Dopo oltre vent’anni di dominio incontrastato con i suoi “10 link blu” e gli esperimenti, Google annuncia una rivoluzione della sua piattaforma di ricerca. Il nuovo protagonista si chiama AI Mode: una modalità basata sull’intelligenza artificiale, che promette (o minaccia) di cambiare per sempre il modo in cui le persone cercano e trovano informazioni sul web.
AI Mode, per ora disponibile per tutti gli utenti negli Stati Uniti, emerge come un “companion” della ricerca tradizionale, ma ha il potenziale per sostituirla del tutto. Per capirne la portata, basta vedere come funziona.
Come funziona AI Mode
AI Mode vive all’interno di Google Search, in una scheda separata rispetto alla classica barra di ricerca. Quando la si seleziona, si attiva una sorta di assistente conversazionale. Si scrive una domanda, anche complessa, e il sistema restituisce una risposta articolata, completa e personalizzata.
Per fare questo, l’intelligenza artificiale scompone la query in più parti, effettua ricerche parallele su diverse fonti e ricompone tutto in un’unica risposta coesa. È un meccanismo pensato per affrontare richieste che, fino a ieri, avrebbero richiesto più ricerche manuali.
Grazie all’integrazione con il modello Gemini 2.5, AI Mode può anche capire il contesto personale, come ricerche precedenti o, in futuro, informazioni da app come Gmail.
Dati, immagini, comparazioni, shopping
Con AI Mode non si ottengono solo paragrafi di testo. L’intelligenza artificiale può generare grafici personalizzati, creare immagini su richiesta oppure mettere a confronto prodotti su parametri specifici (prezzo, funzioni, compatibilità). Ad esempio si può chiedere quale sia il miglior fitness tracker per chi dorme poco e ha un iPhone, e ricevere una risposta già filtrata e ragionata.
Un’area in cui AI Mode esprime il suo potenziale è quella dello shopping. È possibile chiedere di:
- trovare prodotti compatibili con specifiche esigenze (es. un tappeto resistente agli animali domestici);
- monitorare i prezzi di un oggetto e ricevere una notifica quando cala;
- acquistare direttamente, senza dover passare da altri passaggi.
AI Mode può anche prenotare biglietti, ristoranti o appuntamenti locali, grazie a collaborazioni già attive con realtà come Ticketmaster, StubHub, Resy e Vagaro. Il tutto in maniera automatica, gestendo centinaia di opzioni e selezionando solo le più rilevanti.
Tra le novità più curiose, c’è anche la possibilità di provare vestiti virtualmente. Con una propria foto, AI Mode è in grado di generare un’anteprima realistica di come un capo d’abbigliamento calzerebbe sul proprio corpo. Il sistema crea un modello virtuale dell’utente e simula il drappeggio del tessuto. La funzione è in fase di test su Labs, ma è già un esempio concreto delle potenzialità visive dell’intelligenza artificiale.
Che cosa cambia rispetto alla ricerca di oggi
La differenza più evidente rispetto alla ricerca tradizionale è che l’utente non deve più costruire da sé la risposta andando su vari siti Internet. Con AI Mode, è l’intelligenza artificiale a fare il lavoro: cerca, analizza, confronta e riassume.
I link ai siti originali sono ancora presenti, ma non sono più il cuore dell’esperienza. La logica passa da “scrivo una parola chiave e scelgo tra i risultati” a “formulo una domanda e ricevo già la risposta pronta”.
Google ha chiarito che AI Mode non sostituirà del tutto la ricerca classica, ma molte delle sue funzioni saranno trasferite nel tempo alla modalità standard, a partire da quelle già presenti nelle cosiddette AI Overviews: i riassunti intelligenti che compaiono in cima ai risultati, già lanciati nel 2024.
Una svolta obbligata
La mossa di Google arriva ovviamente in risposta all’apparizione e all’uso crescente di piattaforme come ChatGPT, sempre più usate per rispondere a domande che fanno correre a Google il rischio di perdere il controllo dell’accesso all’informazione online, e con esso, un business da quasi 200 miliardi di dollari l’anno.
I segnali di allarme sono risuonati anche recentemente. Durante il processo antitrust intentato dal Dipartimento di Giustizia americano, Eddy Cue di Apple ha dichiarato che:
“Per la prima volta in 22 anni, il traffico di ricerca da iPhone verso Google è calato”,
e che una delle cause sarebbe proprio il crescente uso di strumenti basati su intelligenza artificiale.
In questo contesto, AI Mode è tanto un’innovazione quanto una difesa strategica. Una corsa per rimanere rilevanti in un mondo in cui “cercare” sta già iniziando a significare qualcosa di diverso.
La tensione con i siti web
Non mancano ovviamente le controversie su questa scelta di Google. Il suo motore di ricerca che seleziona, trova e fornisce pagine che rispondono a una query è la ragione che spinge Internet ad esistere, e i siti a competere sulla qualità delle informazioni.
AI Mode, così come AI Overviews, attinge a contenuti creati da altri siti web, li rielabora e li restituisce direttamente all’utente, con il risultato che sempre meno persone cliccano sui link originali, perché ottengono già la risposta nel box dell’AI.
Questo comporta il rischio di far precipitare la qualità di Internet, perché potrebbe ridurre drasticamente i profitti derivanti dalla realizzazione di siti web approfonditi, precisi e coinvolgenti — ovvero proprio i contenuti che da sempre sono stati premiati dal motore di ricerca di Google.
Google, dal canto suo, ha cercato di minimizzare le preoccupazioni degli editori, sostenendo che l’intelligenza artificiale non sta danneggiando il traffico, ma anzi lo rafforza. Sundar Pichai ha dichiarato che AI Overviews, il sistema lanciato lo scorso anno per mostrare riassunti sopra i risultati tradizionali, ha aumentato il numero di ricerche effettuate dagli utenti e spesso li porta a passare più tempo sui siti suggeriti.














