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Apple molla un contentino da 100 miliardi a Trump per mandare in soffitta i dazi

Apple si costruisce costruisce per Trump una via d’uscita soddisfacente nche disinnesca (per ora) la questione dei dazi sui prodotti di elettronica.

La soluzione, che permette a Cupertino di salvarsi da mostruosi rincari sulle importazioni e al presidente USA di poter dire che le sue azioni e minacce hanno portato a un risultato tangibile, è stata annunciata ieri alla Casa Bianca in una conferenza stampa congiunta: da una parte Trump, dall’altra Tim Cook.

Al centro dell’annuncio, un piano da 100 miliardi di dollari per rafforzare la presenza produttiva di Apple negli USA, frutto di un patto con altri produttori di componenti per iPhone e altri dispositivi Apple.

Il cosiddetto “American Manufacturing Program” punta su tre fronti principali:

  • Produzione di vetro per iPhone e Apple Watch nello stabilimento Corning di Harrodsburg, Kentucky, interamente dedicato ad Apple grazie a un investimento da 2,5 miliardi di dollari.
  • Una server factory da 23mila mentri quadrati a Houston, già annunciata nei mesi scorsi e confermata per l’apertura nel 2026.
  • Data center distribuiti in Carolina del Nord, Iowa e Oregon, oltre a una Supplier Academy in Michigan e a nuovi accordi con dieci aziende americane.
Apple molla un contentino da 100 miliardi a Trump per mandare in soffitta i dazi - macitynet.it
Immagine di Apple

Siamo ben distanti dalle milioni di mani americane che avvitano milioni di vitine per costruire gli iPhone, vaticinate dal segretario al Commercio Lutnick quando vennero annunciati i dazi che avrebbero dovuto riportare la produzione degli iPhone negli USA. In gran parte, quanto annunciato oggi è frutto di piani avviati da tempo e tutto sommato di portata molto modesta, ma Trump si è detto comunque molto soddisfatto.

Il presidente, pur ammettendo che non si tratta ancora di un vero ritorno della produzione degli iPhone sul suolo americano, ha elogiato Apple — azienda presa particolarmente di mira per il suo carattere iconico nella sua incessante campagna sui dazi, iniziata ad aprile — per gli sforzi che sta compiendo.

Trump ha anche colto l’occasione per presentare un nuovo passaggio della sua strategia: un dazio del 100% su tutti i chip prodotti all’estero, a meno che le aziende che li utilizzano non investano, o non abbiano già annunciato investimenti, negli Stati Uniti. Proprio come ha fatto Apple.

In pratica, con i suoi 100 miliardi di dollari investiti (in larga parte come detto già messi in conto ma annunciati con strategico tempismo), Apple si mette al riparo da un dazio pesantissimo sui chip acquistati da aziende come TSMC, provenienti da Taiwan. Una vittoria non da poco.

Resta da capire, nel ginepraio di esenzioni, contro-dazi, dazi parziali, aziende premiate e aziende punite, Tariffe che nascono spesso per colpire paesi che hanno orizzonti geopolitici diversi da quelli americani, cosa succederà ai prodotti finiti che arrivano da Cina e India.

Cook, in particolare, dovrebbe osservare con attenzione l’umore di Trump nei confronti di quest’ultima nazione. Ieri il presidente ha annunciato dazi del 50% sulle importazioni dal grande paese asiatico, in risposta al rifiuto dell’India di interrompere l’acquisto di petrolio dalla Russia. E dall’India arrivano ormai gran parte degli iPhone venduti negli Stati Uniti.

Ci saranno anche in questo caso esenzioni, premi per la buona volontà dimostrata da Apple? Trump pretenderà ulteriori garanzie da Tim Cook?

In attesa della prossima puntata di questa avvincente vicenda, i mercati sembrano credere che il CEO di Cupertino, che ha anche portato a Trump un dono (un disco in vetro Corning con intagliata una Mela Apple montato su supporto in oro 24 carati) abbia trovato, pur accettando una buona dose di umiliazione e mettendoci un tocco di servilismo, la strada giusta. E che saprà trovarla anche in futuro.

Dopo la conferenza stampa congiunta tra Cook e Trump, le azioni Apple sono salite del 5%, chiudendo a 213,25 dollari.

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