Questo sito contiene link di affiliazione per cui può essere compensato

Home » Macity - Apple » Per tornare all’essenziale Apple ha bisogno di uno Snow Sequoia

Per tornare all’essenziale Apple ha bisogno di uno Snow Sequoia

Il declino qualitativo del software Apple segue una traiettoria ormai incontestabile. Gli sviluppatori interni di Cupertino sembrano aver smarrito quell’eleganza funzionale che ha caratterizzato la loro ascesa. L’azienda californiana soffre della sindrome dell’innovazione forzata, condannandosi a un ciclo di rilasci annuali di dubbia necessità, accumulando nuove funzioni che devono stupire più che servire. Le conseguenze di questa strategia emergono con crescente evidenza nell’esperienza utente sempre più frammentata e incoerente.

E adesso, con la Apple Intelligence, AI per gli amici, il gioco è fatto: tutto viene coperto da due mani di vernice spessa per farci dimenticare che ci sono bug che ci accompagnano dai tempi dei processori Intel. E forse anche da prima: la strategia dei big del software (e Apple non fa eccezione) è certamente quella di non inserire bug nuovi ma anche di non “curare” quelli “stabili”, cioè che già ci sono e non fanno (nuovi) danni: dai problemi di sincronizzazione con iCloud a quelli dei server Imap di Mail, da l’indicizzazione di Spotlight che si impalla al non aggiornamento della visualizzazione dei file modificati nel Finder, dai problemi con gli schermi multipli ai blocchi e crash di Safari (che a volte consuma quantità enorme di Ram). E si potrebbe andare avanti ancora a lungo.

Le ultime novità

L’ultima versione del sistema operativo di Apple, cioè Sequoia, rappresenta l’apice di un processo di progressivo deterioramento dell’ecosistema dell’azienda. Applicazioni fondamentali come Messaggi non riescono più a garantire funzionalità elementari come la copia e l’incolla del testo selezionato. Spotlight, spesso fatica a individuare file presenti sul disco o applicazioni installate. Anche le nuove Impostazioni di Sistema, eredità di un’ispirazione all’interfaccia di iOS, disorientano persino gli utenti più esperti con la loro disposizione controintuitiva.

Ci sono thread su Reddit in cui gli utenti si chiedono se l’interfaccia attuale non sia stata progettata da sviluppatori che non utilizzano realmente i propri prodotti. I pulsanti informativi “(i)” nascosti dietro cui si celano impostazioni fondamentali rappresentano l’emblema di questa deriva. La ricerca del minimalismo estetico ha sacrificato l’usabilità pratica. Gli utenti professionali, storicamente fedeli all’ecosistema Apple proprio per la sua affidabilità, manifestano crescente frustrazione.

L’effetto Snow Leopard

C’è però una storia di una quindicina di anni fa che potrebbe fare al caso nostro. Nel 2009, l’anno dopo il lancio di un sistema operativo innovativo e complesso, nome in codice Leopard (al tempo si davano ancora nomi di grandi felini alle release di OS X), Apple compì una mossa controcorrente rilasciando Snow Leopard. L’aggiornamento fu commercializzato con lo slogan “zero nuove funzionalità” e si concentrò esclusivamente sull’ottimizzazione dell’esistente. La mole di codice si ridusse notevolmente, mentre le prestazioni migliorarono in modo significativo. Questa strategia preparò il terreno per anni di aggiornamenti solidi e affidabili che seguirono. Venne fatto cioè un gigantesco “refactoring” fortemente voluto da Steve Jobs.

Ci furono anche polemiche (alcuni giornali, all’epoca ancora importanti, criticarono Apple perché “priva di nuove idee”) ma in poche settimane i vantaggi furono così evidenti a tutti che oggi Snow Leopard viene celebrato come una delle migliori versioni del sistema operativo di Apple di sempre. Innovazione con il minimalismo.

Per tornare all’essenziale Apple ha bisogno di uno Snow Sequoia - macitynet.it
OS X 10.6 Snow Leopard fu una release particolare del sistema operativo per i Mac di Apple: nessuna nuova funzione rispetto alla precedente, ma notevoli migliorie e ottimizzazioni. Foto da Keynote Apple.

Cosa fare e come fare

Il problema oggi è simile. L’architettura attuale di macOS presenta evidenti segni di obsolescenza tecnica. Strati di codice accumulati negli anni creano incompatibilità e inefficienze sempre più difficili da gestire. C’è anche codice che è stato convertito, pari pari, dalla versione per Intel, con bug e tutto. Perché? Semplice: è l’eredità del periodp “edonistico” di Apple, quello sotto il regno di Jony Ive (che non a caso adesso fa altro) in cui l’hardware ad esempio doveva essere super sottile, non importa se non funziona bene. Idem per il design della UX, dell’esperienza utente. Non parliamo poi dei bug. La pressione per l’innovazione estetica ha distratto l’azienda dalla necessità di una manutenzione sistematica. Un intervento radicale sul nucleo del sistema operativo richiederebbe tempo e risorse, ma rappresenterebbe un investimento imprescindibile. E andava fatto prima di lanciare Apple Intelligence, per arrivare preparati e con la casa in ordine a una rivoluzione di fatto che si annuncia come enorme ma alla quale dubitiamo Apple sia veramente preparata dal punto di vista tecnico.

Le problematiche non si limitano al solo macOS, ma si estendono all’intero ecosistema Apple. Infatti, iOS presenta analoghe criticità nell’organizzazione dell’interfaccia e nell’affidabilità generale. La recente riprogettazione dell’app Foto ha sacrificato funzionalità essenziali sull’altare di un discutibile rinnovamento estetico. L’integrazione tra dispositivi, un tempo punto di forza indiscusso, mostra crescenti incongruenze. Ci sono molti modi per fare le cose che però spesso non funzionano. Sembra che le alternative anziché essere date per abilitare flussi di lavoro diversi, esistano come “alternative di emergenza” perché non si sa mai quale possa funzionerà, questa volta.

L’approccio “Snow” rappresenterebbe un cambio di paradigma necessario. Un’intera versione dedicata all’ottimizzazione consentirebbe di ripensare l’architettura del sistema operativo in ottica moderna. La correzione sistematica dei bug migliorerebbe l’esperienza quotidiana degli utenti. Una revisione dell’interfaccia potrebbe ripristinare quella coerenza che ha fatto la fortuna dell’azienda.

La sfida dell’intelligenza artificiale

L’attuale corsa all’intelligenza artificiale, come dicevamo, accentua ulteriormente queste problematiche. Apple si trova nella scomoda posizione di inseguitrice dopo aver dominato il mercato per anni nella qualità e affidabilità dei sistemi operativi. Le recenti difficoltà nel lancio di Apple Intelligence sono sintomatiche di una fragilità strutturale. L’integrazione di nuove funzionalità avanzate richiede fondamenta solide che attualmente sembrano mancare.

Le indiscrezioni suggeriscono che Siri sia attualmente divisa in due sistemi distinti e incompatibili. Il vecchio nucleo limitato coesiste con un sistema più recente sviluppato per le nuove funzionalità. Gli ingegneri non sono riusciti a integrarli efficacemente, creando una frammentazione che si riflette nell’esperienza utente. Questa situazione rappresenta l’emblema delle attuali difficoltà dell’azienda.

Cosa peggiora le cose? Semplice. L’ossessione per il rilascio annuale rappresenta il principale ostacolo al miglioramento qualitativo. Ogni giugno, durante la WWDC, Apple deve presentare novità eclatanti per mantenere alta l’attenzione mediatica. Questa cadenza forzata impedisce lo sviluppo organico e ben ponderato delle funzionalità. Un ciclo biennale consentirebbe maggiore cura e attenzione al dettaglio. E un “refactoring” del codice, oltre a una revisione delle funzionalità.

La decisione di progettare una “Snow Sequoia” richiederebbe coraggio dirigenziale. Rinunciare temporaneamente all’introduzione di nuove funzionalità significherebbe sfidare le aspettative consolidate di analisti e investitori. Il potenziale beneficio a lungo termine, tuttavia, giustificherebbe ampiamente questa scelta audace. La fedeltà degli utenti si nutre di affidabilità più che di innovazioni effimere.

La via del rinnovamento

Le risorse a disposizione di Apple consentirebbero un approccio parallelo alla questione. Un team dedicato potrebbe concentrarsi sul risanamento dell’architettura esistente. Contemporaneamente, altri gruppi potrebbero proseguire lo sviluppo delle nuove tecnologie di intelligenza artificiale. Questa strategia consentirebbe di non perdere terreno nella corsa all’innovazione.

La filosofia che Steve Jobs riassumeva nella celebre frase “l’innovazione è dire no a mille cose” sembra smarrita. L’attuale dirigenza privilegia l’accumulazione di funzionalità rispetto alla coerenza dell’esperienza complessiva. Un ritorno a quel principio di essenzialità rappresenterebbe una vera innovazione nell’attuale panorama tecnologico. La semplicità emerge dalla complessità solo attraverso un lavoro meticoloso di affinamento.

Le ultime versioni di macOS evidenziano una crescente disarmonia tra la straordinaria qualità dell’hardware Apple Silicon e il software che lo accompagna. La potenza e l’efficienza dei nuovi processori meriterebbero sistemi operativi all’altezza. Molto, molto più efficienti. Il divario attuale rappresenta un’occasione mancata di offrire un’esperienza davvero integrata e ottimizzata. Gli utenti percepiscono questa incongruenza con crescente chiarezza.

Una “Snow Sequoia” non rappresenterebbe una semplice operazione di manutenzione, ma una reinvenzione fondamentale. L’opportunità di ripensare l’architettura del sistema garantirebbe maggiore longevità e adattabilità futura. Le nuove fondamenta consentirebbero l’integrazione organica delle tecnologie emergenti. L’investimento iniziale genererebbe benefici esponenziali nel lungo periodo. Perché non lo fanno?

Offerte Apple e Tecnologia

Le offerte dell'ultimo minuto le trovi nel nostro canale Telegram

Le migliori offerte BLACK FRIDAY con macitynet.it

Pubblicità
Pubblicità

Ultimi articoli