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Test: un iMac in famiglia come hub dello stile di vita digitale e multiutente

Che senso ha mettersi in casa un iMac adesso che tutti viaggiamo con MacBook e iPad sempre più potenti? Perché “tornare” al buon vecchio computer fisso, seppure leggero ed elegante come l‘all-in-one di Apple? Potenza da vendere ne hanno anche gli altri dispositivi.

Ma avere un “computer locativo”, che è spazialmente collocato, un po’ come un numero di telefonia fissa, apre la strada a molti altri utilizzi. Macitynet ha deciso di provarci: vediamo cosa succede mettendo in casa a uno dei redattori un iMac 21.5 di ultima generazione e creare account condivisi per tutta la famiglia. Perché il segreto è uno dei punti di forza di macOS: la multiutenza. Ma niente spoiler, e vediamo com’è andata.

Il Digital Hub 18 anni dopo

Un iMac come hub dello stile di vita digitale e multiutente

Tra il 2001 e il 2009 il fatturato di Apple passò da 6,5 a 42,3 miliardi di dollari: una crescita incredibile, di più del 550%. Merito certamente di alcuni prodotti molto azzeccati (iMac, iPod e PowerBook), di servizi notevoli (iTunes Music), di una leadership fenomenale (dal 1998 Steve Jobs aveva ripreso le redini dell’azienda), di uno stile unico (la matita morbida e colorata di Jony Ive), della creazione della catena di negozi di proprietà. Ma il vero merito fu quello di aver definito la strategia giusta nel momento giusto. E quella strategia era il “Digital Hub”.

A gennaio del 2001 la stampa parlava ininterrottamente di morte del PC, con una pletora di piccoli apparecchi elettronici che facevano molte cose diverse (lettori Dvd, Cd player, Pda, camcorder digitali, i primi telefoni cellulari). L’idea dominante era che i dinosauri-PC si sarebbero estinti e avrebbero lasciato il passo ai mammiferi-gadget, piccoli apparecchi monouso leggeri e potenti.

Poi il 9 gennaio Steve Jobs salì sul palco e presentò la sua idea di futuro, dentro la quale stiamo ancora vivendo. L’idea che ci fosse un hub digitale, con un centro e dei raggi che puntavano ai vari apparecchi periferici. Il “cuore” all’epoca era il Mac: l’iMac per il mondo consumer e il Mac Pro per quello professionale. Il Mac come centro e il software e gli hardware appropriati per lo stile di vita digitale.

Digital Lifestyle nel 2019

Un iMac come hub dello stile di vita digitale e multiutente

Avanti veloce e arriviamo al 2019: la situazione è apparentemente cambiata. Certo, adesso tutti gli oggetti sono sempre più smart: dall’Apple Watch che tra poche settimane guadagna il suo App Store da polso, all’iPad che ha un suo sistema operativo sempre più autonomo e alternativo a quello del Mac. L’Apple Tv fa da media center, da televisione smart, ma anche da hub per la domotica di Apple. E l’iPhone da tempo si è emancipato dal suo bisogno di connettersi a iTunes: prima ha tagliato il cordone fisico-ombelicale del cavetto e adesso sta edipicamente per seppellire iTunes stesso, che dalla prossima versione di macOS in arrivo dopo l’estate si disincarna.

Sembra che il centro dello stile di vita digitale non esista più. Oppure che si sia trasformato in qualcosa d’altro. La risposta è nel cloud (anzi, in iCloud) nelle tecnologie che adesso legano i vari apparecchi collegati al medesimo account (AirDrop, Handoff) e in Siri. Lo stile di vita digitale esiste ed è sempre più strutturato attorno a un ecosistema di prodotti hardware, software e servizi, che Apple sta continuando a organizzare in una lenta ma costante e appagante transizione. Però c’è un aspetto che viene poco esplorato.

Metti un iMac in soggiorno

Un iMac come hub dello stile di vita digitale e multiutente

Il prodotto della riscossa di Apple, vent’anni fa, è stato l’iMac. Nel 1998, quando Steve Jobs aveva appena ripreso le redini di Apple lanciò la prima generazione di iMac, disegnata da Ive. Furono una sensazione e rimisero i conti di Apple a posto. Se poi Apple è stata anche la prima azienda a capire che il computer diventata portatile (fu di gran la prima a vendere più computer portatili che da scrivania), e se i professionisti hanno aspettato a lungo che finalmente arrivasse un Mac Pro all’altezza dei tempi, l’iMac non ha mai perso un colpo.

Per questo ci siamo chiesti: cosa succederebbe se mettessimo per un mese in casa di un redattore di Macity che vive ormai da anni in modalità “mobile”, un iMac 21.5? Giornalista, moglie e bimbi piccoli (troppo per usare da soli un computer, ma poi vedremo che le soluzioni ci sono) si sono dedicati così all’esperimento.

L’iMac scelto è il modello che ci possiamo aspettare in una casa normale cioè con un potere di spesa ragionevole: un iMac Retina 4K con schermo da 21.5 pollici del 2019, processore Intel Core i5 da 3 GHz, 8 GB di Ram DDR5 da 2667 MHz, scheda grafica Radeon Pro 560X con 4 GB di memoria e un disco Fusion da 1 Terabyte. Sistema operativo: Mojave, all’ultima versione disponibile (10.14.5) per un totale di 1.749 euro.

Diciamo subito che se avessimo configurato questo computer al momento dell’acquisto – e non per una prova limitata nel tempo – avremmo sicuramente investito 360 euro per un SSD da 512 GB (totale: 2.109 euro) al posto del disco Fusion, che ha una performance non inferiore al disco alo stato solido. Consigliamo vivamente chi intende comprarlo di fare lo stesso.

A parte questo, l’iMac della prova è un computer praticamente perfetto per l’utilizzo casalingo e semi professionale: il processore è generoso (nella migliore tradizione Apple: non serve neanche sapere quale sia perché fa tutto quel che gli si chiede senza problema), lo schermo è davvero notevolissimo per qualità e dimensione (il 4K è notevole ma al tempo stesso non è troppo grande che ci si “perde dentro”), e l’ingombro alla fine è minimo. Il design dell’iMac, che non cambia da alcuni anni, è quello di un classico che “arreda”. In salotto sta davvero bene. L’iMac arriva con tastiera Apple Magic Keyboard compatta e con il Magic Mouse 2, ma si può in alternativa selezionare un Magic Trackpad 2 (o entrambi).

Lo scopo della prova è stato vedere se è possibile riorganizzare la vita famigliare e lavorativa inserendo nel mix di apparecchi tutti portatili di Apple anche l’iMac e in che modo. La metà maschile della famiglia ha un MacBook Retina 12 pollici, un iPhone XR e un iPad Pro 11. La metà femminile un MacBook Air 13 e un iPad mini (niente smartphone: meglio un Nokia 3310 per telefonare e il mini sempre in borsetta per tutto il resto). Attaccato al televisore c’è anche una Apple Tv e sul router di casa una vecchia Time Capsule che fa backup e da media server casalingo.

Aggiungi un iMac

Un iMac come hub dello stile di vita digitale e multiutente

La prima parte, più interessante, è la configurazione della multiutenza. Soprattutto chi usa MacBook e iPad è oramai abituato, come con l’iPhone, ad avere un solo utente sul suo apparecchio. Nelle famiglie ognuno ha il suo computer. Ma in realtà uno dei punto di forza di macOS è proprio la multiutenza, cioè la possibilità di creare più utenti.

Il procedimento è stato facilissimo. Dopo aver installato il primo utente (Antonio) e configurato quel che serve (nel caso del vostro cronista: iCloud, Dropbox, Homebrew) dal pannello Utenti e Gruppi delle Preferenze di Sistema basta aggiungere un nuovo utente scegliendo il nome, la password e il livello di privilegi per la gestione della macchina. I livelli possibili sono quattro: Amministratore, Standard, Gestito con Controlli Parentali, Solo condivisione. Abbiamo scelto di avere due utenti entrambi amministratori e di non aprirne uno per i bambini perché entrambi ancora all’asilo e quindi comunque troppo piccoli per accedere al computer da soli.

Il primo avvio del secondo utente è stato ancora più rapido del primo e, dopo aver configurato iCloud, è stato Dropbox a dare un problema software che è stato poi risolto reinstallando l’app. Non c’è stato bisogno di installare nuovamente né gli strumenti di riga di comando di Xcode né Homebrew perché, pur essendo una aggiunta al sistema operativo, sono a disposizione di tutti gli utenti della macchina così come le altre app.

Alla fine della doppia configurazione la situazione era molto semplice: gli utenti Antonio e Violetta sull’iMac hanno entrambi una loro cartella Home con il simbolo della casetta (per l’utente attivo nel sistema) e il loro nome come etichetta, contenuta nella cartella Utenti presente all’interno del disco di avvio. All’interno sono contenute tutte le configurazioni specifiche di ciascun utente e i dati. Ad esempio, le cartelle Dropbox o iCloud Drive sono contenute all’interno di questo spazio, nel quale gli altri utenti non possono entrare. Invece, le app contenute nella cartella Applicazioni dentro il disco di avvio sono in comune (dentro la cartella di ogni utente c’è un’altra cartella Applicazioni per i software installati specificamente per un singolo utente). Quando un utente avvia una determinata app, ad esempio Foto, vede solo le sue foto (la sua libreria è contenuta all’interno della home) e non quelle degli altri utenti.

Esiste infine una cartella, “Condivisa”, che è comune a tutti gli utenti dello stesso Mac e che può essere messa ad esempio come Alias sulla scrivania per passarsi rapidamente dei documenti. In famiglia, per poter accedere ai documenti comuni su dispositivi diversi si adopera invece Dropbox con delle cartelle condivise, dato che finora iCloud non offre un sistema di condivisione delle cartelle (che arriva però con macOS Catalina dopo l’estate).

Prove di coordinamento

Un iMac come hub dello stile di vita digitale e multiutente

Quando si mette un nuovo Mac in casa la prima cosa da fare è cercare di capire per come usarlo. Prima come singolo e poi come multiutenza. Per configurare l’iMac come ambiente di lavoro personale che non si sostituisca ma si aggiunga al portatile e all’iPad sono necessarie poche accortezze.

Gestione della posta, preferiti e pagine aperte di Safari, contatti e calendari, documenti sincronizzati. L’ecosistema di app di macOS e di iOS è già molto avanzato e si può tranquillamente creare un meccanismo per cui si scrive (iA Writer e Scrivener, a seconda dei bisogni), si fa di calcolo (Numbers) e si creano presentazioni (Keynote) senza soluzione di continuità. Anche la gestione dell’audio, che nell’iMac 21.5, messo in soggiorno diventa notevole: si può collegare allo stesso ricevitore Bluetooth a cui si collega l’Apple Tv e passare l’audio tramite l’amplificatore del soggiorno alle casse della libreria di casa. In pratica, musica, video e videogiochi diventano un’esperienza molto più interessante che su un semplice portatile.

Si aprono anche una serie di scenari interessanti per lavori più “muscolari” che sono scomodi con il MacBook Retina 12. Dalla conversione di vecchi video VHS già digitalizzati con Handbrake alla digitalizzazione come Alac di una pila di Cd audio rimasta in un angolo con dBpoweramp Music Converter (grazie al vecchio SuperDrive di Apple riesumato per l’occasione e ancora in ottima forma) alla riorganizzazione di alcuni vecchi dischi esterni di archivio, l’editing finalmente comodo di una tonnellata di foto di famiglia, fino ai buoni vecchi videogiochi, che ci stanno sempre bene.

Tuttavia, è anche nell’uso in maniera coordinata con MacBook Retina 12, iPad Pro 11 e iPhone XR che la flessibilità dell’ecosistema dà il meglio e sembra di essere davvero in una pubblicità della Apple. Ci si passano documenti e presentazioni da un computer all’altro entrando e uscendo di casa, addirittura si copia da una parte e si incolla dall’altra, con tutti i contatti, le note e le altre informazioni sempre allineate. Non abbiamo avviato l’opzione per salvare il contenuto della scrivania e della cartella documenti su iCloud e quindi abbiamo sempre fatto attenzione a dove salvare un appunto o una immagine appena presa e modificata, per evitare di scoprire che è rimasta “sull’altro computer”. Ma in realtà è un rischio residuale, perché l’integrazione è davvero molto completa.

To play or not to play

Un iMac come hub dello stile di vita digitale e multiutente

Per dovere di cronaca, a prezzo di un grande sacrificio personale, il vostro cronista si è anche immerso in una serie di partite con Rise of the Tomb Raider, Life is Strange e Total War: Three Kingdoms. Notti insonni per spirito di servizio che hanno portato però a un giudizio sereno e distaccato sulla capacità di gaming dell’iMac 21.5.

Praticamente si gioca a tutto, non ci sono stati problemi. Relativa lentezza nel caricamento di nuovi livelli soprattutto in Tomb Raider e Total War, ma per il resto la parte grafica, multimediale e del processore non ha mai manifestato alcun limite. Non è una Xbox o una Playstation (non vediamo l’ora però di poter utilizzare i controller originali di queste ultime con macOS Catalina) o un Pc da gamer ma per un utilizzo non casuale ma “normale” di gioco è perfetto.

Abbiamo fatto anche alcune sessioni straordinarie con due vecchi classici: Bioshock Infinite e Mafia II Director’s Cut giusto per vedere se non ci fossimo sbagliati, ma a quanto pare il responso è positivo: con l’iMac si gioca e ci si diverte.

Piccoli utenti crescono

Anche nelle attività con i bambini avere un Mac fisso è una notevole differenza rispetto al MacBook o all’iPad. Con quest’ultimo ci sono adesso moltissime applicazioni e spazi per giocare e imparare praticamente a tutte le età. Il Mac però ricompone l’esperienza di utilizzo, guidata con i genitori, e crea uno spazio famigliare dove si possono fare giochi assieme, dove vedere dei video senza bloccare la televisione del soggiorno, fare le prime attività di ricerca e di consapevolezza di utilizzo di un computer.

Anche la postura e la disponibilità in soggiorno, cioè in una zona accessibile da tutta la famiglia e non “isolata” come la camera o in un computer che è “di papà” o “della mamma” permette di creare con maggiore facilità regole di utilizzo, tempi e modi, in maniera che appare educativamente più corretta. L’inserimento di un iMac in famiglia, insomma, ha senso anche nei confronti dei bambini. È facile immaginare che, se avessero 3–4 anni in più, potrebbero avere tranquillamente una loro utenza gestita, dove poter accedere solo a determinate applicazioni, navigare solo in maniera controllata e poter svolgere in autonomia ma anche in sicurezza delle attività con il Mac senza bisogno di essere sempre accompagnati.

Un affare di famiglia

L’iMac in due, perché poi questo è stato l’uso di base del computer in prova, è un esercizio di stile prima ancora che di tecnologia. Cosa serve per collaborare e per riuscire a lavorare in una casa comune? Tanto per cominciare, un po’ di affiatamento: darsi il cambio quando il computer serve all’uno o all’altro. E poi sfruttare le caratteristiche chiave della multiutenza.

La prima è di avere le app in comune, che è una praticità non da poco anche perché basta che sia uno che si preoccupa di aggiornarle e mantenerle in ordine. Poi, mentre i due spazi utente vengono configurati in maniera completamente indipendente e separata, la cartella comune permette di passarsi qualsiasi documento serva (anche se la maggior parte dei passaggi di documenti di casa avvengono con Dropbox e iCloud). L’utilizzo di chiavette o altri supporti di memoria esterna è praticamente esaurito.

Infine, se serve passare da un utente all’altro senza però “sloggare” l’altro fermando il suo lavoro (il Mac riparte dallo stato precedente quando ci si ricollega, ma si perde comunque parecchio tempo) c’è l’opzione “Cambio utente rapido” che esiste da quasi dieci anni ma che è una delle più grandi invenzioni del mondo Mac.

Brevi lezioni di multiutenza

Un iMac come hub dello stile di vita digitale e multiutente

In pratica, in alto a destra compare il nome dell’utente attivo (in questo momento: “Antonio”). Se per caso arriva Violetta che vuole fare delle cose e non vogliamo perdere tempo a uscire da tutte le app che Antonio sta utilizzando o salvare i documenti aperti, basta aprire il menu e selezionare l’utente “Violetta”. In alcuni secondi (dipende dalla velocità del supporto di memoria: per questo un SSD è più rapido di un disco Fusion) lo schermo ruota verso sinistra e si passa all’altro utente. Violetta può fare ciò che vuole ma, attenzione, l’utente Antonio è sempre attivo.

A questo punto Violetta può decidere di uscire dal suo utente (eseguire il logout) e l’unico utente attivo rimane “Antonio”, a cui il vostro cronista si deve semplicemente ricollegare come se il computer fosse stato in stop. Invece, se si preferisce, è Violetta che può lasciare in stop il suo utente, cioè non sloggarsi, e passare la palla ad Antonio. La prossima volta il passaggio da Antonio a Violetta sarà ancora più rapido.

La comodità di questa modalità di utilizzo è quasi imbarazzante da quanto è efficace. Innanzitutto si può utilizzare l’iMac e poi lasciarlo in stop senza problema. Se l’altra persona si vuole loggare, non deve farci fare prima logout: è come avere a che fare con due computer diversi. Poi, si può passare da un utente all’altro in pochissimo tempo, se si lasciano entrambi attivi, con l’ulteriore sorpresa ad esempio che iCloud e Dropbox si aggiornano progressivamente e senza problemi. Infine, il rischio di conflitti nei dati, o di sovrapposizioni nell’utilizzo, è praticamente ridotto a zero.

Conclusioni: un ottimo computer che introduce la solita sindrome del reduce

Il commento al termine della prova da parte della moglie del cronista, che nella vita fa altro rispetto alle recensioni giornalistiche, è stato molto schietto: Adesso capisco perché vai in crisi quando termini una recensione di un buon prodotto. È proprio così, è la sindrome del reduce: per un mese hai la possibilità di utilizzare un’ottima macchina, con uno schermo eccezionale e un buon processore, dal design molto gradevole e completamente silenziosa. La tieni in soggiorno, dove dà un ulteriore tocco di eleganza. E poi ne devi fare a meno quando termina la prova e si deve restituire l’apparecchio. Ci vuole del tempo per riadattarsi alla vecchia realtà.

L’iMac è un oggetto per tutta la famiglia, si utilizza facilmente, è molto naturale passare da una utenza all’altra, si integra perfettamente con l’ecosistema degli altri prodotti Apple personali e la “colla” che tiene tutto assieme è iCloud, le varie modalità di passaggio delle informazioni “da vicino” (AirDrop e Handoff), Dropbox e le app disponibili sia per macOs che per iOS (che aumenteranno ancora di più nel prossimo futuro), e la potenza semplice ma efficacissima di una multiutenza che semplicemente non ha un problema o una ruvidità.

Diciotto anni dopo, riscoprire che la strategia del digital lifestyle con un hub al centro, nella forma di un iMac per la famiglia, funziona ancora alla grande, è una sorpresa più che piacevole. È la conferma di una visione che viene da lontano, ma che è stata meditata e costruita in maniera costante, arricchendo i nuovi prodotti con funzionalità pensate per tutto l’ecosistema e non per creare delle discontinuità.

Nella nostra prova la multiutenza è stata una rivelazione. Così come questo computer, che per un uso di questo tipo, familiare-smart diciamo, è perfetto. E non fatevi ingannare da chi sostiene che a questo iMac 21.5/2019 manca questo o quello. C’è tutto, a partire da una dotazione di porte di espansione ottima e un monitor fantascientifico. L’unica aggiunta in fase di configurazione al di sopra del modello base 4K i5 3 GHz, secondo chi scrive, è quella di configurarlo con un drive SSD da 512 GB. Acquistato quello (che non si sostituire dopo l’ordine, come del resto anche la RAM o la scheda video) siete a posto.

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