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Rivoluzione AI parte 10, come gli italiani stanno trasformando la loro vita con l’AI

Continuiamo la nostra escursione nel mondo dell’intelligenza artificiale e delle direzioni che sta prendendo. Nell’articolo precedente abbiamo cominciato a guardare come le aziende italiane sfruttano l’AI. Adesso è arrivato il momento di chiedersi cosa fanno invece gli italiani, soprattutto nelle scuole, che formano i cittadini e i lavoratori di domani.

L’italiano medio e l’intelligenza articiale: amore, odio o ignoranza? È un rapporto complesso e contraddittorio quello che gli italiani stanno costruendo con l’intelligenza artificiale, in un Paese dove le disuguaglianze digitali riflettono profonde fratture generazionali. Mentre circa un terzo della popolazione dichiara di non conoscere alcuno strumento di AI, tra i giovani sotto i 25 anni la percentuale di “ignavi digitali” crolla al 4%, segnalando un divario che va ben oltre la semplice dimestichezza tecnologica. La rivoluzione digitale procede a velocità diverse nel Belpaese, con una frammentazione che si manifesta tanto nella vita quotidiana quanto e soprattutto nel sistema educativo. Gli italiani sembrano dividersi tra chi cavalca l’onda dell’innovazione e chi osserva con sospetto l’avanzata di algoritmi e sistemi automatizzati.

Nel panorama del nostro Paese, infatti, l’intelligenza artificiale viene impiegata principalmente per attività personali e di svago, con il 47% degli utenti che la utilizza esclusivamente in ambito privato. La generazione di riassunti e sintesi di testi rappresenta l’applicazione più diffusa e quella considerata più affidabile, con il 71% degli utilizzatori che si fida dell’AI per questa funzione (ovviamente con obiettivi scolastico e non per il tempo libero). Seguono la creazione di contenuti digitali come immagini, video e musica, oltre al supporto nella ricerca di informazioni e nell’organizzazione di viaggi o attività quotidiane. Solo un utilizzatore su cinque impiega l’intelligenza artificiale esclusivamente per attività lavorative, prevalentemente per generare testi, classificare documenti e analizzare dati.

Non siamo tutti incoscienti: in molti ci chiediamo (e temiamo) i possibili problemi generati dall’intelligenza artificiale. Le principali preoccupazioni degli italiani riguardano la diffusione dei deepfake (66%), la disinformazione (63%) e la manipolazione dei dati personali (62%). La fiducia nell’AI diminuisce drasticamente quando si passa da attività considerate a basso rischio a quelle che richiedono maggiore responsabilità o hanno un significativo impatto sociale, come la produzione di normative o la scrittura di articoli giornalistici. L’adozione è spinta soprattutto dalla praticità e dalla curiosità personale, più che da programmi istituzionali o da strategie organizzative strutturate.

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La scuola come terreno di sperimentazione

Veniamo a quello che è il vero tema principale: cosa succede a scuola. E qui, a seconda di come lo guardiamo, siamo di fronte a un disastro totale oppure a una rivoluzione epocale. Scegliete voi.

Infatti, secondo le ricerche, nelle aule scolastiche italiane si consuma ogni giorno un esperimento sociale involontario sull’impatto dell’intelligenza artificiale. Oltre il 65% degli studenti tra i 16 e i 18 anni (tre su quattro) utilizza regolarmente strumenti di AI per svolgere compiti e scrivere saggi, spesso (e questa è la cosa importante) senza direttive precise o una guida consapevole. Siamo in difficoltà già con la carta, figuriamoci con l’AI.

Ma non ci sono solo gli allievi a scatenarsi nell’uso delle scorciatoie. Il 54% degli insegnanti dichiara di usare l’intelligenza artificiale a fini didattici, ma solo l’11% afferma di possedere una conoscenza approfondita della tecnologia che sta impiegando. Gli strumenti più utilizzati sono assistenti virtuali e generatori di testo, impiegati per la scrittura, la ricerca di informazioni e la personalizzazione dell’apprendimento.

Questa adozione avviene prevalentemente in modo spontaneo e disordinato, con solo il 10% delle scuole e università italiane che dispone di un riferimento ufficiale sull’uso dell’AI. Il docente tipo che utilizza l’intelligenza artificiale è una donna over 50, con contratto a tempo indeterminato e almeno dieci anni di esperienza in materie umanistiche. Oltre metà degli insegnanti (52,4%) utilizza regolarmente strumenti di AI per supportare la didattica, mentre il 10% li impiega come strumenti compensativi per studenti con difficoltà di apprendimento. Il 56,7% usa l’AI anche per attività organizzative come la redazione di relazioni e progettazioni didattiche.

La situazione ha creato un paradosso: gli studenti, spesso più avanti dei docenti nell’uso degli strumenti digitali, li utilizzano spontaneamente ma senza una guida critica. Fino al 70% degli studenti ha ammesso di aver utilizzato l’AI per barare almeno una volta negli ultimi mesi, sollevando interrogativi sull’integrità del processo educativo. Il 14% del corpo docente si dichiara contrario all’introduzione dell’AI nella didattica, esprimendo preoccupazioni sulla minaccia alla professionalità dell’insegnante e sulla dipendenza tecnologica.

La nuova frontiera della formazione ha portato il Ministero dell’Istruzione a lanciare una sperimentazione in 15 classi pilota, dove l’AI viene utilizzata come tutor personalizzato per aiutare studenti in difficoltà. Il programma si concentra soprattutto sulle materie STEM e sulle lingue straniere, mantenendo esplicitamente il ruolo centrale del docente. Il 75% degli insegnanti ritiene necessaria una formazione specifica per chi ancora non utilizza l’AI, segnalando un forte interesse verso corsi e percorsi formativi dedicati.

I benefici e le sfide dell’adozione

L’intelligenza artificiale offre opportunità significative per personalizzare l’apprendimento attraverso percorsi educativi su misura. Analizzando dati sulle performance, preferenze e stili di apprendimento, l’AI può adattare contenuti, difficoltà e ritmo alle esigenze specifiche di ogni studente. Gli strumenti di intelligenza artificiale forniscono feedback immediati sulle attività svolte, identificando punti di forza e aree di miglioramento in tempo reale. Questo consente agli studenti di correggere tempestivamente gli errori e agli insegnanti di modulare l’intervento didattico in modo più puntuale e efficace.

Le tecnologie basate sull’AI, come il riconoscimento vocale, i traduttori automatici e i tutor virtuali, facilitano l’accesso all’istruzione anche per studenti con bisogni educativi speciali. Senza contare che, automatizzando compiti ripetitivi come la correzione degli esercizi o la gestione amministrativa, l’AI libera tempo prezioso agli insegnanti, che possono così dedicarsi a progettare attività didattiche più personalizzate. I sistemi di intelligenza artificiale utilizzano modelli predittivi per anticipare le difficoltà degli studenti e proporre risorse aggiuntive o esercizi mirati, garantendo un percorso di apprendimento dinamico e flessibile.

Tuttavia, lo sappiamo bene perché la situazione della scuola italiana è da decenni sotto gli occhi di tutti, l’adozione dell’AI nella scuola italiana deve affrontare sfide significative, a partire dalla formazione insufficiente dei docenti. La complessità tecnologica può rappresentare una barriera per insegnanti meno esperti, rallentando l’adozione efficace degli strumenti disponibili. C’è poi un più generale tema di privacy, del quale parliamo spesso dal punto di vista dei consumatori ma che dovrebbe essere centrale per quanto riguarda la scuola, cioè gli studenti. L’uso dell’AI richiede la raccolta e l’elaborazione di dati sensibili degli studenti, sollevando questioni critiche sulla protezione della privacy e la sicurezza delle informazioni.

C’è poi una domanda più ampia: cosa succede con l’intelligenza artificiale? È comunque una tecnologia e va a cadere in una fase di sviluppo fondamentale per esigenze di socializzazione e di trasformazione psicologica degli studenti, cioè delle ragazze e dei ragazzi. Il punto della scuola è formare gli individui, oltre che educarli e dargli delle nozioni accademiche: usare le macchine (per quanto efficienti ed efficaci) ha sicuramente un effetto negativo da questo punto di vista. Il rischio che la tecnologia riduca l’interazione umana e il supporto emotivo rappresenta una preoccupazione centrale nel dibattito educativo italiano. L’uso eccessivo dell’AI potrebbe portare a una dipendenza dalla tecnologia, limitando lo sviluppo di competenze fondamentali come il pensiero indipendente, la creatività e le abilità sociali degli studenti. L’integrazione dell’intelligenza artificiale richiede una riprogettazione dei curricoli e delle pratiche didattiche, un impegno significativo per un sistema scolastico spesso restio al cambiamento.

In conclusione, l’adozione dell’intelligenza artificiale in Italia, e in particolare nel sistema educativo, procede in modo disomogeneo e largamente spontaneo. Siamo però arrivati a uno snodo fondamentale: si decide oggi cosa accadrà a lungo nel futuro. La sfida per il futuro sarà trasformare questa sperimentazione diffusa ma disordinata in un approccio strutturato e consapevole, che massimizzi i benefici della personalizzazione dell’apprendimento riducendo al minimo i rischi per la privacy, l’integrità educativa e lo sviluppo delle competenze umane fondamentali.

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