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Apple Store; la grande trasformazione è in atto

C’è una trasformazione in corso. Sono gli Apple Store che stanno diventando qualcosa di più che non semplici negozi. E non è questione di fatturato o numero di punti vendita. E’ una trasformazione che coinvolge tutti gli appassionati negli Usa e in Giappone, ma che presto toccherà  anche quelli europei e, perché no, anche gli italiani.

Non parliamo tanto del fatto che Apple abbia deciso di iniziare a rinnovare gli Apple Store, a partire dai primi aperti, ritinteggiando le pareti, aggiornando la disposizione degli stand, cambiando il parquet chiaro con pavimenti di pietra toscana. E neanche della decisione di far finalmente partire la strategia di apertura di negozi al di fuori dei confini statunitensi.

No, la maggiore novità  che sta avvenendo nel mondo del retail di Apple, un settore che viene economicamente calcolato nei bilanci di Cupertino come una regione a sé stante e che contribuisce per il 15% del fatturato complessivo dell’azienda di Steve Jobs, è un’altra. Sta tutta nel fatto che ogni giorno entrano più di mille persone in ciascuno dei 78 negozi, e il trend non mostra alcun segno di flessione.

“Perché alla gente piacciono i nostri retail stores? – si chiedeva retoricamente poche settimane fa Ron Johnson, senior vice-president responsabile dei negozi di Apple, durante l’inaugurazione dell’Apple Store di San Francisco – Piacciono perché abbiamo creato qualcosa che è più di un semplice negozio. Questi posti sono parte della comunità . Non è solo uno spazio dove comprare, è un posto dove ritrovarsi. I nostri negozi sono veramente accoglienti per tutti”.

Lo spirito dell’innovazione di Apple, infatti, si è proiettato anche su una delle più felici intuizioni per l’azienda di Cupertino. Dall’idea primigenia, ovverosia quella di costruire una catena di negozi per poter finalmente dare l’opportunità  alle persone di provare e toccare con mano la superiorità  dell’hardware e del software di Apple, l’evoluzione è stata quasi naturale ma assolutamente non scontata: realizzare il punto di incontro di una comunità , quella degli utenti Mac, in costante allargamento.

Se infatti la costruzione delle tecnologie, sia hardware che software è orientata a principi di uso e di senso, anziché di mera velocità , potenza, costo, allora quale modo migliore per rispecchiarne il significato che non farle vivere in prima persona a tutti: utenti, potenziali clienti e semplici curiosi?

Dopotutto, se è vero quello che dicono i pubblicitari, e cioè che non bisogna vendere la bistecca ma lo sfrigolio della carne sulla griglia, che vale cioè di più l’emozione che si viene a generare durante l’esperienza dell’acquisto che non la cosa di per sé, allora l’Apple Store (per chi ha avuto la fortuna di vederne uno) rappresenta il luogo in cui mostrare e al tempo stesso mantenere le promesse.

Guardiamo solo tre punti, per capire perché Apple sta facendo evolvere in senso comunitario, come luogo in cui ci si ritrova per vivere una esperienza che non è necessariamente solo quella dell’acquisto ma una più ampia di costruzione del senso, quella che per molti sarebbe immaginabile solo come un punto vendita.

Primo, Airport. Con questa tecnologia Apple non solo ha introdotto il wireless nel mondo (la tecnologia ovviamente già  esisteva, ma non solo Apple ha scelto e promosso quella più semplice ed efficace, ma anche fatto azione di lobbying per fare in modo che il Governo americano concedesse le licenze per l’uso delle radiofrequenze abilitando così di fatto il mercato per tutti) ma anche una serie di modi uso e in ultima analisi uno spirito.

Lo spirito è quello senza fili e cioè senza confini, senza limiti: la libertà  del collegamento, la fine della schiavitù da cavi e cavetti, lo stile di vita dei nomadi digitali. Nei negozi Apple la connessione senza fili c’è, non è protetta e i visitatori (dunque non i soli clienti) sono invitati a provarne gli effetti sia sui computer in sala (che non hanno alcuna limitazione, a differenza delle file di Pc esposte nei negozi dei distributori, storicamente bloccati con la password dello screensaver: si può vedere ma non si può toccare) che con i propri portatili. Liberi di chattare, controllare la mail, navigare il web. Come la promessa fatta presentando il prodotto Airport.

Secondo, videochat. Ne abbiamo anche scritto in un articolo durante il MacWorld di San Francisco: Settimio Perlini, dal tinello di casa sua ha potuto chattare in video con gli inviati di Macity. Senza limiti, senza bisogno di particolari e complesse procedure di settaggio (basta inserire l’username e la password) e la piccola ma meravigliosamente potente ed efficiente iSight ha fatto il miracolo. Dalla costa Ovest degli Usa alla costa Est italiana in una comunicazione immediata, cioè senza altre mediazioni. Un’altra promessa di tecnologia rivoluzionaria mantenuta subito, direttamente nel negozio.

Terzo, la musica. Qui le promesse sono tantissime. Ma riassumibili fondamentalmente in una: libertà . La libertà  di Rip. Mix. Burn! come prometteva la prima campagna che ha lanciato l’iPod negli Usa. Ma anche la promessa di iTunes, la potentissima iApp gratuita di Apple e disponibile sia per Mac che per Pc. E adesso anche GarageBand, cioè la possibilità  non solo di organizzare e gestire la propria musica o di comprarla nel negozio di maggior successo sulla rete, l’iTunes Music Store. Ma anche di crearla, con semplicità , linearità , facilità  ma al tempo stesso con tutta la potenza di un sequencer coi fiocchi. Promessa mantenuta: iTunes e GarageBand sono sui computer, gli iPod lì accanto con le cuffie già  pronte per provarne la potenza audio. E c’è tutto il tempo per creare una canzone, aggiungerla a quelle già  presenti, passarle all’iPod, riascoltarle in cuffia. Un’altra promessa mantenuta.

Per questo, con tutta probabilità , gli Apple Store rappresentano una novità  assoluta nel mondo retail. Per un supermercato vorrebbe poter dire scegliere cosa comprare, cucinarlo nel settore arredamento, portarlo su un luminoso tavolo da pranzo e mangiare in allegria con gli amici. Per una concessionaria d’auto vorrebbe dire poter viaggiare con i modelli esposti, e per una agenzia viaggi vorrebbe dire far volare i propri clienti a vedere di persona le più belle località  turistiche.

Negli altri negozi non è così: la carne rimane incellofanata e illuminata con astuzia, i mobili chissà  come mai sono sempre più belli da Ikea che non a casa propria, nell’agenzia si trovano depliant degli alberghi e nella macchina a malapena ci si può sedere al posto di guida. E’ così anche per i computer, di solito, ma non per i Mac. Per questo gli Apple Store si stanno trasformando in qualcosa di differente da un semplice pret-à -porter dell’informatica. Ci sono gli eventi, il piccolo teatro per le sessioni informative, gli angoli dove ritrovarsi, concerti e demo di professionisti del settore della creatività  che provengono dalla comunità  locale, il Genius Bar per risolvere i piccoli problemi di installazione o di upgrade delle macchine.

Parafrasando una pubblicità  dei primordi dell’informatica: “Atari, ora che ce l’hai, guarda che ci fai”, nei negozi Apple si può dire semplicemente “hai visto quante cose ci stiamo facendo?”, senza essere obbligati a comprare niente. Perché la libertà  di scegliere è l’ultima, grande libertà  per i visitatori di uno spazio e una delle linee guida dell’azienda che ha sempre “pensato in modo differente” e odiato i monopoli “innaturali” dei sistemi operativi, scegliendo non a caso di sposare un sistema OpenSource come Unix FreeBSD.

Per questo speriamo che presto, molto presto, sia possibile anche per i potenziali visitatori italiani avere la possibilità  di provare cosa vuol dire entrare in un Apple Store. Sia per gli utenti Mac, che finalmente si sentiranno a casa, sia per quelli del mondo Pc, che capiranno – se non è troppo tardi per loro – che hanno una alternativa. E che alle volte le alternative sono meglio della strada scelta fino a quel momento.

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