Yahoo non aumenterà i prezzi del suo servizio di vendita di musica on line. A confermare che il negozio lanciato nei mesi scorsi e che ha subito fatto parlare di sé per i costi estremamente ridotti avrà come segno distintivo la politica dell’economicità , è stato il capo del marketing di Yahoo, Cammie Dunaway.
In una intervista a Reuters Dunaway ha infatti reso noto che la tariffa di 7 dollari al mese per l’abbonamento mensile, che in molti pensavano essere semplicemente un modo per irrompere in un mercato già piuttosto affollato e farsi conoscere, resterà la stessa anche in futuro. Chi sottoscrivere un abbonamento annuale, ha detto Dunaway, continuerà a pagare solo 5 dollari al mese.
L’annuncio di Yahoo ha riportato ai massimi livelli di guardia la preoccupazione di Napster e Real, che, come Yahoo, offrono un servizio in abbonamento, basato sulle tecnologie di Windows Media Audio. I due negozi concorrenti hanno infatti prezzi di circa doppi rispetto a quelli del colosso di Internet e hanno sempre sostenuto che il costo praticato al momento del lancio non poteva essere sostenuto a lungo. Il fatto che Yahoo continuerà a vendere abbonamenti ad un prezzo che è la metà di quello ‘standard’ sul mercato, presenta il rischio che si scateni una guerra dei prezzi che limerà in maniera drastica i margini di profitto in un business già di per se stesso non particolarmente redditizio. A pagarne le conseguenze potrebbe essere, in particolare, chi, come Naspter ha come unica fonte di profitto i margini che spunta dalla vendita delle canzoni.
Minore, invece, la preoccupazione in casa Apple. ITunes, pur insidiata dall’apparizione di Yahoo sul proscenio della musica digitale, offre un servizio diverso nelle tecnologie e nella filosofia (il negozio di Apple vende canzoni singole e non abbonamenti e la sua musica non è compatibile con WMA) ma soprattutto usa il negozio per trarre profitti dalla vendita di hardware. Anche Apple, in ogni caso, a fronte di un’offerta a costi così bassi come quelli praticati da Yahoo potrebbe essere costretta, se non altro, a riconsiderare l’ipotesi di lanciare formule in abbonamento. Questo nonostante Jobs continui a sostenere ogni volta che si presenta l’occasione che i consumatori non vogliono musica in affitto e i cui diritti d’ascolto scadono quando scade l’abbonamento, ma in proprietà , come accade con le vendite di iTunes.