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Suicidi Foxconn, Apple pensa a nuove ispezioni nelle fabbriche

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Apple invierà altri ispettori presso gli stabilimenti Foxconn e sta seguendo passo per passo le azioni intraprese dal colosso della costruzione cinese per porre fine alla preoccupante sequenza di suicidi. Sono queste le inziative intraprese da Cupertino in seguito alla serie di suicidi verificatesi nella città-fabbrica Hon Hai Precision Industries, nota con il marchio Foxconn, il più grande costruttore di elettronica di consumo per conto non solo di Apple ma anche di HP, Sony, Nintendo e tutti i più importanti nomi dell’IT mondiale.

“Siamo in contatto diretto con i top manager Foxconn e siamo convinti che stiano trattando la questione molto seriamente – ha dichiarato Steve Dowling portavoce di Apple – Un team di Apple sta valutando in modo indipendente le misure intraprese (da Foxconn, ndr) per affrontare questi eventi tragici e continueremo le nostre abituali ispezioni negli impianti in cui vengono costruiti i nostri prodotti”.

Media e opinione pubblica si sono concentrati su Foxconn inseguito a una preoccupante serie di suicidi avvenuti nell’immenso impianto di Shenzhen, nove in tutto nel corso dell’ultimo anno. Per rispondere alla preoccupazione crescente non solo in Cina ma a livello mondiale Terry Gou fondatore di Hon Hai e presidente della società oggi ha aperto le porte della città-fabbrica per accogliere gioralisti e media di tutto il mondo e mostrare loro impianti e condizioni di lavoro. Foxconn ha da sempre dichiarato il rispetto delle leggi e un trattamento dei dipendenti conforme non solo con il diritto ma anche con i più elevati standard mondiali.

Il “porte aperte” allo stabilimento, altrimenti presidiato con metodo quasi militari, dimostra meglio di ogni altro reportage quanta pressione la vicenda sta ponendo su Foxconn. E mentre gruppi di opinione stanno cominciando a sensibilizzare l’opinione pubblica chiedendo il boicottaggio di prodotti, come gli iPhone, prodotti negli stabilimenti cinesiì, anche il giornale China Daily comincia a parlare di “questione umanitaria”. Foxconn – dice il giornale – non è una colonia per lavori forzati, nel senso che non abusa di loro fisicamente o li forza a lavorare oltre le ore di lavoro, ma questo non significa che mostri tutta la comprensione umana necessaria per i suoi dipendenti. E questo non significa neppure che sta facendo abbastanza per forgiare una cultura azienda che aiuti i dipendenti a conseguire il giusto e sano bilanciamento tra lavoro e vita personale”.

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