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Apple, Adobe, Google, Intel: negoziazione con il Dipartimento di Giustizia statunitense

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Apple, Google, Intel, Adobe, Intuit, Pixar (Disney) sono in fase di negoziazione con il Dipartimento di Giustizia statunitense. Lo afferma il Wall Street Journal a proposito di un problema che vede le case in questione accusate di essersi accordate per non portarsi via a vicenda i rispettivi dipendenti. Il sistema avrebbe impedito a molti la possibilità di far carriera e pagare meno i lavoratori. Per il Dipartimento ci sarebbe in sostanza un tacito accordo tra le varie aziende della Silicon Valley, anche se la linea di difesa comune di tutte le società coinvolte è che dipendenti sono liberi di inviare curriculum e andare dove vogliono.

Per il Dipartimento di Giustizia il reclutamento di personale tra aziende partner o concorrenti è una pratica legittima e il lavoratore ha il diritto di negoziare al meglio il proprio contratto di lavoro. I sostenitori della pratica applicata dalle varie aziende IT californiane sostengono, invece, che il sistema consente alle società di stare più tranquille e in prospettiva non preoccuparsi troppo della possibile perdita dei loro migliori talenti; un sistema che porterebbe, alla fine, benefici anche agli utenti finali, offrendo prodotti migliori realizzati da team che hanno modo di lavorare con calma e costanza agli stessi prodotti.

Anche i responsabili di società quali IBM e Yahoo pare siano stati interrogati dagli investigatori ma non sembra essere emerso nessuna problema contro le metodologie di lavoro applicate da quest’ultime aziende.

L’oggetto della negoziazione del quale riferisce il Wall Street Journal consentirebbe di evitare il tribunale e impedire il susseguirsi di simili consuetudini. Il problema era emerso già a febbraio dello scorso anno: Steve Jobs accusava Ed Colligan, l’amministratore di Palm, di depredare personale specializzato da Apple. La casa di Cupertino avrebbe cercato all’epoca di formalizzare un patto di “non belligeranza”, offerta rifiutata da Colligan che definì l’accordo “grave e sicuramente illegale”.

[A cura di Mauro Notarianni]

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