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I migliori libri per conoscere l’America delle elezioni presidenziali

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Il 2024 è un anno complicato: questo novembre si elegge il 47mo presidente degli Stati Uniti d’America, sia che si tratti di Donald Trump (che è già stato il 45mo) che si tratti di Kamala Harris (che è l’attuale vicepresidente dell’amministrazione di Joe Biden). È uno scontro molto combattuto e polarizzato, ma difficile da capire se lo guardiamo dal nostro Paese, perché la politica e la società americana “vera” è differente dall’idea che ne abbiamo in Italia. Così come loro per la nostra.

Ecco dunque lo scopo di questa lista dei migliori libri di Macity. Questa è una introduzione alle elezioni presidenziali, ai grandi temi di politica e società che l’America affronta, ma anche alla storia e allo spirito di questo Paese eccezionale che ha guidato il mondo libero per tutto il Novecento. Un Paese diverso da come lo conosciamo, ma non per questo meno straordinario. Troverete così saggi, manuali, studi, ma anche romanzi e persino una sorpresa fuori sacco alla fine che non vi sveliamo.

Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.

migliori libri guida


La fine del secolo americano. Il ritratto di un Paese attraverso l’uomo che ne ha incarnato i vizi e le virtù

Un libro bellissimo e struggente, per quanto possa esserlo la saggistica. George Packer è un inviato del New Yorker, lo storico settimanale famoso per le sue inchieste vecchio stile. E affonda come pochi altri hanno saputo le mani nella storia di quel Paese.

‘è stato un tempo in cui l’America governava il mondo. Un’epoca in cui la «nazione indispensabile» – secondo la celebre definizione di Madeleine Albright – esercitava la propria egemonia sui quattro angoli della terra. Era il Secolo americano, l’età della forza militare e del potere della diplomazia, dell’ottimismo, della fiducia nella pace e nella prosperità perpetue. Certo, non era l’età dell’oro. C’erano la guerra fredda e l’incubo della minaccia nucleare, la «politica del contenimento» e l’ossessione anticomunista, la Nuova Frontiera e il Watergate. E poi c’era il Vietnam, monumento all’incapacità di capire il mondo che si pretendeva di guidare.

Nel Secolo americano, il meglio era inseparabile dal peggio. Poi tutto è cambiato e la Pax Americana si è dissolta, insieme al Muro di Berlino e all’equilibrio bipolare. Sono arrivati il crollo delle Torri gemelle, la guerra in Iraq e la crisi economica; e gli Stati Uniti hanno iniziato a ritirarsi dal palcoscenico internazionale e a «gestire» il proprio declino. Questo, per George Packer, è stato il Secolo americano, un mix di grandezza e arroganza, di innocenza e cecità.

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L’America del nostro scontento

L’America non è stata scoperta quest’anno. CI sono state fasi anche recenti in cui le prospettive sembravano molto diverse. Roberto Festa, uno dei migliori inviati di esteri della nostra generazione, l’ha raccontata nel 2017, prima della Pandemia e sino al momento dell’arrivo di Donald Trump.

La storia mai chiusa di tre ragazzi uccisi dal Ku Klux Klan in Mississippi, al tempo del movimento per i diritti civili. L’epidemia di morti per eroina nelle zone ex industriali devastate dall’assenza di lavoro e speranza. Gli omicidi di medici, la paura e la rabbia seminati dalla guerra sull’aborto. E ancora le attese e l’ira dei giorni dell’insediamento di Donald Trump, e i nuovi stili di vita, sesso e affetti della comunità omosessuale. Sono queste le storie che ci racconta Roberto Festa mentre percorre da Nord a Sud, dalla costa Est al Midwest, un’America divisa, segnata da straordinarie fughe in avanti, che a volte appaiono come l’ultimo ballo sul ponte del Titanio e da ritorni a un passato che si credeva finito e che invece riappare con prepotenza per ricordarci che le conquiste e i diritti non vanno mai dati per scontati.

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Grazie, Occidente! Tutto il bene che abbiamo fatto

Da quasi un secolo la storia dell’Occidente è prevalentemente la storia degli Stati Uniti. E in questo libro Federico Rampini, che negli Usa ha vissuto a lungo e ne conosce intimamente la natura così come conosce quella della Cina, altro paese dove ha vissuto, ne svela il senso.

Il conformismo dominante impone una versione bugiarda della storia, in cui la «razza bianca», europea o nordamericana, ha seminato solo distruzione, oppressione, sofferenze. L’idea stessa di progresso è disprezzata, siamo sottoposti a un lavaggio del cervello quotidiano per inculcare la certezza che l’Apocalisse è dietro l’angolo (per colpa nostra).

In questo viaggio tra la storia degli ultimi secoli e la geopolitica del mondo contemporaneo, Federico Rampini approfondisce quel che l’Occidente è stato davvero per l’umanità. Quali tratti originali della nostra civiltà hanno fatto sì che da mezzo millennio il progresso nasca qui e non altrove? Perché la Cina e l’Iran oggi si definiscono «repubbliche», un concetto che non esiste in Confucio o nel Corano? Una lezione di onestà storica è urgente per le nuove generazioni, aiuta a ricostruire la nostra autostima e a vedere il futuro con più fiducia.

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Frontiera. Perché sarà un nuovo secolo americano

Un angolo completamente diverso della storia e della prospettiva degli Stati Uniti, raccontata dall’ultimo giornalista che si è appassionato al tema e ha iniziato a curiosare negli Usa ponendosi nuove domande.

C’è una storia che ascoltiamo da un po’ di tempo, e descrive la più grande superpotenza del pianeta come in balìa di un irrimediabile declino. È la narrazione di un paese che balla sull’orlo del precipizio, dove la radicalizzazione non è arrestata, le differenze fra conservatori e progressisti si sono allargate e le donne hanno perso persino il diritto a interrompere una gravidanza. Tutto vero. L’aria che si respira oltreoceano è elettrica, le tensioni razziali si sono inasprite e c’è un ex presidente che ha cercato di restare al potere dopo la sconfitta, che deve rispondere di oltre 90 gravi capi d’accusa e che nonostante questo – o proprio per questo? – è venerato da un’agguerrita minoranza della popolazione. Eppure sta succedendo anche altro.

Gli Stati Uniti hanno ampliato la forza lavoro come non era mai accaduto prima, stanno riducendo le diseguaglianze, hanno innescato una rinascita industriale, hanno approvato il più grande investimento di sempre contro il cambiamento climatico. Non hanno mai avuto così tante donne con un lavoro, così tante persone con disabilità con un lavoro; il reddito mediano non è mai stato così alto, le persone afroamericane sotto la soglia di povertà mai così poche.

Il tutto mentre la Cina affronta una fase di grande incertezza e rinuncia al sogno del tanto atteso sorpasso. Gli Stati Uniti d’America stanno attraversando un momento affascinante e contraddittorio, poco compreso e per certi versi unico nella loro vicenda nazionale. Com’è possibile che queste cose accadano contemporaneamente, nello stesso posto?

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Libertà e impero. Gli Stati Uniti e il mondo 1776-2016

Una storia specifica e molto leggibile degli Stati Uniti, che prende la rincorsa dalla nascita di quel Paese fino ad arrivare a Barack Obama.

La storia della libertà statunitense e dell’impero edificato, e costantemente ridefinito, per proteggere questa libertà è una storia complessa e per nulla univoca, entro la quale sono coesistiti processi diversi e apparentemente non complementari: espansione democratica e rimozione violenta delle popolazioni native; imperialismo conquistatore e utopie modernizzatrici; sostegno all’autodeterminazione e razzismo; impegno per la preservazione della pace in Europa e interventi destabilizzanti in varie parti del mondo, America Latina su tutte.

Mario Del Pero racconta la storia degli Stati Uniti e dei suoi rapporti con il resto del mondo: dall’Indipendenza sino alla presidenza di Obama e all’elezione di Donald Trump.

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Il secolo degli Stati Uniti

Se invece manca il tempo per leggere, ecco qui la versione del “chi sa cosa” del Mulino, forse tra i migliori libri di sintesi su piazza. Scritto da Arnaldo Testi che parte nel 1876 e arriva al 2021, periodo durante il quale gli Stati Uniti sono passati attraverso le fasi del grande decollo economico, dell’ascesa a superpotenza mondiale e quindi della crisi del loro ruolo egemonico. Dopo aver eletto con Obama il primo presidente nero, e terminata la discussa presidenza Trump, oggi sono una nazione fortemente polarizzata, ferita dall’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021.

In questa nuova edizione, l’autore intreccia storia politica, economica e sociale, dedicando particolare attenzione alle trasformazioni della società e all’evoluzione dei costumi e giungendo ai giorni dell’attuale presidenza Biden chiamata a fronteggiare la difficile situazione interna e a ridisegnare il ruolo statunitense nel nuovo scenario internazionale.

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Cose spiegate bene. Ogni quattro anni

Una rivista che è un libro (bookzine) pubblicato e disponibile in libreria. È è il decimo numero di “Cose spiegate bene”, la rivista di carta del Post realizzata in collaborazione con Iperborea. Ogni quattro anni ci sono le elezioni presidenziali statunitensi (anche le Olimpiadi, ma di quelle “Cose spiegate bene” si è già occupato): mezzo mondo comincia a parlarne mesi e mesi prima, ripetendo regole e procedure che non si capiscono mai abbastanza, e descrivendo contesti che cambiano di continuo.

Ci sono quindi molte cose utili da conoscere, perché si tratta ancora, piaccia o no, dell’elezione del leader più potente del mondo nel paese più potente del mondo. Ma si tratta anche di storie, vite, questioni, che ci sono culturalmente vicinissime anche con un oceano in mezzo: di cui leggiamo sui giornali italiani, ma ormai anche su quelli americani così accessibili, e che vediamo raccontate nei film e nelle serie tv.

Questo numero di “Cose spiegate bene” si occupa della politica degli Stati Uniti, e del paese regolato da quella politica: le storie di presidenti ed elezioni notevoli, l’organizzazione delle istituzioni, la questione razziale, le trasformazioni economiche e sociali, la radicalizzazione delle posizioni dei partiti. E anche altri temi di rilevanza significativa nella discussione politica, come la scuola, la religione, l’assistenza sanitaria. Insieme a storie ignote, spesso difficili da credere da qui, e sempre utili da conoscere. Con testi di Lucia Annunziata, Marco Cassini, Claudia Durastanti e Linus.

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L’altra America. L’anima profonda degli Stati Uniti, dall’identità sudista al fenomeno Trump

Piccolo ma prezioso libro sugli Stati Uniti scritto da Federico Franzin, tocca esplicitamente l’identità “dimenticata” degli Usa: il sud.

Tornate alla ribalta con Donald Trump, le fratture della società americana sembrano eterne ed insanabili: da una parte il modello globalista del Deep State, dell’alta finanza, della Silicon Valley dei media mainstream, dell’intellighenzia radical-chic e delle frange progressiste che impongono la “cancel culture” e si battono per la “società aperta”; dall’altra – maledetta, eterogenea e controversa – l’America profonda dei territori rurali e delle periferie dimenticate, lontanissima dal “pensiero unico dominante”, subalterna al potere e pronta a difendere la propria identità ad ogni costo.

Questo saggio racconta la storia, le contraddizioni, le idee e i protagonisti di quell’America che si sente tradita da Washington: dall’identità sudista alle evoluzioni del Ku Klux Klan; dall’Alt Right alle mille manifestazioni del separatismo bianco; dal fondamentalismo cristiano alle sette religiose; dalle milizie locali ai fermenti rurali, passando per QAnon e per il recente assalto di Capitol Hill. Un testo che unisce analisi storica e attualità, nel solco di una riflessione che inizia con la Guerra di Secessione e si conclude con l’era di Trump, tra eventi sommersi e possibili scenari futuri.

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Gli artigli dell’aquila. Il colpo di Stato contro Allende

Se da un lato gli Usa sono stati il motore per sconfiggere le forze dell’Asse (Germania, Giappone e Italia) durante la seconda guerra mondiale, nella seconda metà del Novecento hanno applicato anche una dottrina durissima in tutta l’America latina, soprattutto quella meridionale.

L’ingerenza americana nelle vicende politiche del Sud America è cosa ormai ben nota, ma la verità sul “caso cileno” non avrebbe mai visto la luce se non fosse stato per l’esemplare lavoro di Gregorio Selser. Grazie a un notevole numero di fonti, la sua opera ci permette di conoscere la verità sul golpe finanziato dalla CIA nel 1973, che condusse all’eroica fine del Presidente socialista Salvador Allende e all’instaurazione della terribile dittatura di Pinochet. Covert action clandestine, finanziamenti illeciti, agenti segreti stranieri, assassini e traditori: tutto viene svelato di una vicenda che pare essere un’appassionante storia di spionaggio, ma che nella realtà segnò in modo drammatico il percorso di un intero paese.

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Errore di sistema

Cos’è successo agli Stati Uniti? Al di là del giudizio politico e morale su Edward Snowden, il soldato che ha tradito, il problema è il merito della vicenda: quel che ha rivelato.

«Mi chiamo Edward Joseph Snowden. Un tempo lavoravo per il governo, ora lavoro per le persone. Mi ci sono voluti quasi trent’anni per capire che c’era una differenza tra le due cose e, quando è successo, ho iniziato ad avere qualche problema sul lavoro. E così adesso passo il tempo cercando di proteggere la gente dalla persona che ero una volta – una spia della CIA e della National Security Agency. Se state leggendo questo libro è perché ho fatto qualcosa di molto pericoloso, per uno nella mia posizione: ho deciso di dire la verità», scrive Snowden.

Come si diventa il ricercato numero uno dalle più potenti agenzie di sicurezza del mondo occidentale, quando sei stato un bambino introverso e geniale, un ragazzo fragile e idealista? Quando si rende conto che il Paese che serve sta tradendo tutti gli ideali in cui crede, Edward Snowden, funzionario della CIA e consulente della NSA, si ritrova catapultato al centro del Datagate, lo scandalo che ha rivelato al mondo l’esistenza di un programma illegale di sorveglianza digitale di massa che consentiva al governo statunitense di spiare praticamente chiunque sulla faccia della terra. Il suo J’accuse infrange per sempre l’illusione del sogno americano. È il 2013. E quell’uomo sta per dire addio alla vita come la conosceva.

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Trump 101. La via per il successo

Donald Trump non ha scritto (o si è fatto scrivere) una vera e propria autobiografia. Però ha sfruttato il suo ruolo di imprenditore “reale” e televisivo per mettere assieme una sorta di strano manifesto dell’auto-aiuto per chi vuole fare business.

In questo libro del 2009, materialmente scritto da Meredith McIver, Trump rivela le sue sfide più grandi, i momenti più difficili e le lotte più dure e come sia riuscito a trasformarli in nuovi successi. Trump è un vero esperto nel trasformare la sconfitta in vittoria. Quando iniziò la sua attività nel settore immobiliare imparò presto che ogni progetto è accompagnato da gravi ritardi e problemi inaspettati. Con il tempo ha imparato ad aspettarsi le avversità e persino ad accoglierle. Ricco di episodi interessanti sugli alti e bassi della sua vita.

Se c’è una cosa che si capisce è che Trump non si arrende e che anche all’ultimo può dare la zampata finale: rimane pericoloso sino alla fine (e pure dopo).

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Trump e la fine dell’American Dream

L’ambasciatore Sergio Romano, commentatore di fatti del mondo da decenni, qui spiega il suo punto di vista su Donald Trump quando venne eletto come presidente nel 2018. L’uomo che ha vinto le elezioni presidenziali americane dello scorso novembre è più vecchio di tutti i suoi predecessori. Ma è anche un presidente post-moderno, capace di usare con grande destrezza le tecniche di un mondo digitale, le seduzioni della televisione e tutti gli strumenti più raffinati della finanza moderna. Trump è stato un industriale, ma ha creato soprattutto lusso e svago.

Pochi uomini politici sono stati altrettanto detestati dall’opinione pubblica liberale e democratica del suo Paese. Ma pochi uomini sono stati altrettanto osannati dalle folle deliranti dei sostenitori. Ha fatto una campagna elettorale piena di minacce e promesse, ma ha spesso rovesciato da un giorno all’altro le sue posizioni. Può un tale uomo dimenticare i suoi personali interessi per consacrarsi a quelli della nazione? Può guidare una grande potenza mondiale e preservare la sua autorità nel mondo? O è destinato ad accelerarne il declino?

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Le nostre verità

La letteratura per conoscere Kamala Harris è più ampia di quella di Trump e soprattutto meno “self-help”. Invece, questa è la sua autobiografia politica e umana. La vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris, figlia di due attivisti per i diritti civili immigrati in America, è cresciuta a Oakland, California, in una realtà molto attenta alla giustizia sociale. Mentre si affermava come uno dei leader politici più influenti del nostro tempo, la sua storia personale restava la fonte di ispirazione per affrontare problemi complessi prendendosi cura di chi non aveva mai ricevuto attenzione.

Con la sua autobiografia Kamala Harris affronta le sfide del nostro tempo: attingendo agli insegnamenti e alle intuizioni conquistate durante la sua carriera, grazie all’esempio di coloro che l’hanno maggiormente ispirata, racconta la sua visione, un impegno quotidiano fondato sulla difesa di obiettivi e valori condivisi. La storia della vicepresidente americana Kamala Harris, un libro per guardare alle verità che ci uniscono, e imparare a difenderle.

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A proposito di Kamala. Una vita americana

Dan Morain racconta la storia della candidata alla presidenza americana. Un curriculum di quasi 300 pagine. Tutto il mondo parla di Kamala Harris. Come ha fatto la figlia di due immigrati, nata nella California ancora segregata, a diventare la prima vicepresidente donna nera degli Stati Uniti? Se Kamala deve a qualcuno il suo posto nella storia, quel qualcuno è la donna che la mise al mondo a Oakland nel 1964, dandole il nome di una dea indù, perché «una cultura che venera divinità femminili produce donne forti».

Sua madre era una ricercatrice indiana emigrata in California a 19 anni in cerca di una vita e un’istruzione migliori. Suo padre, un professore di economia giunto negli Stati Uniti dalla Giamaica per gli stessi motivi. Kamala assorbe in famiglia l’insofferenza per l’ingiustizia sociale e impara a non farsi spaventare dalle porte chiuse. Al pari dei suoi compagni della Howard University, l’ateneo nero di Toni Morrison, sente di poter diventare qualunque cosa. «Eravamo giovani, talentuosi e neri, e non avremmo permesso a niente e nessuno di sbarrarci la strada».

Etica del lavoro, determinazione, volontà di ferro sono le sue armi. E con queste sfonda molti muri e inaugura la sua collezione di prime volte: nel 2003 procuratrice distrettuale di San Francisco, nel 2010 prima procuratrice generale nera nella storia della California. Nel 2016 è eletta senatrice: è la prima afro-asio-americana. E se con queste stesse armi ha perso una battaglia, le primarie presidenziali, ha vinto però la guerra: la vicepresidenza degli Stati Uniti.

Da procuratrice, si batte contro gli abusi sui minori, i crimini d’odio, la dispersione scolastica. Da candidata in lizza per la nomination democratica contesta a Joe Biden la sua antica collaborazione con due senatori contrari agli scuolabus per l’integrazione razziale: «C’era una bambina, in California, che ogni mattina prendeva uno di quegli autobus. Quella bambina ero io». Parole che hanno fatto il giro del mondo, utilizzate dai suoi sostenitori quanto dai suoi detrattori. Certo è che quello stesso Joe Biden l’avrebbe poi scelta come numero due della Casa Bianca. Kamala si era fatta notare. Ancora una volta, a modo suo.

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Americana

Iniziamo la nostra serie dei fuori sacco, necessari a rendere tale una lista dei Migliori libri di Macity. Pubblicato nel 1941 a cura di Elio Vittorini, Americana propone una scelta antologica della letteratura statunitense che in quegli anni stava diventando in Italia e non solo un modello per gli scrittori più giovani. Il libro divenne subito un classico, raccoglie i brani dei più significativi autori americani – dai primi dell’Ottocento alla fine degli anni trenta del Novecento – tra cui Edgar Allan Poe, Nathaniel Hawthorne, Jack London, Willa Cather, John Steinbeck, tradotti da alcuni fra i maggiori scrittori italiani come Montale, Pavese e Moravia.

La lingua è semplice e sciolta, duttile nel misurarsi con lo slang americano, con la prosa scarna di Ernest Hemingway, con le parole cariche di significati simbolici di Herman Melville. Fu grazie all’introduzione di Emilio Cecchi, proposta qui in appendice, che il libro poté essere ristampato dopo il primo sequestro a opera della censura fascista. Le introduzioni di Vittorini alle sezioni, proibite a suo tempo dal regime, insieme alle immagini e alle didascalie originali, costituiscono un’affascinante interpretazione dello sviluppo letterario americano e una guida alla scoperta o alla riscoperta di grandi narratori e narratrici.

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L’uomo nell’alto castello

Sempre fuori sacco per rendere la lista dei Migliori libri di Macity quel che è, questo è uno dei romanzi più famosi dello scrittore di fantascienza Philip K. Dick, scritto nel 1963 ma è stato trasformato anche in una serie tv di successo pochi anni fa.

Come sarebbe, si domanda Philip Dick, un mondo nato dalla vittoria dell’Asse nella Seconda guerra mondiale? Chi governerebbe il Reich? Cambierebbe qualcosa? Cambierebbe qualcosa per lui, Phil Dick, scrittore proletario e depresso, residente a Point Reyes, nella Contea di Marin? Partendo da quest’idea, poi divenuta un classico della letteratura, Dick non immagina un ipotetico futuro quanto un diverso passato e il presente che ne deriva. Un mondo che lo scrittore costruisce consultando l’antica saggezza dell’I Ching.

E così fanno anche i suoi personaggi, abitanti della California nipponizzata del 1962: il signor Tagomi, alto funzionario giapponese alla ricerca di un dono prezioso per un visitatore in arrivo dal Reich; Robert Childan, proprietario di un negozio di carabattole americane – fumetti d’anteguerra, orologi di Topolino, dischi di Glenn Miller – ormai considerate antichità; Frank Frink, che rifornisce Childan di finti reperti; la sua ex moglie Juliana… Oltre all’I Ching, c’è un altro libro che ossessiona i protagonisti: il romanzo proibito La locusta si trascinerà a stento, dove si narra di un mondo nel quale gli Alleati hanno vinto la guerra. Il suo misterioso autore, si dice, vive nascosto in una fortezza

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Drive-in. La trilogia

Gli americani sono sempre stati bravissimi, perlomeno agli occhi di noi europei, a trovare la voce con la quale raccontarsi. Anzi, le voci, perché la letteratura americana è piena di romanzi che sono capaci di spiegarsi e spiegare al resto del mondo di cosa si parla quando si parla di America. Come per Philip K. Dick, ma quarant’anni dopo, Joe R. Lansdale è la chiave per capire tante cose.

Immaginate il più grande drive-in mai esistito: l’Orbit. Siamo in Texas, è un venerdì sera e l’Orbit è stipato di gente che sgomita per popcorn e coca-cola, pregustando la Grande Nottata Horror. Ma sul più bello, il drive-in stesso si trasforma in un film dell’orrore: gli spettatori diventano gli involontari ed esterrefatti protagonisti di un incubo orchestrato dal mostruoso Re del Popcorn, sintesi delle peggiori conseguenze dell’ossessione al consumo. E se in “Drive-in 2” vediamo i personaggi sopravvissuti aggirarsi in un paesaggio irriconoscibile, “La notte del drive-in 3” ci catapulterà definitivamente in un microcosmo ancora più delirante, un mondo di misteriose e inclassificabili meraviglie, in cui ci si imbatte in inondazioni di proporzioni bibliche, in un pesce gatto che aspira a ingoiarsi la balena di Giona e in una schiera di creature oscure, di una malvagità paragonabile solo a quella dell’essere umano al suo peggio.

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Poesie. Testo inglese a fronte

Abbiamo fatto scelte arbitrarie con questa tornata di fuori-sacco, tralasciando i grandi autori contemporanei americani. Vogliamo toccare la poesia ma con un libro solo, e anche qui faremo delle grandi esclusioni: non prendiamo Walt Whitman (1819-1892), Sylvia Plath (1932-1963), Robert Frost (1874-1963) oppure E.E. Cummings (1894-1962). Invece, c’è una poetessa che forse è la voce eterna che parla dal profondo dell’anima del nostro tempo e accade che fosse americana.

Emily Dickinson (1830-1886) è stata una poetessa americana solitaria e introversa. Non riconosciuta ai suoi tempi, la Dickinson è conosciuta postuma per il suo uso insolito della forma e della sintassi. Da adolescente lasciò la scuola per tornare nella casa di famiglia ad Amherst, nel Massachusetts. La Dickinson scrisse centinaia di lettere e riempì quaderni di poesie, ma la sua notevole opera fu pubblicata solo dopo la sua morte. La sua opera è famosa per i temi della morte e della mortalità, oltre che per i versi brevi e l’assenza di titoli.

Questa ampia scelta di testi tratti dalle sue 1775 poesie ci mostra Emily Dickinson anche nei meno noti ruoli di umorista, testimone e critica dell’America del tempo, sfatando la leggenda che la vuole una mistica corrucciata e nevrotica arroccata nella sua stanza. Scopriamo così un’autrice che, nel sentire tutto con inaudita intensità, inventò una forma poetica irripetibile per comunicare la sua percezione del mondo. Una guida discreta e precisa ai temi e metri caratteristici del suo laboratorio è fornita in questa ricca edizione dalle note del curatore, mentre l’indice tematico permette al lettore di rintracciare le bizzarre scorribande e frequentazioni di questa enigmatica poetessa, da Manzanilla a Pompei, da Giacobbe a Emily Brontë. Una testimonianza di lucida ammirazione di Natalia Ginzburg conclude questa antologia della poesia dickinsoniana.

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