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Francia, forze dell’ordine possono attivare fotocamera e microfono smartphone da remoto

Mentre continuano le proteste in Francia, infiammate per l’uccisione di un diciassettenne, pochi giorni addietro a Nanterre da parte di un poliziotto, è stata nel frattempo approvata una legge che consente alle forze dell’ordine di accedere da remoto a fotocamera, microfono e GPS su smartphone e altri dispositivi di persone sospette.

Lo riferisce Le Monde evidenziando che la normativa è stata criticata in patria, vista come legge “ficcanaso”, che permetterà alle forze dell’ordine di spiare i cittadini.

La controversa legge era contenuta in un disegno di legge Giustizia approvato dal Senato e che stabilisce che le Autorità transalpine hanno la facoltà di disporre dell’attivazione da remoto di telecamere e microfoni sugli smartphone degli utenti, all’insaputa degli interessati.

L’obiettivo è geolocalizzare gli utenti in tempo reale e consentire l’acquisizione di immagini e suoni a distanza. Il legislatore ha previsto l’uso di questi strumenti per il contrasto dei reati più gravi (in altre parole quelli punibili da un minimo di 5 anni di reclusione), ad esempio nell’ambito di indagini relative ad operazioni di antiterrorismo e nella lotta alla criminalità organizzata.

Secondo il ministro della giustizia Eric Dupond-Moretti, le nuove disposizioni riguarderanno “poche decine di casi l’anno”. Nel corso del dibattimento per l’approvazione, è stato aggiunto un emendamento che obbliga il giudice ad approvare misure di sorveglianza nell’ambito del disegno di legge e limitare la durata del periodo di sorveglianza a sei mesi.

In precedenza L’Observatory of digital and digital freedoms (OLN) ha criticato il provvedimento evidenziando che qualsiasi dispositivo mobile diventa automaticamente un potenziale strumento di sorveglianza di massa, e anche altri osservatori ritengono la disposizione “sproporzionata”, rischiando di aprire le porte a modalità operative che possono avere un impatto fortemente negativo sulla privacy dei cittadini.

L’attivazione in remoto di microfono, fotocamera e GPS dello smartphone è teoricamente possibile installando uno spyware che, eseguito sul telefono, permette di controllare una vasta serie di funzionalità.

E in Italia?

In Italia dal 2017 possono essere usate applicazioni di monitoraggio degli utenti, in gergo “captatori informatici”, malware di stato che è possibile inoculato nel dispositivo (es. smartphone, computer, tablet) della persona sottoposta alle indagini, e registrare le varie attività.

L’art. 267 comma 2 bis del codice di rito sancisce che: «Nei casi di cui al comma 2, il pubblico ministero può disporre, con decreto motivato, l’intercettazione tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile soltanto nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater e per i delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell’articolo 4 (…)».

La Corte di Cassazione si è già pronunciata sull’uso di questi sistemi, delineando i confini di impiego e fattispecie di reato cui è applicabile.

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