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Arresti per il P2P, la grande bufala

Certo, il sensazionalismo sicuramente aiuta a vendere qualche copia, e in mancanza di qualche guerra che venga ad far salire l’audience anche un bel minestrone su pirati informatici e guardia di finanza può andare bene.

In sostanza: l’articolo di Repubblica.it che ha mandato nel panico milioni di utenti P2P italiani era una bufala. Clamorosa: lo ha scoperto Paolo Attivissimo, ben noto in rete per le sue traduzioni e articoli sul mondo Open Source.

Ricordiamo la vicenda: Repubblica.it informava che la Guardia di Finanza ha messo sotto indagine 3000 utenti internet che, anche con connessioni con IP dinamici, scambiavano files sotto copyright usando i vari Kaaza, BitTorrent eccetera.

In realtà  le cose non stavano esattamente così, come conferma un comunicato stampa della Guardia di Finanza

Un redattore poco addentro alla materia e probabilmente in cerca di scoop, ha fatto diventare una retata globale dovuta alla nuova legge in materia quella che in realtà  era una operazione iniziata da lungo tempo e mirata contro alcuni personaggi che vendevano al pubblico interi cd riempiti di materiale scaricato. Per dirla con le parole di Attivissimo ” si è trattato solo di un’operazione mirata a stroncare un caso in cui un gruppo specifico di utenti, facenti capo a uno o più siti italiani, produceva e vendeva CD contenenti ogni sorta di materiale piratato: musica, film e software, per un valore stimato in cento milioni di euro l’anno. La Finanza, sia ben chiaro, non sta andando a caccia del ragazzino che si scarica l’ultimo indecifrabile rap di Eminem”

Attivissimo, per scoprire le imprecisioni, ha fatto quello che a posteriori sembra ovvio: notando alcuni strafalcioni tecnici ha telefonato alla Guardia di Finanza per chiarimenti. Un operazione che non pare davvero troppo complessa.

[A cura di Marco Centofanti]

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