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Apple ha un piano (e un nome) per la successione di Jobs

Un piano per la successione di Jobs è già in atto, anche se non è pubblico e probabilmente non lo diventerà se non quando l’attuale CEO non annuncerà il suo definivo addio alla società che ha contribuito a creare negli anni ’80. A dirlo è Apple stessa, in un documento presentato a commento delle sue politiche aziendali; nella nota si sottolinea come le linee guida della governance aziendale richiedono che il consiglio di amministrazione e il CEO stesso siano impegnati a stilare annualmente in un piano di successione per tutto il gruppo direttivo, incluso l’amministratore delegato.

L’argomento sulla successione di Jobs è divenuto d’attualità nel corso della giornata di oggi, per ovvi motivi. Nonostante la maggior parte degli osservatori resti cauto sulle prospettive e sulla tempistica con cui Jobs è destinato a prendere di nuovo il suo posto ai vertici dell’azienda, un certo numero di analisti sospetta che i termini vaghi con cui il capo di Cupertino ha parlato delle prospettive di ritorno al suo posto siano il preludio ad un abbandono definitivo. Tra coloro che si preoccupano, e non da oggi, ci sono anche una parte degli investitori di Apple che hanno chiesto più volte di conoscere i piani di successione a Jobs. È stato proprio rispondendo ad un fondo pensionistico (il Central Laborers’ Pension Fund) che ha proposto per la prossima riunione degli azionisti una mozione in base alla quale il management sia impegnato a rivelare questi piani che è emersa la procedura che prevede che Apple esamini con costanza i candidati alla successione.

L’azienda ha, infatti, raccomandato un voto negativo alla proposta del fondo pensionistico, sottolineando come la presentazione dei piani in maniera esplicita significherebbe concedere un vantaggio indebito alla concorrenza: «siamo impegnati – si apprende da Apple – a condurre una revisione annuale dei piani di successione per il senior management, incluso il CEO. Quale parte della revisone annuale, il consiglio di amministrazione svolge un formale processo di analisi che identifica e raccomanda lo sviluppo di candidati interni alla successione, basandosi su un criterio che riflette le strategie di business di Apple»

Come noto, anche se Apple non lo dice, il primo candidato alla successione di Jobs è Tim Cook. L’attuale COO gestisce le operazioni quotidiane di Apple ed è considerato il braccio operativo di Jobs e la persona a lui più vicina in Apple. Per due volte ha sostituito il CEO guadagnandosi gli elogi del consiglio di amministrazione. Che a Cook sia stato promesso qualche cosa in termini di successione di Jobs lo proverebbe, secondo alcuni osservatori, il rifiuto opposto ad allettanti proposte arrivate da importantissime società americane, l’ultima in ordine di tempo delle quali è stata HP che aveva fatto un’offerta che «non si poteva rifiutare» ma di fronte alla quel Cook ha detto comunque no. La ragione sarebbe nel fatto che è proprio lui il CEO in pectore di Apple. Secondo alcuni osservatori ci sarebbe già anche il nome del successore di Cook stesso; si tratterebbe di Peter Oppenheimer, attuale CFO. Apple starebbe infatti cercando un personaggio di spicco da collocare al posto del direttore delle operazioni finanziarie come proverebbero l’offerta avanzata a Laurence Tosi, CFO di Blackstone Group.

Tornadno a Cookm, pochi dubitano che sia in grado di governare Apple e di mantenere la barra del timone saldamente puntata nella direzione in cui marcia ora portando a termine tutti i piani già elaborati ed eseguendo nel migliore dei modi le strategie e il calendario previsto. In fondo è lui che gestisce le operazioni della società e le vendite, cura la gestione dei magazzini, svolge le trattative più importanti come quelle con gli operatori mobili e i fornitori, supervisiona la strategia retail ed è responsabile del lancio nei tempi previsti dei nuovi prodotti e si occupa che non abbiano problemi e difetti in grado di pregiudicarne l’impatto nei confronti dei clienti. Qualche punto interrogativo in più si pone sul suo genio creativo e la capacità di percepire che cosa vuole il pubblico sotto il profilo del design e delle funzionalità; neppure le capacità di venditore, in senso lato, di Cook sono state messe alla prova e questi sono tutti aspetti in cui Jobs non ha rivali. Insomma, il problema potrebbe arrivare una volta che si tratterà per Apple di inventare il nuovo iPhone o il nuovo iPad.

Secondo alcuni analisti come ad esempio Laura Di Dio di ITIC le preoccupazioni a margine del possibile abbandono di Jobs, comunque, sono eccessive. «Apple – dice la Di Dio a CNN Money – è in grado di protrarre per anni il successo che ha avuto con iPhone e iPad e anche se la figura di Jobs è quanto  più vicino all’indispensabilità ci possa essere, la sua visione è ormai connaturata in Apple e questo non potrà essere cancellato». Opinione condivisa anche da Barry Jaruzelski, management consultant di  Booz & Co: «Jobs è un’icona che ha dato prova di essere un’impareggiabile uomo marketing, ma è anche un abile manager e tra le sue capacità c’è stata anche quella di costruire un gruppo direttivo di elevatissimo livello. Apple non dipende da un singolo individuo, ma da un team di grande qualità ad ogni livello»


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