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Obama e la speranza della Net Neutrality

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Obama deve molto della sua campagna elettorale, dalla raccolta dei fondi alla notorietà  sino alla mobilitazione per il voto, a Internet. E molti ritengono, alla luce anche del suo programma elettorale, che abbia tutta l’intenzione di rendere il favore.
Se è vero che Al Gore, vicepresidente e premio Nobel per la pace, si vanta di aver inventato le “super-autostrade informatiche” e di averle promosse durante i due mandati di Bill Clinton, facendo un gioco fondamentale per quanto riguarda la nascita dell’attuale tecnologica, è altrettanto vero che Barack Obama ritiene che la tecnologia di rete sia uno strumento potentissimo per la società  intera. E che, come tale, debba rimanere libero e aperto per tutti e non sotto il controllo delle compagnie telefoniche.

Questo è in sintesi il messaggio che è emerso dal programma di Obama e che molti ritengono metterà  una parola definitiva su un tema scottante, per quanto poco conosciuto, cioè quello della neutralità  della rete.

Il punto della Net Neutrality è semplice: adesso i pacchetti che contengono le informazioni di tutto quel che passa per Internet sono tutti uguali. Sono composti semplicemente da bit senza alcuna priorità  gli uni sugli altri. Senza filtri, senza differenze di “genere”. L’intelligenza su Internet è agli estremi, nei server e nei client che accedono, e non all’interno della rete. Questo vuol dire che il flusso corre veloce e senza nessun tipo di modificazione a seconda del contenuto.
Però questo status quo non piace a molti. Non piace ai difensori del diritto d’autore a tutti i costi, che vorrebbero buttare fuori l’ingombrante traffico di dati peer-to-peer dalla rete. Il traffico, che conta per il 70% e rotti del totale, è fatto probabilmente di cose copiate e stracopiate, che appesantiscono i router (i minicomputer che indirizzano il traffico da un nodo all’altro) e fanno spendere soldi alle compagnie telefoniche che vorrebbero invece offrire un servizio costoso con infrastrutture molto leggere e sottodimensionate rispetto agli utenti.

La Net Neutrality non piace neanche ai produttori dei router, che vorrebbero vendere apparecchi nuovi, più complessi e molto più costosi, che portino l’intelligenza “dentro” la rete, nel senso di elaborare, filtrare e indirizzare i pacchetti a seconda del genere, del tipo e della priorità  che hanno. Un desiderio legittimo per vendere nuove apparecchiature con nuove funzionalità , sostiene ad esempio il colosso del router Cisco, ma che in realtà  cozza frontalmente con la possibilità  di innovare e di trasformare la piattaforma Internet in uno strumento che si rinnova dal basso e diviene sempre più innovativo e utile per la società .

Il punto è che, se si stabilissero priorità  dei pacchetti per determinati scopi, molte delle innovazioni nate con Internet non ci sarebbero: niente peer-to-peer, niente voce attraverso Internet, niente protocolli che consentono di scambiare dati e informazioni in maniera libera e creativa. Anzi, molto più controllo e uniformità , molta meno innovazione anche industriale (come quella di Google, che sfrutta con lucida efficacia tutte le possibili nicchie) e molta più uniformità  che non evolve tecnicamente.

La battaglia, che è andata avanti in maniera colpevolmente silenziosa (quale grande giornale del nostro come di molti altri paesi ha affrontato con inchieste il tema della Net Neutrality e del perché è importante per tutti noi, in un vero o nell’altro?), adesso parrebbe pronta a trovare una soluzione. Per dire, la soluzione è nel programma del presidente eletto degli Usa, che entrerà  nel suo ufficio il 20 gennaio prossimo e che deve la sua elezione anche a Internet e a molti degli strumenti che si possono utilizzare attraverso essa, come social network e via dicendo. Non ci fosse stata una Net Neutrality, probabilmente Barack Obama non sarebbe arrivato alla Casa Bianca. Molti si attendono che restituisca il favore.

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