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Macworld Expo a Boston la querelle che nessuno vuole.

Coloro per i quali il Macworld Expo di luglio é ormai da qualche anno un appuntamento fisso hanno seguito con interesse e attenzione la vicenda che ha portato il suo organizzatore a decidere per lo spostamento da Manhattan alla metropoli del Massachusetts. Un iter che nel corso della giornata di giovedì è giunto al punto di svolta finale, con la conferma del trasferimento avvenuta nel corso di una affollata conferenza stampa tenutasi proprio a Boston.

Dietro alla vicenda, infatti, non si nascondono solo risvolti di colore o notazioni di stampo turistico. La svolta, al contrario, è fondamentale, quasi epocale si potrebbe dire se non si avesse il timore di esagerare con i termini e, potenzialmente, molto pericolosa per la piattaforma. Alla fine a pagare potrebbero essere infatti tutti: IDG World Expo, Apple e, soprattutto, gli utenti.

Ma andiamo per ordine, cominciando dall’inizio.

Boston aveva ospitato per tredici anni il Macworld di luglio, scelta che l’organizzatore IDG World Expo aveva attuato non solo perché nei paraggi si trovava anche la loro sede ma perché l’area del New England degli USA è fittissima di istituzioni scolastiche, universitarie e di ricerca; si tratta di una delle zone più facilmente accessibili coi comuni mezzi di trasporto, è anche sede di moltissime aziende hi-tech (seconda solo alla Silicon Valley) e infine, ma non necessariamente ultimo motivo in ordine d’importanza, anche perché la città  ha un suo fascino turistico che, quando si tratta di attirare visitatori paganti, non ci sta mai male.

Al termine dei 13 anni di cui dicevamo, in coincidenza con il ritorno in sella di Jobs alla guida di Apple, il Macworld Expo estivo passò alla megalopoli New York City. I motivi per cui questa scelta venne attuata li abbiamo riportati molte volte; riassumendo però si coniugò la volontà  di Apple di trovare un palcoscenico più cosmopolita e meno provinciale di quello di Boston (oltre che nel cuore del grande business della pubblicità  e dell’editoria) con quella di IDG World Expo di avere uno spazio più adeguato.

A Manhattan il Macworld Expo trovò casa presso il centro espositivo più ampio della città , il Jacob K. Javits Center, una struttura in vetrocemento posta sul West Side. Un palazzo moderno e ampio ma la cui collocazione, marginale rispetto al cuore della città  e a tutto quanto si possa pensare utile per un centro congressi, come ben sanno anche i redattori di questo sito, é un vero incubo per qualunque visitatore.

Il Javits si trova a 30 a 40 chilometri dal più vicino aereoporto, è toccato da pochissime le linee di autobus e neppure sfiorato da quelle della metropolitana; tra le strutture di comunicazione a portata (relativamente alle distanze di New York City) c’è solo la stazione ferroviaria di Penn Station. L’unico mezzo flessibile per raggiungerla è il taxi, ma quando si parla di taxi a New York City si sa che spesso è facile trovarne molti i cui autisti non sanno quasi dove si trovi l’Empire State Building, figurarsi il Javits. E quando si tratta di andare dal Javits al centro, vista la marginalità  del centro congressi, catturare un taxi in quella zona diviene una sorta di terno al lotto.

Se qualcuno poi pensasse che la collocazione del Javits possa offrire vantaggi in termini di costi delle camere d’albergo, certo, cambierebbe idea semplicemente facendo una piccola ricerca su uno dei tanti siti di prenotazioni e constatando che gli hotel (da cinque a zero stelle), tutti distanti dal Javits, possono costare svariate centinaia di dollari a notte.

Tutto questo, senza snocciolare i costi “collaterali” (come i pranzi, le cene, i trasporti, la semplice acqua minerale o il panino che a New York City costano cinque volte tanto che altrove) conta, eccome se conta, per le agenzie di stampa, per i grandi sviluppatori, per i VIP. Conta però ancora di più per la casalinga del Wyoming (la corrispondente della nostra di Voghera, solo che quella americana va ai Macworld Expo), il manager della piccola azienda dell’Oregon, lo sviluppatore autonomo del Texas.

Il clima che si prospetta a Boston e gli accordi raggiunti da IDG World Expo nel trasferimento da Manhattan a Boston, da soli basterebbero a giustificare la decisione di cambiare: prezzi concordati per le attrezzature alberghiere di Boston, costi ridotti (fino al 35%) per gli espositori anche sui servizi, un Convention Center ampio e moderno oltre che nuovissimo e, infine, collegamenti più comodi e una posizione semi-centrale rispetto alla città  che a sua volta è più a dimensione d’uomo e molto meno caotica e costosa.

Non si può neppure dubitare sulla copertura dei media. Boston è una metropoli americana, tutte le agenzie e le TV sono presenti con loro uffici e i prezzi più bassi potrebbero facilitare la presenza di un numero forse addirittura superiore di testate giornalistiche.

A prima vista, e detto francamente, New York City più di Boston ha solo un nome che “suona meglio” a livello mondiale.

Eppure Apple sembra non volerne sapere di cambiare aria al punto di, non solo aver cancellato la sua partecipazione al Macworld del luglio 2004, ma da mettere anche in discussione l’ultimo Macworld Expo del 2003, a New York City, minaccia che suona un po’ come una sorta di ripicca alla decisione di IDG World Expo.

Inevitabili alcune domande a questo punto.

Apple cade dalle nuvole con l’annuncio ufficiale di IDG World Expo di ieri? Credibile? Alla IDG World Expo sono completamente impazziti e non hanno mai avuto colloqui stretti con Cupertino nella fase preparatoria? Da Framingham, dove ha sede la società  che organizza l’Expo, si smentisce e ci si dice esterrefatti della risposta di Apple.

Ma allora perchè questo improvviso irrigidimento?

Le risposte potrebbero essere molte.

Qualcuno potrebbe avere iniziato a chiedersi se davvero un secondo Macworld Expo in USA abbia un senso. L’unico motivo valido è che dodici mesi di attesa tra un evento e l’altro sono troppi, ma a questa affermazione si potrebbe replicare che in Giappone, organizzato sempre dalla filiale locale della IDG, c’è il Macworld Expo primaverile, che in Francia, organizzato da Reed Exhibitions in settembre c’è l’eccellente Apple Expo, in Inghilterra c’è un sempre più ufficiale MacExpo di fine novembre organizzato localmente ma con professionalità .

Si potrebbe persino pensare che l’esperienza francese potrebbe avere indicato ad Apple un eccellente organizzatore di conferenze ed esposizioni (Reed è il più importante al mondo per eventi di questo tipo) concorrente ad IDG World Expo, ma anche tenendo in considerazione tutto ciò sarebbe difficile spiegarsi perché cominciare una guerra dove gli sconfitti sarebbero molti più dei vincitori.

In più, in un passato anche recente, la società  della Mela e molti altri espositori hanno fatto più volte capire (in modo più o meno confidenziale) che ritengono il “vero” Macworld Expo quello che si tiene a gennaio a San Francisco, a poche miglia da tutte le maggiori firme dell’informatica.

Ma senza voler per forza cercare una verità , un fatto (almeno uno) è certo: un Macworld Expo senza Apple ha tanto poco senso che si potrebbe anche evitare di organizzarlo. Ma questa sarebbe la prima cosa da evitare. Il Macworld di luglio serve a tutti: a IDG World Expo, ma anche ad Apple e alla piattaforma.

Che la città  di Boston abbia già  calcolato in almeno 42 milioni di dollari il guadagno indotto dal Macworld Expo (cifra raggiunta sei anni fa durante l’ultimo Macworld Expo di Boston), che una cifra uguale o superiore la guadagni la municipalità  e la comunità  di New York City a noi interessa poco, se tutti gli avventori possono risparmiare soldi e fatica meglio Boston, sennò che almeno si resti a New York City e non si tema di perdere di visibilità .

Chi, come la nostra testata ha un dovere d’informazione, continuerà  a svolgere il suo compito e l’informazione per i nostri lettori sarà  assicurata ugualmente per dovere di cronaca nonostante i taxi spariti in qualche piega della curvatura spazio-temporale, le camere d’albergo da 4 metri per tre a 300 dollari per notte, un panino e una minerale acquistati al bar del Javits per un costo complessivo di 9 dollari.

àˆ interesse di tutti che Apple ritiri la minaccia riferita al Macworld Expo del 2003 a New York City e si accordi al più presto con IDG World Expo o con un altro organizzatore di propria scelta (chiaro che il marchio Macworld, in tal caso, debba essere abbandonato… poco male).
Dovesse mancare l’evento estivo anche Apple potrebbe perdere in visibilità  e i suoi prodotti faticare ancora di più ad affermarsi sul mercato. Ovvero, come dicevamo poco più sopra, la prima cosa da evitare.
Costi, mai definizione fu più appropriata, quel che costi.

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