Scegliere un nuovo smartphone adatto alle proprie esigenze non è sempre facilissimo, soprattutto se si vuole essere sicuri di spendere la giusta cifra. Alcuni sono affezionati utilizzatori di un marchio specifico, quindi la scelta è semplice. E se si ha budget a sufficienza, con l’ultimo iPhone, Galaxy S o Pixel non si sbaglia mai.
Ma cosa vogliono dire tutte le sigle che leggiamo spesso nelle schede tecniche e nelle recensioni? Quanto è importante avere un processore veloce, un quantitativo di memoria superiore, una fotocamera con molti megapixel, e così via con tutte le caratteristiche?
Vedremo che spesso i numeri non ci danno una risposta assoluta, ma che è tutto un insieme di caratteristiche a contare, e che a volte numeri più grandi non corrispondono add una qualità ed un’esperienza d’uso superiori.
Vediamo quindi i vari aspetti che caratterizzano uno smartphone e cerchiamo di capire cosa dobbiamo chiedere per assicurarci di acquistare il modello più adatto alle nostre necessità.
Design e Costruzione
La prima cosa che notiamo quando vediamo un nuovo smartphone è il design, che indubbiamente è un aspetto soggettivo che ad alcuni può piacere e ad altri no. Sicuramente possiamo considerare il look originale e diverso dagli altri che alcuni modelli hanno, come anche la tipologia di materiali utilizzati.
A partire dalla struttura, che può essere in plastica o in metallo (in quest’ultimo caso lungo i bordi laterali ci sono degli inserti in plastica per consentire il passaggio delle onde radio da e verso le antenne); strutture metalliche sono più resistenti e tipiche di prodotti di fascia superiore.
Anche il materiale della parte posteriore ha la sua importanza: la plastica è più leggera, ma anche più fragile in caso di cadute, quindi meglio usarla con una cover; il vetro è più premium, ma anch’esso piuttosto fragile, a seconda del tipo di vetro usato; i modelli di fascia superiore oggi usano la pelle vegana, che non è altro che silicone con effetto simil pelle.
Il vetro a protezione del display, come quello posteriore, può essere di varie qualità, e consigliamo di chiedere sempre con quali materiali è realizzato. Il migliore è il Gorilla Glass prodotto da Corning, e si trovano smartphone con versioni 3, 5, 6, Victus o Victus 2 in ordine di resistenza a graffi e rottura, ma esistono in commercio anche altre aziende in grado di produrre vetri altrettanto resistenti.
Display
Un fattore importante da tenere in considerazione è il display. Si tratta dell’elemento che guardiamo per diverse ore al giorno, e quindi dobbiamo assicurarci che si tratti di un buon pannello. Inoltre, il display è la componente primaria nel consumo della batteria; quindi, un display di generazione più recente ci permette anche di aumentare l’autonomia dello smartphone.
A parte le dimensioni, che rappresentano un fattore soggettivo sebbene ormai la quasi totalità degli smartphone abbia display fra i 6,1 e i 6,9 pollici, dobbiamo considerare tutta una serie di caratteristiche che differenziano i vari tipi di schermo.
A partire dalla tecnologia: i modelli più economici sono quasi sempre con tecnologia IPS LCD, mentre quelli di fascia superiore sono in genere degli OLED; in fascia intermedia troviamo entrambe le tecnologie, ma non sempre un OLED è meglio di un LCD, dal momento che potrebbe trattarsi di una tecnologia vecchia ed economica con resa inferiore rispetto ad un buon LCD.
Anche fra schermi OLED ci sono varie differenze: dai classici AMOLED ai SuperAMOLED (il Super è solo un marchio ad indicarne la produzione da parte di Samsung, e non una effettiva superiorità), e ai p-OLED realizzati in materiale plastico e quindi più flessibili (tipicamente adottati da Motorola).
Dobbiamo poi considerare il refresh, che in prodotti di fascia alta arriva tipicamente a 120Hz (con picchi a 144Hz o 165Hz in alcuni modelli) mentre la maggior parte del segmento inferiore si è allineato sui 90Hz (solo in pochi rimangono ai vecchi 60Hz). I display migliori hanno la selezione dinamica della frequenza di refresh, così da cambiarla in base all’app in uso o al contenuto in riproduzione, e da questo abbiamo due suddivisioni ulteriori: i display LTPO possono assumere qualsiasi valore fra 1Hz ed il massimo supportato, mentre i display LTPS hanno solo alcuni livelli permessi (solitamente fra i 3 e i 6 valori).
Se la risoluzione è abbastanza allineata sul FHD (o Full HD, 1080p), tranne qualche modello economico che rimane sull’HD (720p) e qualche modello top che si spinge sui 2K o 1,5K, un altro parametro da prendere in considerazione soprattutto se si intende giocare è la frequenza di campionamento del tocco, che ci dà un’idea della velocità con cui il display risponde ai nostri tocchi; più è alto questo valore e meglio è.
È poi importante la riproduzione delle immagini, anche in caso di contenuti multimediali come i film in streaming; quindi, un display capace di riprodurre contenuti HDR10+ e – ancor meglio – Dolby Vision è sicuramente di qualità superiore se si vuole guardare film e serie con lo smartphone. Anche per i colori abbiamo dei parametri: dalla gamma di colori riproducibili (solitamente misurata in percentuale sul totale della gamma DCI-P3) alla quantità di colori riproducibili, indicata dalla profondità di colore in bit; uno schermo standard a 8-bit può riprodurre oltre 16 milioni di colori, mentre un display di fascia alta a 10-bit supera il miliardo di livelli.
Anche la luminosità ha la sua importanza, e ci dà una indicazione sulla visibilità alla luce diretta del sole; un display top di gamma oggi supera i 2500nit, con picchi che possono arrivare addirittura a 6000nit, mentre modelli di fascia intermedia sono sui 900-1000nits massimi e modelli più economici si fermano sui 400nits.
Infine, non dobbiamo sottovalutare la salvaguardia dei nostri occhi e del sonno (se usiamo lo smartphone a letto prima di addormentarci). Ad oggi è abbastanza comune avere un filtro che blocca la luce blu, come anche la possibilità di regolare la temperatura del bianco su toni più caldi quando siamo a bassa luminosità. Alcuni smartphone hanno delle certificazioni dedicate da enti internazionali come TÜV e SGS, come anche un doppio sensore su entrambi i lati del terminale per impostare automaticamente il livello ottimale di luminosità, con i livelli disponibili che arrivano anche a oltre i 20.000 su smartphone premium. Importante, poi, la frequenza di dimming PWM che riduce l’effetto di sfarfallamento che può disturbare persone più sensibili a luci stroboscopiche – più è alta e meglio è.
Prestazioni
Per valutare le prestazioni di uno smartphone possiamo vedere che hardware c’è al suo interno, anche se in realtà i parametri da tenere in considerazione dovrebbero essere molti altri. Sicuramente processore e memorie sono importanti, ma soprattutto per queste ultime, conta molto chi le produce e con quali tecnologie. 12GB di RAM sono infatti un buon quantitativo, ma bisogna valutare anche le velocità di lettura e scrittura (fra le altre cose).
Partiamo dal chipset, termine più corretto rispetto al processore che è solo un componente che lo costituisce. Oggi quasi tutti i chipset in commercio sono octa-core e a 64-bit, quindi queste informazioni iniziano ad essere ridondanti; più importante è conoscere il processo di produzione, misurato in nanometri, che ci dà una indicazione dell’efficienza del chipset stesso: un modello con architettura a 3nm o 4nm sarà sicuramente più efficiente di uno da 12nm, e fra gli aspetti più visibili avremo anche una miglior gestione dell’energia, quindi una maggiore durata della batteria.
Il produttore di chipset per smartphone più famoso è Qualcomm, che propone processori di serie diverse ad indicarne la potenza di calcolo; il modello premium è lo Snapdragon 8 (giunto alla Gen 3), e a seguire troviamo le serie 7, 6 e 4, quest’ultima per smartphone fascia più bassa.
Abbiamo poi MediaTek, con la sua serie Dimensity di chipset 5G, Unisoc per gli smartphone entry-level, e naturalmente i chip proprietari di Apple (Apple), di Google (Tensor) e di Samsung (Exynos).
Passando a parlare di RAM dobbiamo vedere quanta ne abbiamo (oggi, tranne qualche eccezione, il minimo sono 4GB e si arriva fino a 16GB e oltre), se possiamo espanderla dinamicamente utilizzando una parte inutilizzata della memoria di archiviazione, migliorando così la fluidità generale del sistema e il multitasking, e che tecnologia di memorie viene adottata; quest’ultima è solitamente di tipo LPDDR5x nei modelli premium, per scendere a tipologie inferiori per smartphone di fascia inferiore.
In modo analogo, la memoria di archiviazione (o storage) può essere di diverse tecnologie: dalle più economiche – e più lente – eMMC alle più moderne – e veloci – UFS 4.0, passando per livelli intermedi come le UFS 2.2 e UFS 3.1. Memorie più veloci ci permettono di leggere e scrivere i dati più rapidamente, e di conseguenza di migliorare le prestazioni dello smartphone. Non guardiamo, quindi, solo quanti GB di memoria abbiamo, ma assicuriamoci anche di avere la giusta tecnologia per prestazioni superiori, soprattutto se vogliamo giocare o fare editing di video dallo smartphone.
Infine, due parole sul sistema di raffreddamento dello smartphone: il chipset quando è al lavoro si scalda, e se vogliamo mantenere elevate le prestazioni dello smartphone dobbiamo avere un sistema che riesca a dissipare rapidamente il calore in eccesso. Un sistema con materiali nobili, composto da più strati, e con una camera a vapore sarà sicuramente più efficiente e raccomandabile per utilizzi intensi del terminale, come accade ad esempio negli smartphone per gaming.
Concludiamo con qualche considerazione sulle connettività. Tutti gli smartphone sono ormai dotati di WiFi, Bluetooth e GPS, e sebbene possa esserci qualche differenza in versione fra modelli di fascia alta e di fascia bassa per la quasi totalità degli utenti non ci saranno differenza nell’esperienza d’uso di tutti i giorni.
Diverso è il caso dell’NFC, ormai molto diffuso ma possibile assente in modelli di smartphone più economici, utile per i pagamenti contactless dallo smartphone e per applicazioni governative che richiedono l’identificazione con carta d’identità elettronica (CIE). Se volete usare queste applicazioni assicuratevi che il vostro nuovo smartphone abbia il chip NFC.
Fotocamera
La fotocamera è sempre più importante negli smartphone moderni, con sensori capaci di scattare foto e video paragonabili a quelli di macchine fotografiche dedicate. Ed anche qui non basta leggere i numeri sulle schede tecniche per valutare la bontà di una fotocamera, dal momento che i parametri da considerare sono davvero tanti.
La risoluzione, ovvero i Megapixel, ci può dare un’idea di quanto possiamo ingrandire l’immagine senza sgranature, soprattutto se vogliamo stamparla, ma in realtà i fattori che decretano la bontà delle foto sono ben altri. A cominciare dal produttore del sensore.
I sensori più quotati sono quelli prodotti da Sony, che soprattutto con la nuova serie Lytia ha portato sul mercato una serie di componenti davvero di qualità elevata, e progettati specificatamente per gli smartphone. Anche Samsung propone sensori di buona qualità, che troviamo sia sui modelli della famiglia Galaxy che su terminali di altri produttori. Abbastanza diffusi, poi, i sensori Omnivision, sebbene di qualità generalmente inferiore ai precedenti, e talvolta capita di trovare anche qualche Hynix.
Non solo il produttore, ma soprattutto le caratteristiche tecniche del sensore. Prima fra tutte la superficie, misurata in pollici nel formato 1/x, dove minore è x e maggiore è la superficie in cui verrà impressa la nostra foto. Superfici maggiori corrispondono a pixel di dimensioni maggiori (misurati in micron, o µm) che ci permettono di acquisire più luce e quindi di produrre una foto più nitida.
Solitamente i pixel vengono combinati in gruppi per ottenere ultrapixel più ampi, a scapito della risoluzione finale dell’immagine, proprio per permettere di incrementare la nitidezza e la fedeltà dei colori. Questa procedura, chiamata pixel binning, combina quattro (per risoluzioni fino a 64MP), nove (per le 108MP) o addirittura sedici (per le 200MP) pixel in uno migliorando soprattutto le prestazioni in condizioni di bassa luminosità.
Da considerare anche l’autofocus, che tipicamente è di tipo PDAF e nei modelli di livello superiore è un PDAF omnipixel e omnidirezionale, ovvero riesce a mettere a fuoco aree più ampie dell’immagine e in tempi più ridotti. Ancora meglio se è presente anche l’autofocus laser, in grado di rendere l’operazione praticamente istantanea e di rendere più nitidi anche i video in movimento.
Non solo il sensore però, ma anche le lenti e gli altri componenti del modulo fotografico contribuiscono alla qualità della foto. Oltre alla qualità costruttiva (lenti Zeiss o Leica sono sicuramente di qualità superiore rispetto a lenti generiche). dobbiamo vedere l’apertura, indicata nel formato f/x – dove minore è x e maggiore è la luce che passa – che corrisponde al diaframma di una macchina fotografica. Aperture maggiori fanno passare più luce e risultano migliori per gli scatti notturni, ma possono dare una eccessiva luminosità se ad esempio scattiamo foto in pieno sole o con i riflessi della neve.
Importante poi la stabilizzazione: la presenza della stabilizzazione ottica (OIS) permette di avere video più fermi e foto più definite in notturna, mentre quasi tutti gli smartphone hanno una stabilizzazione elettronica (EIS) che consiste nel tagliare i bordi del video per mantenerlo più fermo. I telefoni di fascia superiore hanno quasi sempre l’OIS sul sensore principale, mentre in pochi lo hanno anche nell’eventuale teleobiettivo.
Infine, parliamo di focale equivalente, che corrisponde all’angolo di visione del sensore. Nelle macchine fotografiche, la focale è la distanza fra il sensore e il centro ottico, e dipende dalla posizione e dalla forma delle lenti rispetto al sensore (o, in precedenza, alla pellicola). Negli smartphone le distanze sono molto ridotte rispetto a quelle delle macchine fotografiche; pertanto, si parla di focale equivalente per avere lo stesso parametro a cui siamo abituati e fare meglio un confronto.
I sensori principali di solito hanno caratteristiche grandangolari, con focali intorno ai 24-26mm; a questi si aggiungono quasi sempre uno o più sensori aggiuntivi per visioni più strette o più ampie. Per le visioni più ampie si parla di ultra-grandangolo, con focali tipicamente di 13-16mm e visioni fra i 112° e i 120°. Le visioni più strette sono invece dei teleobiettivi, con focali sui 50-70mm e zoom 2x-3x.
Parlando di teleobiettivi, abbiamo quelli standard, e i periscopici che invece possono raggiungere lunghezze focali maggiori (e quindi zoom superiori) posizionando l’ottica in modo ortogonale ed un prisma che ruota l’immagine di 90°; con un teleobiettivo periscopico possiamo ottenere zoom 5x e oltre senza dover aumentare lo spessore dello smartphone.
Altre fotocamere che troviamo spesso negli smartphone sono quelle dedicate alle macro (tipicamente quando le ultra-grandangolari non hanno autofocus), o ai ritratti – spesso chiamati sensori Bokeh – con il compito di misurare la profondità degli oggetti e ottenere una sfocatura più precisa.
Autonomia e Ricarica
Passiamo a parlare di batteria e di ricarica. Gli smartphone moderni hanno tutti delle batterie al litio, che a differenza di quanto accadeva in passato non soffrono di effetto memoria e possono essere ricaricate in qualsiasi momento. Mai più bisogno di aspettare che si scarichino prima di collegare il caricatore!
La capacità delle batterie si misura in milliAmpere-ora, abbreviato in mAh, e al giorno d’oggi è comune trovare batterie da 4500-5000mAh anche su smartphone economici. Di sicuro è importante avere batterie dalla capacità elevata per ottenere autonomie superiori, ma bisogna anche valutare gli altri componenti dello smartphone per capire come impattano sul consumo energetico. Uno smartphone con batteria da 6000mAh potrebbe avere un’autonomia inferiore ad un altro con batteria da 4000mAh che però adotta chipset e display di tecnologia superiore e quindi dal ridotto consumo.
Parlando di vita media, lo standard dell’industria odierna prevede che una batteria debba mantenere l’80% della propria capacità dopo 800 cicli di ricarica (oltre due anni ricaricando tutti i giorni), ma alcuni smartphone hanno portato questo valore ad un livello doppio. È il caso di alcuni modelli realme e OnePlus che garantiscono 1600 cicli di ricarica per lo stesso livello di salute della batteria, che quindi può garantire efficienza per oltre quattro anni.
Passando a parlare di ricarica, esaminiamo quelli che sono i sistemi più comuni che possiamo trovare sugli smartphone. A partire dal Quick Charge, soluzione proprietaria di Qualcomm concessa in licenza e presente solo su smartphone con chipset Snapdragon. Gratuito, invece, e a disposizione di tutti lo standard introdotto dallo USB-IF (l’ente no-profit che implementa le caratteristiche delle porte USB); si chiama Power Delivery (PD) e può raggiungere velocità molto alte – con potenze anche oltre i 200W – ultimamente con la tecnologia PPS (Programmable Power Supply) che regola istantaneamente la potenza in base alle necessità del momento.
Essendo la Power Delivery una tecnologia open source, alcune aziende l’adottano portando solo qualche piccola personalizzazione. È il caso della Adaptive Fast Charging di Samsung, della TurboPower di Motorola e delle HyperCharge e TurboCharge di Xiaomi.
Proprietarie invece le soluzioni di ricarica rapida di alcuni produttori, che a volte aggiungono dei monitoraggi lungo tutta la catena per garantire una maggiore sicurezza. È il caso della SuperVOOC di Oppo, OnePlus e realme, che controlla costantemente ben 38 parametri su smartphone, caricatore e anche sui connettori dei cavi per assicurarsi che tutto vada bene. Altre soluzioni proprietarie sono la SuperCharge di Huawei e Honor e la FlashCharge di vivo.
Infine, alcuni modelli – tipicamente di fascia superiore – sono dotati di ricarica wireless. La ricarica wireless (o a induzione) è tipicamente molto più lenta di quella via cavo e può scaldare considerevolmente lo smartphone, ma è particolarmente utile se ne abbiamo il supporto in macchina o se abbiamo accessori con allineamento magnetico (come il MagSafe di Apple). Lo standard per la ricarica wireless è chiamato Qi, e attualmente raggiunge i 15W di potenza; esistono soluzioni proprietarie di alcuni brand che possono arrivare anche a 50W, ma richiedono accessori specifici distribuiti dallo stesso brand che produce lo smartphone. Il nuovo standard Qi2 che dovrebbe arrivare nei prossimi mesi aggiunge l’allineamento magnetico per tutti i brand che lo adottano, e sarà compatibile anche con gli accessori MagSafe.
Software e Interfaccia
Infine, parliamo di software. Apple sviluppa in casa il proprio sistema operativo iOS per i suoi iPhone e ne cura direttamente gli aggiornamenti, mentre tutti gli altri produttori di smartphone adottano il sistema Android di Google. Ma anche a parità di sistema operativo l’aspetto grafico e varie funzionalità possono essere anche molto diversi fra un produttore e un altro.
Questo a causa delle diverse interfacce, o UI, che ciascun produttore di smartphone sviluppa sui propri modelli. Se quindi i modelli Pixel prodotti direttamente da Google sono quelli con il sistema originale, così come pensato dall’azienda, altri possono essere molto diversi e addirittura risultare particolarmente appesantiti da grafiche e funzioni ridondanti, come la HyperOS (ex MIUI) del gruppo Xiaomi.
Aziende come Motorola, Nothing e Asus adottano un’interfaccia molto pulita e fedele a quella originale di Google, utilizzando anche le app native per la galleria fotografica, il calendario, il browser e così via; altri, come Samsung, preferiscono avere nella One UI le proprie app e generano duplicati per la maggior parte delle funzioni di sistema: troveremo quindi due browser, due gallerie fotografiche, e anche due wallet per i pagamenti contactless. Infine, ci sono interfacce che aggiungono diverse funzionalità senza duplicare le app e senza appesantire troppo il sistema, come ad esempio la Color OS di Oppo e la realme UI di realme.
Importante poi valutare quanto un produttore aggiorna i propri smartphone alle più recenti versioni del sistema operativo e agli aggiornamenti della sicurezza. Se Apple e Google sicuramente sono i più virtuosi, Samsung negli ultimi tempi si è impegnata molto ad aggiornare in tempi rapidi tutti i suoi modelli e a garantire un supporto per diversi anni (fino a 7 per i top di gamma, eguagliando Google). Un pochino indietro, invece, tutti gli altri – sebbene per i modelli di fascia più alta l’affidabilità sia buona per tutte le aziende.
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