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Il WiMax funziona: ecco perché Buzz ha sbagliato

Garth Freeman è il ceo di Buzz Broadband, il primo operatore australiano ad aver implementato una rete con tecnologia WiMax. Fino a ieri non lo conosceva nessuno; oggi il suo nome è sulla bocca di tutti. Il merito (si fa per dire…) è delle sue dichiarazioni anti WiMax lanciate ieri, una vera e propria “bomba al neutrone” che ha stroncato ogni speranza di successo della tecnologia, definita come un miserabile fallimento. I principali punti di attacco sono stati l’inesistenza del raggio d’azione con installazioni e antenne non in linea di vista, la modestissima copertura in interni, non ultimo i tempi di latenza incredibilmente elevati, tali da rendere praticamente inutilizzabili numerose applicazioni Internet, tra cui la telefonia VoIP.

Come era lecito prevedere non si è fatta attendere la riposta di Airspan la società  che ha fornito materiali e tecnologie all’operatore Buzz Broadband.
La risposta completa è stata riportata da InfoWorld.

Secondo Airspan i problemi riscontrati dall’australiana Buzz derivano principalmente dalle risorse finanziarie e tecnologiche limitate, non sufficienti per realizzare una rete completamente funzionale.

Entrando nei dettagli Airspan illustra punto per punto le ragioni che stanno dietro alle lacune denunciate dal Ceo di Buzz.

Il primo, relativo alla scarsa copertura del segnale WiMax, è dovuto secondo Airspan all’impiego di stazioni di trasmissione meno costose ma anche meno potenti. Con questi componenti, sempre secondo Airspan, è possibile risparmiare solo rinunciando alla copertura.

Per quanto riguarda invece gli ingenti valori relativi alla latenza del segnale, il servizio tecnico di Airspan aveva già  valutato come considerevolmente sotto-dimensionata la rete dell’operatore Buzz.
Una situazione ancora una volta dovuta alla volontà  di risparmiare, ma del tutto inadeguata per garantire una qualità  del servizio sufficiente per le telefonate via Web.

Secondo diversi analisti nel prossimo futuro assisteremo ancora a molte altre dispute tra operatori e aziende che forniscono materiali e tecnologie, una sorta di percorso obbligato man mano che gli uni e le altre scopriranno cosa può e cosa non può fare il WiMax.

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