Firefox potrebbe fallire senza il supporto di Google. Lo ha dichiarato il direttore finanziario di Mozilla, Eric Muhlheim, testimoniando nell’ambito del processo antitrust che vede le autorità americane puntare il dito contro il monopolio delle ricerche di Big G.
Un tribunale distrettuale di Washington DC ha già stabilito lo scorso agosto che Google ha illegalmente abusato del suo potere di mercato per soffocare la concorrenza nella ricerca online, definendola un «monopolista che ha agito per mantenere il suo monopolio»; ora si è aperta la fase successiva del procedimento, quella che dovrà stabilire i cosiddetti “rimedi” per ripristinare un equilibrio competitivo.
Tra le possibili ipotesi al vaglio c’è la vendita di Google Chrome (e tra i potenziali acquirenti si sono fatti avanti anche OpenAI e Yahoo), ma anche la possibilità di fornire i risultati delle ricerche ad aziende rivali.
Firefox è un concorrente di Google Chrome ma gli sviluppatori guadagnano da Google grazie a un accordo che prevede il pagamento a Mozilla di una percentuale sui guadagni generati dalle ricerche degli utenti di Firefox.
Muhlheim ha spiegato che circa il 90% dei proventi di Mozilla arrivano da Firefox, principale fonte di sostentamento per la Mozilla Foundation, e che l’85% di tali entrate arrivano dalle ricerche su Google.
Lo chief financial officer di Mozilla ha spiegato che la perdita di colpo dei ricavi dalle ricerche potrebbe obbligare Mozilla a “rilevanti tagli in tutta l’azienda”, avvertendo della “spirale discendente” che potrebbe scatenare la riduzione degli investimenti in Firefox, rendendo il prodotto meno interessante per gli utenti, una spirale che potrebbe costringere Firefox a uscire dal mercato.
Per ironia della sorte, Gecko, uno dei pochi motori per browser concorrenti a quello di Google, potrebbe sopravvivere solo grazie al supporto indiretto di Big G.
Muhlheim ha spiegato che Gecko contribuisce a garantire l’interoperabilità tra i browser e il controllo di standard web da un’unica azienda.

Per Mozilla pensare a proventi diversi da quelli ottenuti dalle ricerche con Google non è facile. Muhlheim ha riferito di trattative con Microsoft per sfruttare Bing, ma quest’ultimo non consente una monetizzazione del traffico web di pari livello a quella di Google.
Tra le aziende che beneficiano delle ricerche che passano da Google c’è anche Apple, pagamenti che valgono circa 20 miliardi di dollari l’anno semplicemente pre-impostando il motore di ricerca di Big G sugli iPhone, iPad e Mac.
Il Dipartimento di Giustizia intanto vuole soluzioni al dominio di Chrome per l’accesso al web (browser che ha due terzi del mercato) e se queste misure non saranno sufficienti entro cinque anni si è riservato il diritto di chiedere anche la cessione di Android, il sistema operativo mobile di Google (anche questo dominante a livello globale).











