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I migliori libri da cui sono stati tratti film un po’ meno riusciti

Hollywood si nutre degli scaffali delle librerie. A differenza delle storie “originali”, che richiedono un talento unico di scrittura visiva, ci sono in realtà tantissimi film che vengono ripresi da libri più o meno conosciuto. Se la Disney è famosa per aver trasformato secoli di fiabe e racconti popolari in cartoni animati meravigliosi, ci sono molti altri casi di libri da cui sono stati tratti film non altrettanto belli.

Siamo andati a cercare alcuni di questi libri originali per vedere com’erano e abbiamo scoperto che ci sono devi veri capolavori che nessuno ha mai letto, nonostante ne conosca il nome e la storia. Solo perché c’era già il film. Beh, vale la pena recuperare il libro, invece, perché è davvero notevole.

Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.

I migliori libri


Il colibrì

Non ce ne vogliate, ma il libro di Sandro Veronesi è meglio del film di Francesca Archibugi con Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak. Molto meglio. Marco Carrera, il protagonista del romanzo di Sandro Veronesi, è il colibrì. La sua è una vita di continue sospensioni ma anche di coincidenze fatali, di perdite atroci e amori assoluti. Non precipita mai fino in fondo: il suo è un movimento incessante per rimanere fermo, saldo, e quando questo non è possibile, per trovare il punto d’arresto della caduta – perché sopravvivere non significhi vivere di meno. Intorno a lui, Veronesi costruisce altri personaggi indimenticabili, che abitano un’architettura romanzesca perfetta. Un mondo intero, in un tempo liquido che si estende dai primi anni settanta fino a un cupo futuro prossimo, quando all’improvviso splenderà il frutto della resilienza di Marco Carrera: è una bambina, si chiama Miraijin, e sarà l’uomo nuovo. Un romanzo potentissimo, che incanta e commuove, sulla forza struggente della vita.

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Espiazione

Ian McEwan è un monumento nazionale. Ma i suoi libro sono molto difficili, come ha scoperto chi ha pensato di trarne un film interpretato fra gli altri da Keira Knightley, Vanessa Redgrave e Benedict Cumberbatch. La storia. A tredici anni un amore che sboccia può sembrare un plagio. Una ragazzina che assiste a una violenza può convincersi di aver riconosciuto il responsabile e far condannare un innocente, rovinandolo e rovinandosi. Perché tutta la vita sarà segnata dalle conseguenze. La ragazzina crescerà, diventerà una scrittrice, ma non si libererà del peso dell’ingiustizia inferta a un innocente, alla propria sorella innamorata e in fin dei conti anche a se stessa.

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Pinocchio, avventure di un burattino di legno: Versione originale con splendide illustrazioni d’epoca

Certo, Pinocchio lo conosciamo tutti, vero? Ma quanti hanno letto il libro di Collodi nella versione originale e non in quella ridotta che viene fatta leggere alle elementari? Praticamente nessuno. Così, i film e i cartoni animati sul personaggio creato dal giornalista Carlo Lorenzini, pietra angolare della letteratura italiana, diventa qualcosa d’altro, a volte fatto da Walt Disney, a volte da Roberto Benigni. L’originale è tutto a un altro livello, però, dateci retta. Tutto ha inizio quando, nella propria bottega, il falegname mastro Ciliegia si rende conto che il ciocco di legno che si sta accingendo a lavorare per ricavarne la gamba di un tavolino è animato e in grado di parlare. Spaventato da questa situazione, mastro Ciliegia decide di rifilare il legno incantato al suo amico Geppetto, desideroso di costruirsi un burattino per riuscire a guadagnare qualcosa. È grande la sorpresa di Geppetto quando viene a conoscenza del fatto che il proprio burattino può muoversi e parlare; eppure Pinocchio evidenzia subito la propria inclinazione a compiere delle marachelle e a disubbidire al papà, che pur lo tratta come ciò che di più prezioso ha. La storia, con i suoi personaggi carismatici (il gatto e la volpe, Lucignolo, Mangiafuoco, la fata turchina, il grillo parlante e tanti altri), insegna la più grande delle lezioni: che per la salvezza, occorre la verità, la conoscenza e il rispetto, ma che è anche necessario attraversare e coltivare la disobbedienza poiché essa ci aiuta a diventare esseri umani, autentici.

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La chiave

Un romanzo straordinario rovinato da un film pseudo sexy e molto mediocre con Stefania Sandrelli. Invece, Jun’ichirō Tanizaki ha scritto molto meglio di quel che si potrebbe immaginare. La chiave di un cassetto, lasciata cadere apparentemente per caso da un marito ansioso di esplorare nuovi orizzonti sessuali insieme alla moglie, dalla quale è irresistibilmente attratto, conduce la donna su una strada di lussuria e perdizione da cui non riuscirà più ad allontanarsi. La donna scopre infatti, leggendo il diario del marito, i suoi segreti, la sua inarrestabile passione, la necessità di fomentare i suoi istinti sessuali con un gioco ingegnoso ma rischiosissimo, alimentato dalla gelosia. Si fa invischiare in questa rete, in una crescente tensione fatta di amore-odio che coinvolge a poco a poco anche altre persone, come l’amante e la figlia e condurrà infine il protagonista all’autodistruzione. Il significato di questo piccolo gioiello però non sta tanto nella descrizione del folle crescendo erotico che irretisce i personaggi del romanzo quanto, come dice Geno Pampaloni nella prefazione “nel fitto di un labirinto stupefacente che sembra costruito nel corso di accumulazioni secolari entro la psicologia umana, ad avviluppare passioni, errori, proibite delizie, infingimenti.”

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I sette killer dello Shinkansen. Bullet train

Un thriller fantastico, ben scritto e con personaggi difficili da dimenticare, trasformato in un mediocre film di azione con Brad Pitt. Restiamo in Giappone, tra le pagine pennellate da Kotaro Isaka. Un treno partito da Tokyo e lanciato a trecento all’ora nella campagna giapponese. Una valigia piena di soldi nascosta in una delle carrozze. E sette assassini pronti a entrare in azione. Oji ha la faccia innocente di uno studente per bene, in realtà è un pericoloso psicopatico. È lui ad aver mandato in ospedale il figlio di Kimura, che ora si trova sullo Shinkansen – il treno proiettile – per vendicarsi. Ma Kimura e Oji non sono gli unici passeggeri pericolosi. Nanao, a suo dire l’assassino piú sfigato del mondo, e la letale coppia formata da Mikan e Lemon sono sullo stesso treno. Chi o che cosa li ha riuniti in una manciata di vagoni? E chi arriverà vivo all’ultima stazione?

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Il giro del mondo in 80 giorni

Ci credereste che ne hanno tratto anche un film con Jackie Chan, Owen Wilson e Arnold Schwarzenegger? Sgangherato a dir poco e tale da far rimpiangere l’adattamento del 1956 per la regia di Michael Anderson con uno splendido David Niven. Il problema però è che il romanzo di Jules Verne è semplicemente strepitoso e non averlo letto è un vero peccato, perché è come privarsi di un grande della letteratura francese classica. È forse il più noto tra i romanzi di Verne: il protagonista è un inglese vittoriano di nome Phileas Fogg che, per scommessa con i soci del suo club londinese, si imbarca nell’avventura di fare il giro del mondo in non più di ottanta giorni. Alla base della sua certezza vi è la convinzione tipica dell’Europa del suo tempo di aver domato il mondo, tanto da poter programmare ogni tappa solo sulla base degli orari ferroviari e di navigazione ufficiali. Fogg non è un normale turista, non è interessato alle bellezze dei luoghi che attraversa, ma a raggiungere in modo efficiente il suo obiettivo. Ad affiancarlo nell’impresa il domestico Jean, detto Passepartout, che lo aiuterà a risolvere gli imprevisti che incontrerà nel suo tour. In una ridda di imprese, a volte tragiche a volte comiche, Fogg alla fine riuscirà a vincere la scommessa, nonostante gli ostacoli che gli verranno opposti di continuo da un pertinace poliziotto inglese che lo insegue per tutto il mondo, convinto che sia l’autore di un grosso furto in banca.

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Addio alle armi

Il nome di Hernest Hemingway ritorna in queste liste di migliori libri di Macity di frequente per un semplice motivo: è uno dei più grandi scrittori al mondo, c’è poco altro da aggiungere. Se non che i film tratti dai suoi libri lasciano abbastanza a desiderare. Come quello tremendo girato negli anni Sessanta con Charles Vidor come regista e un cast da cinepanettone americano dell’epoca: tutte stelle per fare botteghino. Da Jennifer Jones a Rock Hudson sino a Vittorio De Sica e Alberto Sordi. Risultato? Infinitamente meglio il libro. Composto febbrilmente tra il 1928 e il 1929, il romanzo affronta quella storia di amore e guerra che Hemingway aveva sempre meditato di scrivere ispirandosi alle sue esperienze del 1918 sul fronte italiano, e in particolare alla ferita riportata a Fossalta e alla passione per l’infermiera Agnes von Kurowsky. I temi della guerra, dell’amore e della morte, che per diversi aspetti sono alla base di tutta l’opera di Hemingway, trovano in questo romanzo uno spazio e un’articolazione particolari. È la vicenda stessa a stimolare emozioni e sentimenti collegati agli incanti, ma anche alle estreme precarietà dell’esistenza, alla rivolta contro la violenza e il sangue ingiustamente versato. La diserzione del giovane ufficiale americano durante la ritirata di Caporetto si rivela, col ricongiungimento tra il protagonista e la donna della quale è innamorato, una decisa condanna di quanto di inumano appartiene alla guerra. Ma anche l’amore, in questa vicenda segnata da una tragica sconfitta della felicità, rimane un’aspirazione che l’uomo insegue disperatamente, prigioniero di forze misteriose contro le quali sembra inutile lottare.

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The Tender Bar. Il bar delle grandi speranze

J. R. Moehringer è considerato uno dei più grandi biografi o ghostwriter sul mercato: da Andre Agassi al Principe William, tra gli altri. In realtà, è tutto cominciato quando l’allora giornalista è stato ghostwriter di se stesso per superare il trauma della sua infanzia raccontando la storia di come è cresciuto. Il film che ne è stato tratto è una vera schifezza. J.R. cresce catturato da una voce. La voce di suo padre, un discjockey di New York che ha preso il volo prima che lui pronunciasse la sua prima parola. Con l’orecchio schiacciato contro la radio, vorrebbe spremere da quel timbro caldo i segreti dell’identità e dell’universo maschili. Sua madre è il suo mondo, è la sua roccia, ma lui cerca anche qualcosa di più, qualcosa che riesce ad avvertire solo in quella voce. A otto anni, quando anche la voce alla radio scompare, J.R. scappa disperato fino al bar all’angolo, e lì scopre un nuovo mondo, e un coro turbolento di nuove voci. Quelli che si rifugiano al «Dickens» per raccontare le proprie storie o scordare i propri guai sono poliziotti e poeti, allibratori e soldati, star del cinema e pugili suonati. E poiché si diventa grandi per imitazione, a ciascuno di questi uomini J.R. ruberà qualcosa, diventando un piccolo «ladro di identità». Appassionato e malinconicamente divertente, il racconto della lotta di un ragazzo per diventare uomo, di un turbolento amore tra una madre e il suo unico figlio, ma anche un ritratto di come gli uomini rimangano, nel fondo del loro cuore, dei ragazzi perduti.

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La cena delle spie

Avete presente un brutto film, di quelli dove la tensione è faticosa solo perché non ne potete più della tortura di vedere una recitazione priva di senso in un film mal diretto? Ecco, è questo. E pensare che il libro di Olen Steinhauer è fantastico. «Diciamo bugie, Henry. È questo che facciamo.» Celia Harrison sa, o crede di sapere, cosa l’aspetta la sera in cui, nell’idillica Carmel-by-the-Sea, di fronte alle onde del Pacifico, arriva con un volo dall’Europa l’agente Henry Pelham che, con la sua stanchezza, le spalle curve, e quell’incontrollabile voglia di un Martini, sembra giunto per riportarla indietro nel tempo, a un passato che Celia ha deciso di gettarsi alle spalle. Un passato in cui anche lei, come Henry, era un’agente della CIA. E in cui un terribile atto terroristico all’aeroporto di Vienna, che la CIA non seppe né arginare né sventare, mise fine alle loro carriere. Al loro amore turbolento. Alla fiducia che nutrivano l’uno per l’altra. Un solo appuntamento a cena: il primo dopo molti anni, e quasi sicuramente l’ultimo. Anche Henry sa, o crede di sapere, cosa lo aspetta. Per lui questa è la cena della resa dei conti. La cena in cui, con ogni mezzo, lecito e illecito, estorcerà a Celia una confessione su cosa successe davvero a Vienna, e in cui saprà anche perché, subito dopo, Celia lo lasciò per sempre, sgretolandogli il cuore. Ma Celia ha tutt’altri programmi per la serata, e per Henry. Perché nulla è come sembra durante questa lunga, burrascosa, sorprendente cena di ex amanti, ex colleghi, ex spie. Nulla se non una cosa: ogni parola detta è una bugia.

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L’amore ai tempi del colera

Se non avete mai sentito parlare del film tratto da questo capolavoro della letteratura ispanica firmato da Gabriel Garcia Marquez, è perché è stato un flop enorme. Il regista ha fatto un Harry Potter e poi questo, per dire. E la protagonista italiana, Giovanna Mezzogiorno, si vede che non stava bene o pensava ad altro, perché non era proprio all’altezza. Invece, il libro è una tale libidine da riempire i sensi. Indimenticabile. Per cinquantun anni, nove mesi e quattro giorni Fiorentino Ariza ha perseverato nel suo amore per Fermina Daza, la più bella ragazza dei Caraibi, senza mai vacillare davanti a nulla, resistendo alle minacce del padre di lei e senza perdere le speranze neppure di fronte al matrimonio d’amore di Fermina con il dottor Urbino. Un eterno incrollabile sentimento che Fiorentino continua a nutrire contro ogni possibilità fino all’inattesa, quasi incredibile, felice conclusione. Una storia d’amore e di speranza con la quale, per una volta, Gabriel García Márquez abbandona la sua abituale inquietudine e il suo continuo impegno di denuncia sociale per raccontare un’epopea di passione e di ottimismo. Un romanzo atipico da cui emergono il gusto intenso per una narrazione corposa e fiabesca, le colorate descrizioni dell’assolato Caribe e della sua gente. Un affresco nel quale, non senza ironia, si dipana mezzo secolo di storia, di vita, di mode e abitudini, aggiungendo una nuova folla di protagonisti a una tra le più straordinarie gallerie di personaggi della letteratura contemporanea.

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Star Wars. Le più belle storie. Tutta la saga a fumetti

Cosa sarebbe una lista dei migliori libri di Macity senza un fuorisacco speciale? Eccoci, siamo arrivati al posto più atteso. E questa volta ce la giochiamo al contrario: non i libri da cui sono stati tratti i film ma il contrario, i libri tratti dai film, quello che in gergo si chiama “novelization” di un soggetto originale. E parliamo di Guerre Stellari, cioè Star Wars. Che nel tempo ha visto autori di fantascienza straordinari al lavoro su queste storie. Visto che non sono disponibili più da tempo i libri tratti dai film di Star Wars, abbiamo però trovato i fumetti, fatti veramente molto molto bene. Una raccolta speciale delle grafic novel di Star Wars con i nove capitoli della saga originale, ideata da George Lucas. È un fedele adattamento dei suoi film: la maggior parte delle vignette ripropone le scene delle pellicole, viste nella stessa angolazione; la prima pagina di ogni storia è rappresentata dai titoli di testa dei film; i dialoghi sono fedeli a quelli originali. Un’avventura davvero spaziale con la saga completa dei 9 capitoli: I – La minaccia fantasma, II – L’attacco dei cloni, III – La vendetta dei Sith, IV – Una nuova speranza, V – L’impero colpisce ancora, VI – Il ritorno dello Jedi, VII – Il risveglio della forza, VIII – Gli ultimi Jedi, IX – L’ascesa di Skywalker.

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