Confrontando il “terreno di gioco” con quello dello scorso anno, è un po’ triste osservare che lungo la strada che porta dall’aeroporto al centro città sono notevolmente diminuiti i cartelloni pubblicitari che magnificavano le qualità delle varie “dot.com”.
La crisi dell’Hi-Tech ha costretto le varie aziende californiane o a chiudere o a ridurre i costi non strettamente indispensabili.
Nell’advertising stradale ora campeggiano altri protagonisti dell’economia e abbiamo trovato persino un irriverente “Don’t Buy Tech, Buy Gold” che reclamizza investimenti nel metallo pregiato: detto nella patria della tecnologia sembra quasi un sacrilegio.
Pochi appassionati, galvanizzati dall’attesa che Apple, ha saputo creare, si sono già materializzati negli ancora vuoti ambienti sotterranei del Moscone Center, ed anche noi non abbiamo resistito alla tentazione di dare un’occhiata, benché fosse sabato pomeriggio, in anticipo sui tempi previsti.
La stretta sorveglianza ci ha permesso solo di riprendere ampi striscioni coperti da teli neri e scatoloni accatastati, recanti chissà quali meraviglie.
Dopo questi tentativi infruttuosi, il corpo redazionale ha ritenuto opportuno ritemprarsi membra e spirito sulle panchine dell’attiguo Yerba Buena Garden, attendendo il suggestivo momento in cui, all’imbrunire, si accendono le luci dei grattacieli.
Una passeggiata tra i negozi di Market Street, dopo aver assistito alla leggendario rito della partenza del Cable Car, ha concluso la nostra prima giornata nella Bay.
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Il primo report fotografico lo travate su questa pagina di MacityNet