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IBM arbitro delle innovazioni di Apple

Nell’accordo che permette all’ex manager IBM di accasarsi a Cupertino non c’è solo la liberà  vigilata per Papermaster, si veda questo articolo di Macity di ieri, ma anche una vera e propria pistola puntata. E la canna è biforcuta: da una parte punta verso Papermaster, dall’altra verso le innovazioni di Apple

A far comprendere quanto pesanti siano i termini del patto che ha messo fine alla querelle sono i documenti pubblicati nel corso della giornata dal giudice Kenneth Karas che aveva in esame il caso. Infatti il legale non solo ha disposto che per sei mesi Papermaster resti distante da Apple, obbligandolo poi a certificare per due volte formalmente che non sta usando informazioni confidenziali (pena un processo penale per spergiuro), ma ha anche chiesto di avere in esame tutto il lavoro compiuto da Papermaster per giudicare autonomamente se ci sia infrazione all’ordine di non usare proprietà  intellettuali o segreti appresi durante il suo lavoro ad Armonk.

Leggendo attentamente le clausole della vertenza risolutiva rese pubbliche oggi dal giudice Karas emergono le pressanti condizioni di lavoro in cui Papermaster dovrà  operare all’interno di Apple. Innanzitutto l’ex dirigente di Armonk dovrà  interpellare IBM ogniqualvolta nel suo operato a Cupertino gli venisse il sospetto che tecnologie e informazioni che intende comunicare, diffondere o utilizzare, siano legate a informazioni confidenziali di IBM.

Ma la clausola più preoccupante è quella finale in cui il potere di IBM si estende fino a gettare una preoccupante ombra persino sui futuri dispositivi di Apple. Secondo l’accordo che permette a Papermaster di lavorare per Apple, la multinazionale di Armonk ha la facoltà  di decidere se tecniche e informazioni in questione siano o meno parte della proprietà  intellettuale di IBM. Questa facoltà  di decisione spetta a IBM e solo a IBM, nel senso che qualunque cosa sia deciso ad Armonk ha valore finale e non può essere soggetta a revisione, nemmeno in tribunale.

In definitiva dall’accordo sul caso Papermaster IBM emerge di fatto come il vincitore: per diversi mesi la multinazionale di Armonk ha la facoltà  di decidere o meno cosa Apple possa sfornare dai propri laboratori di ricerca e sviluppo, in particolare per la sezione iPhone e iPod ma potenzialmente anche in dispositivi in corso di sviluppo che rientrano nel segmento ultra-portatili e tascabili. Ad esempio: se Apple dovesse rilasciare un nuovo hardware assimilabile ad un Netbook, IBM potrebbe chiedere di “guardare dentro” e decidere che alcune componenti sono frutto di quanto Papermaster ha appreso nel suo lavoro ad IBM. Il tutto è reso più delicato (e probabile) dal fatto che Apple detiene le tecnologie di PASemi per i processori ed in questo senso può essere intesa come una concorrente diretta di IBM che si occupa pure di processori.

La ragione per cui Apple ha accettato un simile contratto capestro non sono chiare. La prima che viene in mente è che da qui ad ottobre non ci sia nulla di particolarmente interessante in serbo o, comunque, nulla che potrebbe realmente essere interessante o “pericoloso” per IBM. La seconda è che pur di accaparrarsi Papermaster, Apple sia disposta a frenare le sue innovazioni e a rinviarle. Non è neppure da escludere che, davvero, Apple sia convinta che nulla di quel che Papermaster farà  potrà  essere soggetto a revisione o veto da parte di IBM perchè, come sostenuto fin dall’inizio, l’ex tecnico di Big Blue si occuperà  di tutt’altro.

Quel che è certo è che i motivi per cui la Mela ha accettato l’impensabile, ovvero l’invadente presenza di un arbitro esterno con facoltà  di bocciare e bloccare prodotti e dispositivi made in Cupertino, devono essere più che validi ed estremamente stringenti.

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