza subire le e ricadute di un meteo negativo che ha fatto imbizzarrire un certo funzionario o senza sperare che l’urgenza di andare a prendere il figlio all’asilo o gli strilli della moglie che chiede un rapido recapito della siesta del supermercato non avessero spinto il funzionario i cui sopra a dare per buona la dichiarazione del venditore spingendolo a mettere il pacco in recapito senza bolli, controbolli tasse e controtasse

C’è da fare un mea culpa, però. Nella presunta “sharing economy” e del cosiddetto “crowdsourcing”, in cui l’evasione di chi affitta al nero la casa, di chi fa di fatto il tassista senza avere né titoli né licenza né controlli preventivi (fedina penale, uso di sostanze, decoro del mezzo etc), di chi compra su Internet saltando a pie’ pari i negozi di quartiere e la grande distribuzione locale (librerie, alimentari, mesticherie, drogherie, pizzicagnoli, ferramenta, negozi di articoli sportivi e chi più ne ha più ne metta), l’abitudine a non pagare è forte e in qualche modo o lo stato deve provare a tutelarsi.

Ibm una vita fa aveva trasmesso una pubblicità di alcuni casi di eCommerce, sostenendo che nel XXI secolo questo avrebbe ribaltato l’industria mondiale. Per l’Italia c’era una vecchietta vestita di nero, una specie di memento alla storia dell’immediato dopoguerra del nostro Paese, che camminava mentre si parlava di autostrade informatiche che avrebbero sconvolto il flusso delle merci e della ricchezza del pianeta. I grattacieli di Shenzen e delle mille altre città cinesi sorte dal niente accanto ad aeroporti e autostrade nuove di zecca sono un testimone inequivocabile del cambiamento di direzione dei flussi di ricchezza planetari. Così come lo stile apparentemente da understatement della Silicon Valley, dove la ricchezza si nasconde dietro ai capannoni.

Però, il modo più rapido per ricordare che esiste un mondo reale, fatto di sovrastrutture che esistono da secoli, comprese le gabelle di manzoniana memorie, gli arzigogoli della burocrazia e le bizze umorali di qualche funzionario in mezze maniche (virtuali) è il semplice atto di uscire dal seminato e scartare a sinistra. Comprando un portafoglio di pelle che viene tassato neanche fosse una scatola di caviale del Don.

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