Apple, durante l’ultimo Macworld di New York, ha lanciato .Mac, un servizio che ha suscitato clamore e qualche polemica tra gli utenti.
polemiche perchè a pagamento, sostituendo iTools, il precedente servizio gratuito che Steve Jobs aveva voluto per tutti gli utenti della mela. Clamore, perché in realtà si apre la strada a quei web services di cui si parla in un modo o nell’altro fin dalla nascita dell’informatica di rete, ma che nessuno ancora ha visto nel mercato consumer degli utenti finali. (Il riferimento a .Net di Microsoft è assolutamente voluto).
Per adesso il carnet offerto da Apple consiste in un indirizzo di posta elettronica (mac.com), un hard disk online sui server di Cupertino, un antivirus, un servizio di backup. Nell’immediato futuro, ha annunciato Steve Jobs, insieme a Os X 10.2 arriveranno applicazioni ottimizzate per lavorare con .Mac (il nuovo Mail e il nuovo AddressBook).
Poi, ai primi di settembre, arriveranno iSync e iCal, cioè un’applicazione chiave per la sincronizzazione dei dati con un unico database di tutti i contatti e un calendario collaborativo che permette di condividere la propria organizzazione del tempo anche attraverso Internet. Unite a iChat e Rendezvous, un programma e una tecnologia centrali per la strategia di Apple.
Tuttavia, in molti si sono chiesti – e stanno continuando a farlo – se valga la pena pagare quasi 100 euro all’anno per un servizio come .Mac. Proviamo a immaginare quali sviluppi sono possibili per questa strategia che sta trasformando l’hub dello stile di vita digitale del quale parlava Jobs alcuni mesi fa in uno stile di vita digitale e “online”.
Ci sono altre tessere già esistenti per la strategia che vuol fare del Mac “il centro della nostra vita digitale”. Tessere ben conosciute e invidiate da quel 95% che usa il Pc: si tratta di iMovie, iDvd e iTunes. Forse aprire qualcuna di queste applicazioni alla rete sarà il prossimo passo: come è successo con iPhoto, per esempio, si può rendere anche iMovie capace di pubblicare i filmati su Internet e magari utilizzare delle risorse presenti in rete per creare i video. Idem per iTunes, che con l’ultima versione è già in grado di trovare cartelle di Mp3 attraverso una rete locale e che promette miracoli unito a Rendezvous.
Oppure, la strategia può essere anche quella di mettere lo stesso Os X in condizione di lavorare direttamente in rete: anzichè limitarsi a un collegamento solo delle risorse, come hard disk e cartelle condivise, magari alcune applicazioni potranno funzionare direttamente con la rete, cioè è possibile immaginare una integrazione tra il Finder e Internet.
Per esempio, lo screen saver e lo sfondo della scrivania potrebbero basarsi su servizi online, sia in rete locale che attraverso Internet, per visualizzare le immagini contenute nel proprio iDisk o in altri siti. E potrebbe arrivare una nuova applicazione che consenta di avere videoconferenze attraverso il Finder.
La nascita di un browser, anzi iBrowser, sarebbe ulteriormente strategica, anche per avere uno standard di web services e una integrazione diretta tra applicazioni funzionanti su altri computer e la loro attivazione su di un Mac locale. Oltretutto, Apple aveva già realizzato un browser in passato: si trattava di CyberDog. Adesso potrebbe essere iCab, o una evoluzione interna a Cupertino di Mozilla.
Insomma, le possibilità che Steve Jobs può sfruttare per far convercere lo stile di vita digitale “offline” e i servizi online di .Mac sono molte. Di sicuro l’ultimo keynote è stato solo l’inizio di una rivoluzione che la concorrenza dovrà aspettare anni (e qualche sentenza dell’Antitrust americano) prima di riuscire a copiare.