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Il governo USA contro Apple: giocano contro le istituzioni

Apple svia l’opinione pubblica con discorsi privi di merito. È questa l’opinione del governo americano che risponde alla mozione presentata da Apple per opporsi alla richiesta dei giudici di fornire un firmware modificato per l’iPhone trovato dall’FBI nel corso delle indagini sulla strage di San Bernardino (California).

Il documento, firmato da Eileen M. Decker, Procuratore degli Stati Uniti per il Distretto Centrale della California, da Tracy L. Wilkison, a capo della sezione che si occupa di cybercriminalità e crimini contro la proprietà intellettuale, e da Patricia A. Donahue, a capo della divisione Sicurezza Nazionale, è molto esplicito. «Apple e chi li supporta – si legge – provano ad allarmare questa Corte con questioni che riguardano la sicurezza della rete, la cifratura, le backdoor e la privacy invocando un più ampio dibattito davanti al Congresso e sui media. Ma questo è un diversivo, Apple vuole disperatamente che questo caso non riguardi “un singolo isolato iPhone”.

Secondo il governo, il telefono dell’attentatore potrebbe contenere informazioni perseguibili che potrebbero permettere di fare luce sull’attacco terroristico dello scorso anno. La guerra di Apple contro la richiesta di sbloccare lo smartphone, indicata presentando scenari da Grande Fratello, è “non solo falsa, ma anche corrosiva nei confronti delle istituzioni in grado di salvaguardare la nostra libertà e i nostri diritti”. Di fatto è un’accusa di giocare per i propri interessi contro le istituzioni, provando a smantellarne l’autorità.

Uno dei punti della discordia è, come noto, l’All Writs Act, vecchia norma che consente alla Corte di obbligare Apple a collaborare in assenza di altri strumenti giuridici che permettano di estrapolare le informazioni di cui ha bisogno. Apple ha spiegato che la creazione di un firmware ad hoc comporterebbe il lavoro di almeno sei ingegneri che si dedicano per settimane al lavoro richiesto. Il governo contesta quelli che Apple definisce “oneri eccessivi” affermando che la situazione nella quale si trova deriva da sue negligenze. “L’onere richiesto, non è irragionevole, ed è il risultato diretto di scelte di marketing”, “sono consapevoli di progettare i loro prodotti in modo che il governo non possa perquisirli, anche con un mandato”.

Per quanto riguarda la password dell’account iCloud, secondo l’FBI ci sono prove che l’attentatore l’ha cambiata dopo l’ultimo backup, disabilitando la funzionalità di backup automatico e che quindi sarebbe stato inutile il metodo proposto inizialmente dalla Mela e testato in altri casi: portare il telefono in un’area coperta da una WiFi nota al dispositivo, nella speranza che l’iPhone potesse effettuare un backup automatico su iCloud, salvare sui server Apple i dati relativi alle comunicazioni delle ultime settimane, e permettere agli ingegneri di recuperarli, decrittarli e fornirli agli inquirenti.

Nella lettera si risponde anche alle affermazioni di Apple secondo la quale l’ordine del giudice viola il primo e quinto emendamento della Costituzione americana, rispettivamente sulla libertà di pensiero e parola e sul giusto processo. Quanto affermato da Apple sarebbe “particolarmente debole giacché non riguarda una persona obbligata a parlare pubblicamente ma un’azienda a scopo di lucro alla quale è richiesto di modificare un software commerciale le cui modifiche sono visibili solo ad Apple”.

Nella lettera si evidenzia ancora che quanto richiesto non è la creazione di una password master per tutti i dispositivi iOS ma la creazione di un codice applicabile a quel singolo iPhone. Anche se hacker o azioni maldestre degli agenti del governo consentirebbero a terzi di ottenere il codice, questo permetterebbe di sbloccare il solo telefono in questione e non altri. Quello che afferma il governo USA non è ovviamente tecnicamente così semplice, non è possibile creare un software in grado di “bucare” un singolo iPhone ma è ovvio che uno strumento del genere ponga le basi per permettere di scavalcare anche altri dispositivi.

La risposta di Bruce Sewell, l’avvocato più importante di Apple che si sta occupando della questione iPhone di San Bernardino, non si è fatta attendere. Nella replica definisce il documento del governo “un capo di accusa”, aggiungendo che “in 30 anni di attività non ho mai visto un fascicolo così infarcito d’insinuazioni e allusioni nei confronti della controparte, destinato a distogliere l’attenzione nel merito. Si tratta di argomentazioni gravemente offensive per chiunque le legga – dice Sewell – non comprovate e prive di fondamento che non affrontano le tematiche del caso”.

Apple per via di Sewell ribadisce di avere integrato funzionalità di sicurezza per proteggere i clienti da hacker e criminali; “l’FBI dovrebbe offrire il suo supporto giacché queste funzioni consentono di garantire la sicurezza di tutti. Suggerire il contrario, è umiliante, svilisce il dibattito e cerca di mascherare reali e serie problematiche. Posso solo dedurre che il Dipartimento di Giustizia sia disperato al punto da gettare al vento il decoro”.

Sewell ha terminato il suo intervento con un appello ai legali del Dipartimento chiedendo agli avvocati della controparte di astenersi nell’acuire ulteriormente la tensione. “Sappiamo che ci sono grandi persone nel Dipartimento di Giustizia e nell’FBI. Lavoriamo sempre fianco a fianco con loro. Siamo onesti su ciò possiamo e non possiamo fare. Trattiamoci almeno con rispetto l’uno con l’altro e in modo responsabile”.

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