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Commissione parlamentare USA: “Apple ha cercato il Sacro Graal dell’elusione fiscale”

«Apple ha cercato il Sacro Graal dell’elusione fiscale. Ha creato entità off shore che hanno generato profitti per decine di miliardi di dollari, pretendendo che fossero apolidi dal punto di vista del pagamento delle tasse» Ecco la pesante accusa riversata su Cupertino da Carl Levin, presidente commissione del senato, un organismo rigorosamente bipartisan che sta indagando sui sistemi con cui le aziende americane evitano di pagare le imposte sul suolo americano.

L’indagine conoscitiva, non una inchiesta che mira a sanzionare l’azienda di Cupertino ma una ricerca che intende chiarire al governo perché e soprattutto come le grandi corporations americane si industriano per aggirare, spesso nella piena legalità ma provocando danni enormi all’erario americano, le normative fiscali USA, è balzata agli onori della cronaca perché Apple è considerata un esempio “luminoso”, un caso tanto esemplare che il suo CEO, Tim Cook, è stato chiamato a spiegare le pratiche seguite da Apple di fronte ad un panel rigorosamente bipartisan.

Il documento prodotto è molto dettagliato e in gran parte molto tecnico, ma alcuni aspetti sono perfettamente chiari anche ai profani. La chiave delle operazioni condotte da Apple è stata la creazione di sussidiarie che non hanno alcuna nazionalità precisa e questo ha consentito all’azienda americana di cancellare la stragrande maggioranza dei costi in tasse. Un esempio è Apple Operations International, basata in Irlanda, paese dove Cupertino ha negoziato tasse per meno del 2% (invece del 35% che dovrebbe pagare negli USA), che ha generato un profitto di 30 miliardi di dollari tra il 2009 e il 2012. AOI non ha dichiarato un nazionalità fiscale e non ha pagato tasse in nessuna nazione.

Un’altra entità, Apple Sales International, prima del 2012 era una sorta di scatola vuota, senza dipendenti e con due dei suoi tre dirigenti residenti negli USA. Tutti e 33 i suoi consigli di amministrazione si sono tenuti negli Stati Uniti, ma la società è basata in Irlanda, compra prodotti in Cina e li rivende alle filiali Apple e trattiene i profitti che genera. ASI avrebbe sottratto alla visibilità dell’erario americano 74 miliardi di dollari in profitti dal 2009 al 2012; nel solo 2011 ASI avrebbe generato 22 miliardi di dollari di guadagno ma ha pagato solo 10 milioni di tasse, lo 0,05% del totale. Usando altri sistemi di elusione Apple avrebbe evitato di pagare nel 2012, accusa la commissione, 9 miliardi di dollari in tasse.

Apple, poco prima della pubblicazione del rapporto, aveva pubblicato sul suo sito una sorta di memoria difensiva ribadendo quanto aveva già sostenuto in precedenza e in particolare di essere la più grande contribuente tra le aziende USA, versando da sola un quarantesimo di quanto pagano in tasse tutte le aziende americane. Apple nega di avere usato società offshore per trarre profitti dalle sue proprietà intellettuali, di usare sussidiarie per finanziare le sue operazioni domestiche, di avere denaro nelle isole dei Caraibi e di avere conti alle Cayman. Apple giustifica la liquidità collocata all’estero con la necessità di finanziare la sua attività che si svolge per il 61% al di fuori dagli USA, e ribadisce di avere dato enormi benefici all’economia americana creando 600mila posti di lavoro di cui 50mila sono impiegati direttamente.

Affermazioni che non hanno smosso le opinioni della commissione, come certificano le dure parole di John McCain, deputato repubblicano e già candidato alla presidenza degli USA che fa eco al democratico Carl Levin, che aveva parlato, appunto, di Apple alla ricerca del Sacro Graal dell’eslusione. Secondo McCain, «Apple sostiene di essere il più grande contribuente americano, ma per le sue semplici dimensioni è anche il più grande elusore fiscale. Una società che ha avuto successo sfruttando l’ingegno americano e le opportunità che gli sono state offerte dalla nostra economia, non dovrebbe destinare all’estero i suoi profitti per evitare di pagare le tasse con il preciso scopo di deprivare il popolo americano di quel che gli spetta»

La battaglia tra Apple e la commissione dovrebbe entrare nel vivo domani, martedì, quando di fronte ai deputati siederanno per presentare la loro posizione posizione Tim Cook, Peter Oppenheimer e il responsabile delle operazioni fiscali Phillp Bullock.

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