Il rilascio di Safari è solo una prima, e presumibilmente piccola, parte della strategia di Apple nel campo del navigatore di Internet. Il browser “stand alone”, infatti, pare essere solo un primo passo di qualche cosa che condurrà Apple ma anche le terze parti ad esplorare nuovi confini nell’utilizzo della rete.
A lasciarlo intuire sono alcune dichiarazioni rilasciate ieri dai manager di Cupertino che hanno chiaramente detto come in futuro sempre più applicazioni potranno beneficiare della presenza di un browser “proprietario”.
Uno dei sistemi che verranno utilizzati sarà l’integrazione di Safari direttamente all’interno del sistema operativo.
Il motivo di questa scelta, secondo Oren Ziv, responsabile del mercato della creatività per l’Europa, è semplice: “consentire a tutti gli sviluppatori l’accesso alle funzionalità di Safari da altre applicazioni, senza obbligare a scrivere un modulo per la navigazione di Internet”.
In prospettiva si potrebbe quindi immaginare il rilascio di software in grado di basare sulla rete alcune, o tutte, le loro funzionalità sfruttando l’engine di rendering di Safari. Più ancora si potrà immaginare un sistema operativo che comunicherà in maniera dinamica e costante con la rete, utilizzandone le risorse per i compiti più disparati e alla quale si potrà accedere in maniera completamente trasparente.
Questo orizzonte diventa particolarmente interessante e spinge ad immaginare, con l’inevitabile arrivo della banda larga e della connessione costante in tutte le case, un OS e un universo di applicazioni che si fonderanno in maniera massiccia su Internet, sia per lo scambio di informazioni ma potenzialmente anche per alcune se non in qualche caso tutte le loro funzionalità .
La scelta di integrare il browser nel sistema operativo, lo ricordiamo, è stata già percorsa da Microsoft con il suo Internet Explorer ed è stata al centro di numerose polemiche e discussa anche nel corso del ben noto processo per esercizio illegale del monopolio. In realtà , però, è bene precisare che Microsoft non venne messa sul banco degli accusati per avere incluso Internet Explorer in Windows, ma per avere contestualmente impedito o reso difficoltoso, con varie strategie che si fondavano sul suo strapotere nel campo dei sistemi operativi, l’uso di browser concorrenti.