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D-ID trasforma ChatGPT in un avatar che ascolta e colloquia

Nell’attesa di un’app ufficiale per ChatGPT (cosa aspetti a realizzarla, OpenAI?) possiamo già dare una voce e un volto all’intelligenza artificiale generativa che tanto piace a Microsoft grazie all’interfaccia realizzata da D-ID, la startup israeliana che un paio d’anni fa ci aveva già fatto sognare (o se preferite turbare) con l’AI per il caro estinto.

Si tratta di un’app web chiamata chat.D-ID che combina le tecnologie di streaming text-to-video dell’azienda con l’AI di ChatGPT per rendere la comunicazione ancora più naturale. Il risultato è una via di mezzo tra una chat e una videochiamata: l’utente digita le stesse domande che scriverebbe sul ChatGPT ufficiale e la risposta, anziché arrivare solo testualmente, viene anche letta dall’assistente vocale, in questa versione rappresentato da Alice, una ragazza dalla carnagione chiara, capelli rossi, occhi azzurri e guance spruzzate di lentiggini.

D-ID dà voce e faccia a ChatGPT

Le potenzialità

A parte l’aspetto prettamente ludico della cosa, come fa notare l’amministratore delegato dell’azienda, Gil Perry, questa variante amplia la platea raggiungibile dall’AI di ChatGPT perché adesso possono interpellarla anche le persone che non sanno (o non possono) leggere e scrivere: in alternativa al box per la digitazione del testo è infatti possibile cliccare sul pulsante contrassegnato dal microfono e dettare le proprie richieste, simulando un colloquio di lavoro o ospitando persino una serata quiz in famiglia.

Siamo progettati per comunicare con i volti: ci sentiamo più a nostro agio e assimiliamo meglio le informazioni complesse quando ci troviamo in uno scenario reale. Il video è più efficace del testo, quindi l’app – aggiungendo un volto – aumenta la potenza dei modelli linguistici.

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Cosa aspettarsi dalle prossime versioni

L’app è ancora in fase beta, quindi non è perfetta. In futuro – dicono – si potrà scegliere l’avatar persino caricando un’immagine personale, sicché gli utenti saranno in grado di generare personaggi come il Silente di Harry Potter per poterci poi parlare. D’altronde avere la faccia giusta quando si conversa con l’AI è importante: ad esempio se uno studente delle scuole elementari vuole saperne di più sulla fisica quantistica – spiega Perry – può cambiare il volto dell’app con quello di Albert Einstein.

L’uso dell’app (la trovate qui) per il momento è gratuito ma se dovesse piacere, non potendo gestire grandi carichi di richieste, è probabile che l’azienda decida di farlo pagare per poter sostenere i costi di server più potenti, con la speranza che possa essere introdotto anche il supporto ad altre lingue (per ora ci si parla solo in inglese).

Per qualcuno questa app potrebbe essere un po’ inquietante e perfino D-ID ne è consapevole; tuttavia secondo Perry un giorno gli esseri umani useranno l’AI nel quotidiano, e dargli un volto renderà la comunicazione con la tecnologia molto più naturale.

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