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Antitrust App Store, Apple modifica regole e commissioni per il mercato UE

Apple prova ad aggirare le minacce di multe e le battaglie legali in Europa cercando di adeguarsi al Digital Markets Act (DMA) con una serie di modifiche e un complesso schema per le commissioni dovute ad App Store per tutti gli sviluppatori che distribuiscono app negli storefront dell’Unione Europea.

Il contesto è quello di una pressione crescente da parte della Commissione Europea, che lo scorso aprile ha multato Apple per 500 milioni di euro, ritenendo scorretto l’obbligo imposto agli sviluppatori di non indirizzare gli utenti verso offerte migliori al di fuori dell’App Store ma che ne sta preparando anche una molto più alta.

Il regolatore ha infatti emesso un ordine di cessazione con scadenza ieri, 27 giugno 2025: se Apple non si fosse adeguata  avrebbe rischiato sanzioni giornaliere fino al 5% del fatturato globale.

Libertà di link per gli sviluppatori

La prima e forse più importante delle novità riguarda le possibilità di pubblicizzare liberamente la propria offerta. Se fino a oggi solo chi aderiva ai termini alternativi previsti dal DMA poteva inserire un singolo link statico nell’app, con forti limitazioni su tracking, redirect e design, ora la situazione è del tutto differente.

  • È possibile promuovere offerte verso qualsiasi destinazione esterna: altri siti, marketplace alternativi, altre app.
  • Si possono usare più link dinamici, con parametri di tracciamento, redirect e design completamente libero.
  • Le promozioni possono comparire all’interno dell’app con interfacce native.
  • L’avviso che Apple mostra quando si apre un link esterno, il famoso scare screen, viene visualizzato una sola volta e può essere disattivato dall’utente.

Un nuovo schema di commissioni

Apple ha introdotto anche un nuovo modello a più livelli per definire le commissioni che gli sviluppatori devono versare. Le tariffe variano a seconda del tipo di interazione offerta all’utente e dei servizi dell’App Store utilizzati.

Ora Apple prevede una commissione iniziale di acquisizione del 2% e una Store Services Fee che può essere del 13% o del 5%, a seconda del livello di servizi scelto dallo sviluppatore. Per i membri dello Small Business Program, l’aliquota è ridotta al 10%.

Il Tier 1, obbligatorio per le app che promuovono offerte esterne, offre solo i servizi essenziali: distribuzione, sicurezza e gestione. Esclude però tutte le funzioni più apprezzate dell’App Store, come aggiornamenti automatici, recensioni, suggerimenti di ricerca, strumenti di marketing, personalizzazione delle pagine prodotto e accesso alle metriche. Il Tier 1 prevede il pagamento di una percentuale del 5% sulle vendite

Il Tier 2, invece, include l’esperienza completa attualmente disponibile su App Store, ma a fronte di una commissione più alta: il 13%, ridotta al 10% per gli sviluppatori aderenti al programma Small Business o per gli abbonamenti attivi da oltre un anno.

Lo sviluppatore deve quindi valutare se il risparmio sul costo della commissione valga la perdita di tutte le funzionalità promozionali e di engagement. La scelta del tier ha impatto anche sulla strategia commerciale e sulla scalabilità della propria presenza sulla piattaforma.

Per le app che vogliono includere link verso metodi di pagamento esterni tramite lo StoreKit External Purchase Link Entitlement (EU) Addendum, si applica inoltre una Core Technology Commission (CTC) del 5%, destinata a sostituire il precedente Core Technology Fee (CTF).

Fino ad oggi, il CTF prevedeva un addebito di 0,50 € per installazione oltre il milione annuo. Questo schema continuerà a valere per gli sviluppatori che adottano i termini alternativi senza link attivi.

Per chi invece aderisce al nuovo modello standard, si applicherà il CTC. Il passaggio definitivo al nuovo sistema è previsto per il 1° gennaio 2026.

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Apple prepara il ricorso

Nonostante le modifiche, Apple ha fatto sapere che contesta la posizione della Commissione Europea. In una nota, l’azienda ha dichiarato:

“La Commissione Europea richiede ad Apple una serie di ulteriori modifiche all’App Store. Non siamo d’accordo con questo esito e intendiamo fare appello.”

Secondo Apple, le autorità regolatorie avrebbero più volte modificato le proprie richieste nel corso delle trattative, minacciando sanzioni significative. Il termine per presentare ricorso contro la decisione dell’aprile scorso è fissato al 7 luglio 2025.

La denuncia di Epic Games: “Una farsa anticompetitiva”

Le nuove regole di Apple sono state accolte con dure critiche da parte di alcuni protagonisti del settore. Il primo ad attaccarle è stato Tim Sweeney, fondatore e CEO di Epic Games, che ha criticato la strategia di Apple in una serie di post pubblicati su X (Twitter).

“Il nuovo schema Apple per il Digital Markets Act è palesemente illegale sia in Europa che negli Stati Uniti, e ridicolizza ogni principio di concorrenza leale nei mercati digitali. Le app con sistemi di pagamento alternativi non solo vengono tassate, ma anche commercialmente sabotate nell’App Store.”

– Tim Sweeney (@TimSweeneyEpic)

Secondo Sweeney, Apple impedisce volutamente il pieno funzionamento delle app che adottano sistemi di pagamento esterni: niente aggiornamenti automatici, accesso ridotto alla ricerca, esclusione da servizi come il supporto clienti o il family sharing.

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“Apple rende l’uso di queste app un’esperienza intenzionalmente frustrante per gli utenti e un fallimento commerciale per gli sviluppatori”, ha scritto in un secondo post. A suo giudizio, si tratta di una compliance maliziosa volta a svuotare di senso l’adempimento al Digital Markets Act, pur mantenendo una facciata formale di conformità.

La proposta alternativa di Sweeney

In chiusura, il fondatore di Epic ha suggerito una soluzione alternativa:

  • Tutti gli sviluppatori dovrebbero avere accesso alle stesse funzionalità dell’App Store, senza discriminazioni.
  • Ognuno dovrebbe poter scegliere liberamente tra Apple Pay, pagamenti propri o una combinazione dei due.
  • Apple dovrebbe limitarsi a far pagare i propri servizi di pagamento, evitando tasse aggiuntive su sistemi concorrenti e fee come il Core Technology Fee.

“Solo così si può ristabilire un rapporto simbiotico tra piattaforma e sviluppatori, come è sempre stato su sistemi come Windows o macOS. Oggi, invece, gli store mobile sono dominati da monopoli sempre più tossici.”

Le osservazioni di Sweeney si inseriscono in un confronto sempre più acceso tra le big tech e le autorità regolatorie, con gli sviluppatori spesso stretti nel mezzo tra adempimenti normativi, logiche di mercato e vincoli imposti da chi controlla le piattaforme.

L’ultima parola, in ogni caso, sarà del’Unione Europea che dovrà prendere visione delle nuove norme stabilite da Apple e dire se ripristinano le condizioni di equità cui punta il DMA.

 

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