Sono tre i fattori che hanno portato a conclusione l’esperienza di licenza di iPod ad Apple: la scelta di Cupertino di invadere lo stesso mercato che nelle strategie della vigilia doveva essere destinato ad HP, l’incapacità della stessa HP di arrivare in mercati dove Apple non poteva arrivare e la volontà da parte del nuovo CEO Mark Hurd di attuare una radicale politica di ‘de-carlyficazione’, ovvero di smantellamento delle scelte che hanno segnato il governo del precedente amministratore Carly Fiorina.
Questa l’analisi che emerge dal parere di alcuni analisti che nel corso della giornata di ieri hanno presentato un resoconto con il quale spiegano ai loro clienti i possibili retroscena del divorzio tra Apple ed HP.
Uno dei problemi principali sarebbe stato, come accennato, la volontà da parte di Apple di avvicinare nuovi canali vendita rendendo iPod più ‘popolare’ anche sotto questo punto di vista. Uno di questi nuovi canali, Radio Shack (più di 7000 negozi sul territorio degli USA) era già stato utilizzato da HP per vendere i suoi iPod rimarchiati e l’apparizione dell’iPod ‘originale’ avrebbe prodotto una turbolenza che ha di fatto messo in grave difficoltà la casa di Hurd. Secondo Shaw Wu di American Technology Research questo sarebbe stato un grave problema nelle relazioni tra le due società e una delle cause scatenanti della conclusione dell’accordo.
Da parte sua, però, HP avrebbe colpe precise. La principale è stata l’incapacità di portare iPod al di fuori degli USA, in mercati dove avrebbe potuto contare su una concorrenza meno forte da parte di Apple. Questo è il parere di Charles Wolf di Needham. Wolf però attribuisce anch’egli una rilevanza determinante all’accordo con radio Shack: ‘Apple ‘ dice l’analista ‘ si è resa conto di avere dei canali ridondanti’; questo, sommato al fatto che HP non ha avuto la possibilità da parte di Apple di applicare la riprotezione dei prezzi sui pezzi a magazzino, ovvero la possibilità di scontare il costo a vecchi prodotti quando i prezzi fossero scesi, ha determinato un contrasto che si è dimostrato insanabile.
HP non è stata neppure in grado, dice ancora Woolf, di inventarsi qualche strategia accattivante, limitandosi ad una fumosa e poco incisiva commercializzazione di etichette adesive per la personalizzazione. Davvero troppo poco per incentivare l’acquisto di un prodotto del tutto identico, per il resto, a quello venduto da Apple.
Wu non esclude neppure che una parte importante l’abbia avuta anche la volontà di Hurd e del management di sciogliere un altro degli assetti strategici voluti da Carly Fiorina, oggi in gran parte caduti in disgrazia presso la nuova dirigenza che sta cercando di rinnovare l’intero orizzonte di HP, de-carlyfizzando la società .
In ogni caso, lo scioglimento del patto, al di là delle occasioni perdute, non rappresenta una grave perdita per nessuna delle due parti, anche se qualche rischio sussiste.
A breve termine Apple dovrà e può trovare una strada per raggiungere quei mercati, soprattutto quelli esteri, che avrebbe dovuto raggiungere HP. In questo dovrà operare in maniera molto aggressiva.
HP, da parte sua, ha l’handicap di non poter entrare sul mercato subito con un player, per effetto dell’accordo con Apple. Il fatto di non poter far valere fin da subito il suo peso in un contesto molto recettivo come quello attuale potrebbe essere un rischio. La casa di Palo Alto, in ogni caso, dice Wolf, ha le potenzialità per recuperare l’arretrato tecnologico e potrebbe farcela in breve tempo quando, a partire dalla primavera del 2006, potrà lanciare prodotti con il suo marchio.