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iPod ed Apple tra icona ed anti-icona

Un sito che descrive gli utenti iPod come pecore. Scimpanzè con le cuffiette bianche, manifesti con uomini-burattino manovrati da un intreccio di cavi bianchi. La campagna organizzata da Sandisk irrompe sulla scena per colpire la concorrente Apple e il suo iPod portando all’attenzione degli utenti di tutto il mondo che ruota intorno alla Mela l’anti-pubblicità .

Il fenomeno, quasi sconosciuto in Italia, ha radici piuttosto recenti, ma sta conquistando grande credito a livello mondiale nell’ambito dei creativi dell’advertising che ne conoscono bene la forza suggestiva e stanno cercando di adattarne i moduli ai vari mercati mondiali.

Macitynet per parlare di anti-pubblicità  e di come questa particolare forma di annuncio bene si adatta al fenomeno iPod e ad Apple in generale, ha incontrato Massimo Scognamiglio, oltre che utente Mac della prima ora, uno dei pionieri dei new media in Italia e fondatore di xmedia società  che fece del cinema e dei progetti innovativi la sua bandiera con progetti per Coca Cola, Medusa e per mille altri. Alcuni suoi lavori di animazione furono pubblicati da Hot Wired.

«L’anti pubblicità  – ci dice Scognamiglio – nasce come fenomeno “politico-comunicativo” a metà  degli anni ’90. Paladina del movimento fu la rivista canadese AdBusters (www.adbusters.org/) che riunì intorno al concetto di “critica della società  attraverso i suoi stessi mezzi”, artisti, attivisti, copywriter, studenti. Ai suoi albori l’anti-pubblicità  attaccava con i loro stessi mezzi, il loro stesso linguaggio simboli concreti dell’economia moderna: Nike, Mcdonalds, Coca Cola. Successivamente si rivolse alla società  nella sua “globalità “. In questo senso questo sistema, che sfrutta la potenza di un simbolo e l’immagine di un prodotto, per ritorcere contro di esso la sua stessa forza, si adegua benissimo alla Mela che fa dell’icona, di un simbolo visivo, il veicolo d’accesso ad un intero mondo. Basti pensare a che cosa significano nell’immaginario le cuffiette bianche di iPod. La potenza simbolica delle icone create da Apple è finita sotto gli occhi di tutti quando le Silohuette dei prigionieri di Abu Grahib, che tutti abbiamo nella memoria, sono state usate per forgiare uno spettrale messaggio di critica globale al sistema americano”

Insomma, visto che Apple è la più “iconica” delle aziende americane è facile usare i suoi simboli e accendere la spirale dell’anti-pubblicità . E’ così?

«Certamente. Come per tutte le icone all’amore degli adepti si unisce l’odio viscerale di tutti gli altri. E non parlo solo dei “concorrenti” schiacciati dalla forza del mito iPod ma parlo di chi vede nel simbolo, l’ennesimo strumento di “comunicazione-marketing” omologante. àˆ a questo livello che si inserisce “l’anti pub” ovvero la trasmissione di concetti, idee, parole che attraverso le stesse immagini e le icone che si “contestano”. Un buon esempio è ipods dirty secret http://www.ipodsdirtysecret.com/»

Ed è anche a questo livello che si avvia il meccanismo di SanDisk. Ma il sito “I’Dont” raggiunge l’obbiettivo?

«Diciamo che ci hanno provato. La campagna anti-iPod a mio giudizio utilizza in maniera piuttosto rozza gli strumenti dell’anti pub. E dico che utilizza rozzamente il linguaggio dell’anti pub, perché mai andrebbe unito, attraverso l’anti pub, il prodotto A al prodotto B. L’anti pub avrebbe potuto funzionare come strumento di “critica virale e globale” al quale, solo successivamente unire un marchio concorrente. E’ come se in un supermercato una ditta di zuppe scrivesse su ogni barattolo di Campbell: “immondizia”, il risultato sarebbe semplicemente la fuga del cliente e non l’acquisto del barattolo sull’altro scaffale»

Ma allora come dovrebbe funzionare l’anti-pubblicità ?

«La mia esperienza mi dice che si deve procedere in progressione. Posso citare un mio progetto in questo ambito. Qualche tempo fa avevo proposto ad una società  di telefonia mobile un progetto di comunicazione per un piccolo film indipendente. Il progetto prevedeva l’uso proprio dell’anti pubblicità  e prevedeva diverse fasi, nelle quali la cosiddetta identità  di codice (ovvero la chiave attraverso la quale capiamo il messaggio) era svelata per fasi. Prima scritte urbane senza identità  di codice per creare una community subliminale che trova nel marchio un interesse pur non riuscendolo ad associare a niente di noto, poi informazione indiziaria in cui si cominciano a dare dei segni per comprendere il messaggio, poi nella terza fase si doveva avere l’esplicitazione del progetto e infine la creazione della Community»

Invece Sandisk passa direttamente al nocciolo della questione, correndo direttamente alla denigrazione del prodotto avversario…

«Infatti. Un percorso graduale avrebbe permesso di donare alla comunicazione una maggiore realtà  e vita suburbana che nel progetto SanDisk è totalmente assente. Ma al di là  di questo devo dire che l’idea di giocare con il “mito” Apple è un’idea affascinante I miti hanno sempre un lato oscuro della loro forza. La stessa TBWA che ha elaborato l’immagine della comunicazione di iPod lo sa bene e anch’essa gioca con l’immagine pop del mito usando una chiave interpretativa che regge la comunicazione moderna»

Come utenti Mac possiamo trarre qualche insegnamento dalla campagna i’dont e dal modulo dell’anti-pubblicità ?

«Penso di sì. Potrebbe servirci, ad esempio, a considerare che quando accendiamo il Mac, o l’iPod stiamo toccando un capolavoro, una icona e che per è per questo che ogni tanto può capitare che sbuchi un Marcel Duchamp che disegna alla Gioconda-iPod due impertinenti baffetti”

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