“Il modo con cui Apple ha ricompensato Jobs – si legge nell’articolo – sostanzialmente differente dai compensi che ricevono altri CEO, mostra efficacemente uno dei trucchi, in parte controversi, con cui vengono gestite le ricompense dei dirigenti e come le società operano a vantaggio dei loro CEO. L’esempio di Apple – continua il giornale – mostra chiaramente quale ritorno possano avere sui risultati finanziari e il valore del azioni, regole non lineari e imprecise nella gestione del bilancio”. Secondo il giornale, infatti, se quanto concesso a Jobs fosse stato calcolato come pagamento e non come uscita “una tantum” i risultati del primo quarto sarebbero stati più bassi, invece che più alti, di quelli dello scorso anno, e questa cattiva notizia avrebbe depresso il titolo alla Borsa di Wall Street.
La notizia è tornata a suscitare nuove polemiche, puntualmente riprese dal giornale, sull’equità del compenso riscosso dal CEO di Apple. “Il solo Gulfstream – commenta l’esperto in retribuzioni di top manager Graef Crystal – vale 36 milioni di dollari l’anno per 2 anni e mezzo. Di contrasto non uno di 854 CEO di grandi società da me analizzate supera i 14,5 milioni di dollari l’anno”. Al valore del jet si aggiungerebbe il valore delle opzioni ricevute per 10 milioni di azioni, non calcolabile con precisione. “Ma si può stimare – dichiara ancora Crystal – a seconda di che cosa accadrà nelle prossime settimane, in una cifra che va da 387 a 664 milioni di dollari. Nessuno, per quello che io ne so, ha mai ricevuto un valore tanto alto in opzioni”. Ma anche qui Apple non ha fatto male i suoi conti.
L’articolo, infatti, prosegue spingendosi nel dettaglio sugli effetti che l’esercizio dell’opzione potrebbe avere sulle tasse che deve pagare Apple e sul ritorno sull’andamento del mercato azionario. La decisione di concedere opzioni sulle azioni, invece che un pagamento, a conti fatti sarebbe dunque convenuto sia a Jobs che alla Apple.
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