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Godetevi questa stagione dello streaming, perché non durerà

Nottetempo, a cavallo del fine settimana, Netflix ha calato la mannaia. E ha tagliato via la tariffa più conveniente e bilanciata, quella Base da 7,99 euro al mese. Quella tariffa che consentiva buona qualità a prezzi contenuti e senza pubblicità.

Adesso si passa direttamente da 5,49 euro per avere meno contenuti, mimore qualità e con pubblicità a quello Standard da 12,99 per contenuti “normali” per qualità e condivisione, sino ai 17,99 di quello Premium per avere il massimo (4K e Dolby Atmos).

Tuttavia, gli aumenti c’erano già stati, nel 2021, anche se non per il piano Base (che non a caso adesso è stato tolto). Invece, il Piano Standard era passato da 10,99 agli attuali 12,99 euro mentre il Piano Premium era passato da 13,99 agli attuali 17,99 euro.

Dietro l’angolo si parla di altri possibili aumenti, dopo anche la guerra alla condivisione delle password con l’inserimento dell’“ospite pagante”, cioè un account “leggero” da collegare a 4,99 euro.

Netflix, il piano economico con pubblicità inizia a piacere

La concorrenza incalza

Il problema non è soltanto l’aumento dei prezzi di un servizio di streaming. È l’aumento dei prezzi di tutti i servizi di streaming. E il fatto stesso che ce ne siano tanti. Ormai si spende poco più di 1.500 euro all’anno, se si vuol fare il pieno di servizi di video e musica in streaming alla massima qualità, come ha calcolato il Corriere.

Certo, sono pochi quelli che prendono Netflix, Amazon Prime, Disney+, Apple TV+, Paramount+ e poi anche Dazn, Now e Spotify (per tacer di Apple Music e Amazon Music). Ma è un indicatore per capire a che punto siamo.

Per capirci. Apple TV+ costa 6,99 al mese (era 4,99 fino al 2022). Prime Video di Amazon, che viene con Prime (il servizio di consegne e vari altri servizi dell’azienda di Seattle) è aumentato sempre nel 2022 da 36 euro a 49,90. Il nuovo arrivato dei servizi streaming. Disney+, costa 8,99 in versione standard e 11,99 in versione Premium (4K e più dispositivi contemporaneamente). C’è anche quello “economico” con la pubblicità da 5,99, stile Netflix.

E poi: per chi ama il calcio Dazn ha alzato la soglia da 29,99 a 40,00 euro per l’abbonamento Standard e da 39,99 a 55,99 per quello Plus. I pagamenti annuali costano leggermente meno, come per Disney+.

Invece Now (il servizio di streaming di Sky) ha ricaricato seguendo il gruppo: cinema più serie TV costa 11,99 al mese o 14,99 in versione premium. Con pubblicità ci si accontenta di 8,99 al mese, mentre le versioni annuali costano leggermente meno. L’ultimo arrivato, Paramount+, ha una sola tariffa da 7,99 al mese.

Senza Netflix piano base c’è la pubblicità o si paga quasi il doppio

Il conto della serva

Tutti questi costi e questi aumenti portano chi volesse seguire più o meno tutto a pagare delle cifre veramente notevoli, come detto. Ma il vero problema non è questo. I contenuti non sono ovviamente gli stessi, e per di più moltissimi per motivi di copyright oppure semplicemente di distribuzione rispetto al cinema, restano solo a noleggio o da acquistare.

Amazon Prime Video è forse il campione di questo tipo di offerta dove moltissime cose belle saltano fuori dalla ricerca solo per scoprire che vanno pagate a parte. È il problema della frammentazione. La realtà è che, rispetto al Netflix degli inizi che ha sostanzialmente inventato il mercato dello streaming video con le serie TV e con le sue produzioni, i contenuti non sono più binari: c’è oppure non c’è.

Adesso i contenuti ci sono, probabilmente, ma vattelappesca su quale servizio di streaming. E se li hai fatti tutti, magari quel film è lo stesso da affittare. Una disgrazia che sta cominciando a stressare molta gente.

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La tempesta perfetta

Quel che potrà succede in futuro è la reazione all’irrigidimento e agli aumenti più o meno universali dei servizi di streaming. La guerra alle password condivise e agli account “di gruppo” (o addirittura rubati) porta come risultato semplicemente alla cancellazione di migliaia e migliaia di abbonamenti.

Magari perché la serie preferita sta da un’altra parte, oppure perché tre abbonamenti al mese sono comunque troppo. C’è chi se la gioca con le cose per bambini, perché i giovani genitori con bambini piccoli sanno che Peppa Pig val bene una messa. Ma per il resto, la politica dei servizi di streaming sembra essere diventata quella di spararsi sostanzialmente sui piedi.

Una controprova si vede se si va a curiosare nei siti di pirateria, dove vengono proposti con modalità tecnologiche diverse i contenuti in varie lingue: la pirateria è tornata competitiva rispetto ai contenuti legittimi. È un paradosso, che avrebbe fatto ridere Steve Jobs il quale, in un altro settore (quello della musica) aveva ben chiarito che il più grande concorrente della vendita di un servizio digitale non è un altro servizio digitale di un’altra azienda, bensì il contenuto pirata.

Bozza automatica

Il ritorno dei pirati

È un problema quando torna a essere competitivo un contenuto che è scomodo, rischioso (a parte le denunce si rischia di prendere virus e scaricare malware), in cui spesso le cose non si trovano come le si vuole, ci vuole troppo tempo per scaricarlo, magari è uno screener con risoluzione delirante o audio mortificato.

Tuttavia, quando questo accade, quando la pirateria rientra dalla finestra dopo essere stata buttata fuori dalla porta che, grazie allo streaming, apparentemente era stata chiusa a chiave, allora i gestori dei servizi qualche domanda se la devono fare.

pirateria google

Siccome il costo dei servizi dal punto di vista tecnologico non sta aumentando ma casomai sta calando, la domanda è se ci siano costi di diritti troppo elevati. A Hollywood gli sceneggiatori hanno vinto la loro battaglia per avere una fetta dei diritti di streaming (e per evitare che il loro lavoro sia rubato dalle AI).

Adesso bisognerà capire cosa faranno le major con la guerra che probabilmente verrà scatenata dalle società di streaming. Perché in questa fase i costi vengono scaricati sugli utenti ma presto, quando gli utenti sciameranno via verso altri tipi di spesa alternativa (o nessuna spesa, come nel caso della pirateria) inizieranno i problemi.

Insomma, come dicevamo all’inizio, o amanti dello streaming, godetevela fino a che dura, perché è probabile che non durerà ancora per molto.

Tutti gli articoli che parlano di servizi di streaming per musica, TV e videogiochi sono disponibili nella sezione dedicata di macitynet.

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