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I curatori di ‘€œSteve Jobs. 1955-2011’€: «Raccontiamo l’€™uomo attraverso le sue idee ed i suoi sogni»

Il contesto culturale in cui è cresciuto, le sue passioni, le letture preferite, i dischi che ascoltava, le sue strane fissazioni che hanno contribuito a creare negli anni una vera e propria mitologia fatta di aneddoti e racconti. E’ questo, infondo, il centro della mostra “Steve Jobs. 1955-2011” : il racconto di un uomo attraverso le idee e i sogni che è riuscito a trasformare in realtà, cambiando la sua vita e, almeno un poco, la vita di tutti noi.

«Quello che ci interessava era proprio questo – raccontano Massimo Temporelli e Cecilia Botta, curatori della mostra -. Non solo esporre computer d’epoca o device informatici rivoluzionari, ma raccontare l’origine di questa rivoluzione: la straordinaria immaginazione visionaria di un uomo per molti versi straordinario». Ecco perché il visitatore, come prima cosa incontra il garage nel quale nacque la Apple Computer e il furgoncino Volkswagen che il giovane Steve vendette per finanziare la costruzione della prima macchina. «Volevamo ricostruire il contesto sociale e storico nel quale Jobs si era formato. Il sapore di quella controcultura della quale si è abbeverato da adolescente», prosegue Temporelli.

Ad occuparsi di questi primi anni è stata Cecilia Botta, vera e propria cacciatrice di cimeli originari. «Abbiamo ricostruito la discoteca privata di Jobs: le sue canzoni preferite nei vinili originali che abbiamo acquistato in America. Primi fra tutti quelli di Bob Dylan, che lui ascoltava per ore insieme al suo amico (e cofondatore  di Apple) Steve Wozniak». Botta ha utilizzato le fonti più diverse: interviste originali, racconti raccolti su giornali e blog e soprattutto l’unica biografia autorizzata, appena uscita nelle librerie italiane, scritta da Walter Isaacson.
E così in mostra ci sono pure i libri che ne hanno segnato la personalità e la sua profonda ricerca spirituale, iniziata poco più che ragazzo e mai finita. «Testi di filosofia Zen e buddista, ma anche libri di diete vegetariane spinte e bizzarre, come la famosa dieta “antimuco”». Il tributo allo Zen, invece, è nella scelta minimalista dell’allestimento, «abbiamo costruito un vero e proprio tempio Zen per Steve Jobs», aggiunge Temporelli.

Ma la controcultura e la formazione spirituale di Jobs sono presenti in tutta la mostra, come in una filigrana. «In realtà – spiega ancora Temporelli -, Jobs non attraversò una “fase hippy”. Restò hippy e sognatore per tutta la vita. Lo ricordiamo nelle frasi che abbiamo messo vicino ai suoi prodotti, come quella del Lisa: “lasceremo un’ammaccatura nell’universo”. Non si tratta di slogan di marketing, ma dell’entusiasmo di un imprenditore che non misurava il suo successo da quanti soldi aveva in banca, ma dal cambiamento che riusciva a mettere in moto. Anche le spigolosità del suo carattere sono forse riconducibili a questo aspetto: vedeva meglio di altri l’obiettivo. Era come un treno in corsa, o ti trascinava con sé o ti scagliava via».

Insomma, come avrebbero detto i ragazzi del maggio francese, un uomo che è stato realista e ha chiesto l’impossibile. O come direbbe lo stesso Steve Jobs, che ha scelto con coerenza e costanza per tutta la vita il Think Different.   

Macitynet parla di “Steve Jobs. 1955-2011”  anche qui, con la presentazione ufficiale e qui, con una galleria.

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