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Addio Internet Explorer, lo storico browser va in pensione

Quando Apple sembrava stesse per sprofondare nell’abisso, e Steve Jobs aveva appena ripreso le redini del comando, il 6 di agosto del 1997 durante la presentazione del Macworld 1997, il primo con Jobs come CEO ad interim dell’azienda, avvenne qualcosa che nessuno credeva sarebbe stato possibile.

Sul grande schermo comparve Bill Gates per dire quanto grande e importante fosse Apple per lui e che avrebbe investito 150 milioni di dollari nell’azienda, dando in sostanza la liquidità necessaria ad Apple per andare avanti e lanciare nuovi prodotti nei mesi successivi (che in effetti le salvarono la vita). E soprattutto annunciò che Microsoft Office sarebbe stato aggiornato e Internet Explorer sarebbe arrivato su Mac OS.

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L’importanza del browser

Nel 1997, in piena bolla da New Economy, tutta basata sul web, avere Internet Explorer dalla propria parte era fondamentale. Nonostante ci fossero un sacco di altri browser (Mosaic, Netscape, poi diventato Firefox, ma anche Opera, Cyberdog di Apple e vari altri) era quello di Microsoft a dettare legge.

Era lo standard di fatto in un settore in cui gli standard fatti dal consorzio per il web erano piuttosto laschi e lasciavano spazio ad ampie incompatibilità. Non per quando si navigava sui siti privati, ma su quelli aziendali e soprattutto quelli delle pubbliche amministrazioni. I primi servizi web venivano erogati con metodologie tali che se non si usava Explorer, non funzionavano.

Per questo una piattaforma che non avesse a disposizione il browser di Microsoft era destinata a un rapido fallimento, così come avrebbe costituito un handicap insuperabile non essere compatibili con la suite per la produttività aziendale e personale Microsoft Office.

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In quel giorno storico, nonostante i “buuu” urlati dalla parte più intransigente della platea del Macworld, Jobs fece la cosa giusta. E la fece anche Bill Gates, perché tenendo in vita il suo amico-nemico toglieva argomenti all’antitrust quando sosteneva che l’azienda di Redmond, cioè Microsoft, esercitasse in maniera scorretta un potere da monopolista di fatto sul mercato.

Microsoft venne anche condannata per aver inserito Internet Explorer, il suo browser “di serie”, dentro il sistema operativo rendendolo lo strumento per navigare sia le cartelle e i documenti che le pagine web (generando anche non pochi problemi agli standard per lo sviluppo del web, tra l’altro) ma non è questa la storia che raccontiamo oggi.

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Chi era Internet Explorer

Oggi, 15 giugno 2022, va ufficialmente in pensione Internet Explorer. Microsoft ha annunciato infatti che il suo futuro sarà Edge e che Internet Explorer finisce la sua corsa. E che corsa.

Le 11 versioni attuali di IE (come è conosciuto Internet Explorer) sono state uno dei punti di riferimento per varie generazioni di navigatori e sviluppatori. Nato ad agosto del 1995, cioè quasi 27 anni fa, IE era all’inizio un add-on del pacchetto Plus! per Windows 95, il sistema operativo a finestre “compiuto” di Microsoft che però non aveva capacità di navigazione della rete. Microsoft, che voleva in realtà costruire una sua alternativa al web (ma non gli riuscì, così come non è riuscito ad AOL o ad Apple) ci mise una toppa con Plus! e con IE.

Per due decenni IE è stata un’arma da guerra per Microsoft, il modo per gestire, assieme a Office, la supremazia di mercato se non tecnologica della sua piattaforma. E certamente se c’è un browser che ha portato il popolo in rete quello è decisamente IE. Tuttavia, come dicevamo, IE è stato al centro di varie polemiche. E non solo per via dell’antitrust.

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Considerato instabile, a volte scarsamente affidabile, bersaglio facile di insicurezza informatiche di tutti i tipi (molti dei quali non per colpa sua: pensiamo ad esempio all’impatto tossico di Java e di Flash per quanto riguarda la creazione di exploit delle numerosissime vulnerabilità del sistema), IE è stato però utilizzato ovunque: dal PocketPC (il sistema operativo dei telefonini) alla prima Xbox, dai chioschi che un tempo giravano con MS-DOS (alcuni in realtà ancora oggi), ai più differenti tipi di apparecchi e gadget.

Il browser IE, con una parte come dicevamo decisamente non standard, non solo nei plugin ma anche nella gestione di HTML, CSS, e del DOM delle pagine web, ha fatto dannare generazioni intere di webmaster e di designer della rete.

La vera sconfitta però è arrivata con l’avvento non tanto di Safari di Apple o di Firefox della fondazione Mozilla, quanto con Chrome di Google. Quel browser è stato in grado di erodere la quota di mercato e “tirare giù” IE dal podio, di fatto sostituendolo anche se non con le percentuali bulgare che caratterizzavano gli anni Novanta.

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Obbligato dall’antitrust europeo ed americano ad essere rimovibile e dare la possibilità di scelta, Internet Explorer è stato vittima anche della sua popolarità con numerosi malware che hanno cercato nel tempo di impersonarlo: tool per toglierlo e tool per rimetterlo, sistemi per infiltrare i moduli della sua architettura, le DLL che garantivano il suo funzionamento, la gestione della memoria, la gestione delle stringhe di testo.

Ci sono storie e leggende su quello che è successo con IE, capace di far comparire la temuta “schermata blu” in qualsiasi momento (il modo con cui Windows manifesta il kernel panic) oppure far connettere in condizioni considerate “impossibili” a siti salvati in parte nella sua cache eterna.

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Tutto questo oggi, come lacrime nella pioggia, svanisce e non è più. Internet Explorer finisce la sua traiettoria e viene abbandonato per un sistema, cioè Edge, giudicato dalla stessa Microsoft “più compatibile, più semplice per la produttività, più sicuro”. Quindi, grazie tante e arrivederci, caro Internet Explorer. Anche mamma Microsoft ha deciso che non servi più.

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Il diavolo è nei dettagli

Tuttavia, come spesso succede in casa Microsoft, niente è per mai più. E neanche Internet Explorer a quanto pare, che continua, per questione di compatibilità ad esempio con i chioschi e i sistemi embedded che lo utilizzano a vario titolo, ad avere ancora qualche legittimazione. Scrive infatti Microsoft:

Questo ritiro non ha effetto sulle applicazioni in-market desktop Windows 10 LTSC o Server Internet Explorer 11. Inoltre, non influisce sul motore MSHTML (Trident).

In un angolo del magazzino di Indiana Jones, quello dove si archiviano le casse con tutti i tesori e i ritrovamenti segreti del governo americano, insomma, accanto cioè all’Arca dell’Alleanza e a uno Stargate, ci sarà anche un Internet Explorer capace però di brillare ancora nel buio, la notte, quando nessuno guarda, per far funzionare qualche sistema aziendale critico che “non può essere aggiornato”.

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