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Sperimentate le prime batterie auto rigeneranti

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Al giorno d’oggi la gara per il miglior smartphone passa anche per la durata e la qualità della batteria. Tra le caratteristiche che gli utenti valutano all’acquisto di un nuovo terminale c’è anche la durata della batteria. Sull’autonomia per il momento rimane ancora spazio per miglioramenti, lo stesso vale per le qualità intrinseche dell’accumulatore. Gli scienziati, infatti, hanno da sempre guardato con favore al silicio, apprezzato per la sua capacità di trattenere l’energia durante la carica. Il materiale in questione, però, ha un inconveniente piuttosto significativo: tende ad espandersi durante la ricarica, così da causare delle crepe in superficie, tanto da rendere la batteria inutile con il tempo.

A ben pensarci, la batteria diventa elemento ancor più importante in uno smartphone, se si considera che molti attuali dispositivi in commercio, tra cui tutti gli iPhone, hanno una batteria incorporata, che ne rende la sostituzione non immediata e intuitiva. Così, avere una batteria duratura nel tempo, diventa di primaria importanza. In questo senso, aiuta sicuramente la scoperta degli scienziati del laboratorio SLAC di Stanford, portata alla luce da Nature, che hanno sviluppato elettrodi di silicio che si auto riparano, ispirati alle più recenti scoperte in tema di pelle robotica e, simili per certi versi, al corpo umano. Così, le batterie del futuro potrebbero essere create con polimeri di silicio con deboli legami chimici che si attraggono l’un l’altro quando si formano crepe sul rivestimento, permettendogli di ritrovare la forma originaria in poche ore. Il team è riuscito a raggiungere il rispettabile risultato di 100 cicli di scarica con una batteria che utilizza tale materiale. Certamente si tratta di un inizio promettente, anche se si è ancora lontano dal traguardo prefissato a 3.000 cicli di ricarica.

Insomma, la capacità di riparare i danni spontaneamente, che in natura è semplicemente conosciuto come il processo di auto guarigione, prerogativa del corpo umano, potrebbe presto raggiungere anche le batterie di smartphone o, più in generale, di diverse apparecchiature elettriche.

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