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La crisi è anche nella pubblicità 

Un vero e proprio crollo. Non si può definire altrimenti il ridotto numero di società  con un business prevalentemente su Internet ad acquistare spazi pubblicitari nel corso del Super Bowl. Lo scorso anno le società  “dot com” avevano letteralmente fatto man bassa degli spot che occupano i tempi morti della finale del campionato americano di Football rappresentando un 40% delle pubblicità , quest’anno invece si contano sulle punta delle dita di una mano e non superano il 10%.
Il taglio netto, inutile dirlo, è dovuto alla riduzione dei profitti che impedisce per molte aziende investimenti così costosi come quelli necessari per mandare in onda uno spot nel corso dell’evento sportivo più seguito d’America. Oltre a ciò nessuno intende versare milioni e milioni di dollari per avere un ritorno incerto, visto che i consumatori non paiono così entusiasti in questo momento di travasare i loro guadagni nelle tasche delle società  del business elettronico.
“In realtà  – ha detto Robert Labatt – ci sono stati errori piuttosto grossolani nella strategia delle società  “dot com” anche nel settore pubblicitario. Chi lancia un prodotto o un servizio nel corso del Super Bowl deve fare seguire all’annuncio anche una campagna di marketing sufficientemente incisiva per diffondere ulteriormente la riconoscibilità  di quello che ha mostrato a tutti i consumatori americani. Lo scorso anno non è stato così e il ritorno di chi ha investito milioni di dollari non c’è stato”. Un errore che è stato pagato caro visto che alcune delle società  che lo scorso anno fecero la loro comparsa nel corso del Supe4r Bowl sono addirittura fallite. E’ il caso di Pets.com o Epidemic Marketing.
Ricordiamo che il più famoso degli spot mai presentati durante un Super Bowl è il notissimo “1984” di Apple. La pubblicità  che servì a presentare il Macintosh ancora oggi viene considerata un esempio tra i più brillanti al mondo per il lancio di un prodotto.

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