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Grazie Apple: il resto di noi ti aspettava

Questa volta Apple convince molto. Non perché i prodotti delle precedenti tornate (iPhone XS e XR, MacBook Pro) non fossero buoni. Invece perché questa volta Apple torna ai fondamentali, crea apparecchi “per il resto di noi” (i MacBook Air e Mac mini) oppure apparecchi che hanno molto senso (iPad Pro) con una foglia di verde che, diciamocelo, nessun’altra azienda sul pianeta si permette o cerca di realizzare.

Prodotti con materiali riciclati, sistemi fatti per durare, meccanismi di attenzione sempre più vicina agli interessi dell’ecosistema oltre che a quelli degli utenti. Come fare a non credere ad una Apple che guarda da un lato alla privacy e dall’altro all’ambiente con tanta, determinata passione? Parliamoci chiaro: Apple non si sta più accontentando di fare e vendere prodotti di elettronica di consumo, ma sta facendo qualcosa di altro e di più. Cosa?

Apple, uno sguardo coraggioso sul futuro di Cupertino

Durante l’evento che si è tenuto a Brooklyn l’azienda ha presentato fondamentalmente tre cose: Mac nuovi, iPad nuovi e nuove attività negli Apple store. Ma ha anche mostrato un volto molto chiaro e forte, che parla a tutti quanti. Che dice come Apple sia impegnata su fronti più ampi: l’esperienza degli utenti, la privacy come vero prodotto, l’ambiente come requisito irrinunciabile. Questo è quel che Apple vende ai suoi utenti. Insieme a una leggendaria attenzione ai dettagli che adesso sembra essere tornata più che mai.

L’azienda, che da quasi un anno ha recuperato Jony Ive a tempo pieno (prima era impegnato a fare l’Apple Park con gli architetti di Foster e partner) sia sul design dei prodotti che dei sistemi operativi e software, è tornata anche ad ingranare un modo differente di produrre la tecnologia. Un modo che ha più organicità, rifinisce, migliora accumulando piccole innovazioni su piccole innovazioni. E valorizzando l’integrazione verticale e orizzontale delle tecnologie.

Apple, uno sguardo coraggioso sul futuro di Cupertino

Un esempio? Il piccolo ingrediente segreto che Macitynet ha riportato correttamente dalle parole scritte dal nostro inviato a New York, Lamberto Mandelli, cioè il chip T2. Come altro definire infatti quel pezzetto di silicio sviluppato internamente da Apple che fa da enclave di sicurezza per autenticazioni e pagamenti, ma anche da acceleratore per crittografia, gestione dischi, audio, video e tutto il resto? Un piccolo chip che dà organicità e velocità di sviluppo, una componente che ha aperto una stagione di velocità per quanto riguarda lo storage e di sicurezza per quanto riguarda l’utilizzo degli apparecchi.

Adesso Apple ha creato una generazione di prodotti che fa tesoro di tutto questo e che poi gioca alla grande anche con altri aspetti, come ad esempio la possibilità di utilizzare chip finalmente competitivi. I nuovi A12x Bionic di seconda generazione (“x”) con la parte di Neural Engine, lavorazione a 7 nanometri e tutto il resto non sono solo vuote formule di marketing, ma veri e propri prodigi di una corsa tecnologica sempre più vertiginosa nella quale Apple sta dominando da un decennio, seguendo una traiettoria che ha sconfitto americani, coreani, taiwanesi e adesso anche cinesi. Imitata e copiata, spesso offesa e vilipesa, suscettibile di grandi cali di qualità – perché Apple perde di qualità, prima di ogni ciclo di rinnovamento – ma anche di riprese e di attivazioni e funzionamenti spettacolari.

Apple, uno sguardo coraggioso sul futuro di Cupertino

Azzecca due prodotti, mette a posto un po’ di cose e riparte alla grande. Con delle novità. Perché, al netto della solita polemica sui prezzi dei prodotti Apple, le cose stanno di nuovo cambiando. E sui prezzi Apple, che sono oggettivamente alti, una cosa per l’Italia forse si può dire. E cioè che da noi c’è una crisi profonda, endemica, che sta erodendo il nostro potere di acquisto perché gli stipendi non crescono e il lavoro stagna.

Il concetto è che in Germania, in Francia, in Gran Bretagna e nel resto della parte più benestante dell’Europa, i prezzi sono molto più allineati, come del resto anche negli Usa. È da noi che scoppia la rivolta popolare quando il caffè costa più di un euro. Anche perché gli stipendi non crescono mentre altrove il caffè costa due, tre euro o più. Il problema, insomma, è anche nostro, non solo della presunta esosità di Apple.

Concludendo, il cambio di passo con Apple è ottimo perché riporta prodotti che volevamo da tempo e permette di aprire un fronte nuovo (iPad Pro ancora più interessanti come unico computer) e uno “vecchio” (il ritorno del mito, l’affidabile e fedele MacBook Air). Cosa ci aspetta domani? Vedremo, ma la fiducia adesso è di nuovo elevata.

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