Fare fortunati gli utenti e gettare tutta la sfortuna possibile sulle spalle di chi crea contenuti online: è questo lo scenario che si profila se il nuovo progetto di Google andrà in porto: sostituire il celebre pulsante “Mi sento fortunato” con una risposta generata da Gemini, l’intelligenza artificiale di Big G, anziché mostrare un link verso un sito che ospita i contenuti cercati.
Questa nuova funzionalità, al momento in fase di test, è parte di una riprogettazione della homepage di Google che mira a trasformare la classica ricerca in una conversazione con un assistente AI.
La modalità AI consentirebbe all’utente di porre domande e ricevere risposte personalizzate, senza cliccare su link o visitare altri siti web e in futuro essere richiamata da un pulsante che comparirebbe al posto del “Mi sento fortunato”, quello che permette di visualizzare automaticamente la prima pagina Web trovata da Google.
Si tratterebbe di uno dei cambiamenti più significativi mai apportati alla classica home page del motore di ricerca, rimasta sostanzialmente invariata fin dal suo debutto nel 1998.
Secondo quanto riportato anche da CNBC, l’azienda starebbe valutando di trasformare la propria homepage in un punto di accesso privilegiato per l’intelligenza artificiale, affiancando il pulsante “Google Search” con una nuova opzione dedicata proprio alla modalità AI.
Is this new? Ai Mode button on the Google search box on the https://t.co/LevOxulRt9 homepage @rustybrick @glenngabe pic.twitter.com/r7tQcQqtj5
— Damien (andell) (@AndellDam) May 10, 2025
La notizia arriva nel contesto della crescita costante di strumenti come ChatGPT, Bing con Copilot e Perplexity AI, sempre più utilizzati per ottenere risposte immediate e trovare informazioni, riducendo la necessità di ricorrere a un motore di ricerca tradizionale.
La conferma del trend è arrivata qualche giorno fa da Eddy Cue, vicepresidente senior dei servizi Apple, che testimoniando in tribunale nel contesto del processo a Google per presunto monopolio, ha riferito di un calo nelle ricerche di Google da Safari, attribuendo il cambiamento proprio all’ascesa dell’intelligenza artificiale generativa (calo smentito successivamente da Google).
Nella stessa occasione, Cue ha dichiarato che Apple sta valutando la riprogettazione di Safari per offrire accesso diretto a motori di ricerca basati su AI, tra cui OpenAI, Perplexity, Anthropic e perfino Grok di xAI. Anche se Google potrebbe restare il motore predefinito, il dominio assoluto sulle ricerche da parte di Big G appare sempre meno scontato.
L’arrivo della modalità AI nella homepage di Google, se risponde a un bisogno strategico, segna la trasformazione del concetto stesso di “ricerca” da un sistema che indicizza pagine fondando le risposte sulla qualità del sito che le presenta e genera traffico verso di esso, a un assistente virtuale che sintetizza risposte complete e spesso esaustive, senza che l’utente debba mai lasciare la pagina.
Per i siti Internet – dai blog indipendenti ai grandi portali editoriali – questo rappresenta un cambio di paradigma che mette in discussione il principio stesso di sostenibilità. Se le informazioni vengono elaborate dalle AI e presentate come risposte dirette, i clic sulle fonti originali si riducono drasticamente. A perdere non sono solo le visualizzazioni, ma tutto ciò che ne consegue: pubblicità, affiliazioni, iscrizioni, conversioni.
Non è facile dire se ciò che afferma il CEO di Cloudflare, secondo cui l’AI sta letteralmente “uccidendo il web”, sia già del tutto vero, ma è certo che uno scenario come quello che si prospetta con l’AI di Google – che si appropria dei contenuti senza restituire valore a chi li ha prodotti – ha tutto il potenziale per cancellare tantissimi siti Internet costruiti con professionalità per offrire contenuti approfonditi e di qualità.
Il rischio più grande è che venga meno l’incentivo a creare articoli e pagine originali e di valore, frutto di lavoro, ricerca e competenza. Se i concetto di analisi, approfondimento e scrittura viene sostituto dalla logica dei modelli linguistici, senza riconoscimento né ritorno, diventa difficile giustificare tempo e risorse investite in un sito. E senza nuovi contenuti, anche le AI finiranno per attingere a un web sempre più povero e in balia di chi non ha preoccupazioni perchè ha solo finalità commerciali e magari costruisce siti Internet a sua volta con Ai.
Un’alternativa per i siti Internet potrebbe essere quella già intrapresa da diversi grandi editori: bloccare lo scraping dell’AI dai propri siti. Non si tratterebbe di un fattore decisivo, perché le AI potrebbero ricavare le stesse informazioni da altri siti che citano quelli originali, ma la diminuzione della qualità delle informazioni restituite dall’AI sarebbe evidente e a pagare, assieme ai siti, sarebbe anche chi utilizza il motore di ricerca di Google.












