Apple dipende dall’iPhone; il futuro dell’iPhone passa dall’intelligenza artificiale; e iPhone e l’AI, in Cina, passano dal Governo Cinese. Ma la strada per Cupertino è sempre più ripida, piena di buche e tornanti. A dimostrarlo è la rivelazione del New York Times, che racconta il tentativo da parte degli Stati Uniti di bloccare il progetto Apple di portare l’intelligenza artificiale sugli iPhone venduti nel mercato cinese.
Un’intelligenza artificiale “su misura” per Pechino
Secondo il giornale americano, Apple, dopo lunghe trattative, (Tim Cook era stato recentemente in Cina per parlare di Ai) avrebbe raggiunto un accordo — mai annunciato ufficialmente — con Alibaba per integrare un sistema AI localizzato sui suoi iPhone destinati alla Cina. Si tratterebbe, in sostanza, di una versione “a misura” di Partito Comunista, fortemente limitata nei contenuti e adattata alla visione politica di Pechino. Una versione che — questo il sospetto — sarebbe inevitabilmente censurata.
Per motivi regolatori, Apple avrebbe sottoposto l’accordo all’attenzione di Washington. Ed è qui che sono emerse le prime forti resistenze.
I dubbi di Washington
Le autorità americane hanno espresso preoccupazioni su diversi fronti: quali dati saranno condivisi con Alibaba? Ci saranno impegni formali con i regolatori cinesi? In che modo l’accordo potrebbe rafforzare l’AI cinese, anche in ambiti sensibili come quello militare?
Il sospetto, condiviso da ambienti del Congresso, è che Apple abbia concesso troppo, forse sacrificando principi legati alla tutela dei diritti civili e della privacy pur di ottenere l’approvazione delle autorità cinesi.
Durante un’audizione con il Comitato del Congresso sulla Cina, i dirigenti Apple non sarebbero riusciti a rispondere in modo convincente alle domande più delicate, aumentando ulteriormente l’allarme politico negli Stati Uniti.

Il rischio di un effetto domino
A preoccupare Washington è anche il precedente che un’intesa del genere potrebbe creare: altre aziende americane potrebbero seguire la stessa strada, fornendo tecnologie o dati ai colossi cinesi come Baidu, ByteDance o la stessa Alibaba, contribuendo di fatto a potenziare modelli di AI che potrebbero anche avere applicazioni militari.
Alibaba, del resto, è da tempo nel mirino del Dipartimento della Difesa. Le agenzie di intelligence indagano sui suoi legami con il Partito Comunista Cinese e con l’Esercito Popolare di Liberazione, in quanto esempio emblematico della “fusione militare-civile” promossa da Pechino.
L’amministrazione Trump, sempre secondo il New York Times, ha avviato discussioni per inserire Alibaba in una lista nera commerciale, vietando qualsiasi rapporto con aziende americane.
Il deputato democratico Raja Krishnamoorthi, esponente di punta dei Democratici nella Commissione Intelligence della Camera, è stato molto esplicito: «È estremamente inquietante che Apple non sia stata trasparente riguardo al suo accordo e che non si sappia perché abbia deciso di collaborare con Alibaba sull’intelligenza artificiale».
Apple, sotto assedio da entrambi i lati
Apple si muove in equilibrio precario. Da un lato c’è il pressing bipartisan di Washington per contenere l’avanzata tecnologica cinese, come sottolinea anche Greg Allen del Wadhwani Center for AI: «Il rischio è che una delle più importanti aziende americane finisca per aiutare quelle cinesi a correre più velocemente. Gli Stati Uniti sono impegnati in una corsa all’intelligenza artificiale con la Cina, e non vogliamo che siano proprio le aziende americane ad aiutare quelle cinesi a correre più in fretta».
Dall’altro lato c’è il mercato cinese, che vale quasi il 20% delle vendite globali di Apple, e che diventa sempre più difficile da penetrare senza compromessi come dimostrano dati recenti di vendita.
Questa vicenda rappresenta solo l’ultimo capitolo delle sfide che Apple si trova ad affrontare nel tentativo di tenere in piedi i propri affari tra Stati Uniti e Cina, in un momento di tensioni geopolitiche sempre più marcate.
Tre anni fa, il governo americano riuscì a far pressione su Apple perché abbandonasse un accordo per l’acquisto di chip di memoria dal fornitore cinese Yangtze Memory Technologies Corporation (YMTC). Più di recente, Cupertino ha dovuto fare i conti con i dazi imposti sui prodotti cinesi, incluso l’iPhone, con effetti diretti sui margini di profitto.

Apple, secondo diverse fonti, era pronta a lanciare le funzionalità di intelligenza artificiale in Cina già con l’aggiornamento a iOS 18.5. Il rilascio era atteso anche per integrare le novità di “Apple Intelligence” adattate al mercato cinese, ma l’update è arrivato senza alcuna traccia di AI, un dettaglio che ora appare tutt’altro che casuale alla luce delle pressioni politiche emerse negli Stati Uniti.
Il problema è molto grande: un iPhone senza AI in Cina è scarsamente competitivo. Huawei, Xiaomi e altri brand locali stanno già integrando sistemi intelligenti, chatbot e assistenti vocali con capacità sempre più sofisticate. Apple non può permettersi di rimanere indietro.
Come ricorda l’analista Richard Kramer (Arete Research), Alibaba è anche un partner strategico nella distribuzione degli iPhone, e un eventuale fallimento dell’accordo rischierebbe di avere effetti a catena: «Se l’accordo con Alibaba dovesse fallire, ci sarebbe un effetto domino potenzialmente negativo per Apple, perché Alibaba è un attore fondamentale nella vendita e nella promozione degli iPhone in Cina».
Kramer ha ricordato che questo tipo di collaborazione avrebbe potuto aiutare Apple a recuperare terreno, dopo che la sua quota di mercato nel Paese è scesa dal 19% nel 2023 al 15% nel 2024. «Senza Alibaba, gli utenti cinesi potranno comunque scaricare app di intelligenza artificiale» – ha aggiunto Kramer – «ma l’esperienza d’uso sarà meno integrata e più macchinosa rispetto a quella offerta dai rivali locali».
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