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Apple citata in giudizio per l’uso del nome Animoji

Un’azienda giapponese ha citato in giudizio Apple per presunta violazione del trademark “Animoji”, nome che la Casa di Cupertino usa per la nuova funzione integrata nell’iPhone X che consente agli utenti di registrare e inviare messaggi con emoji animate che riproducono le loro espressioni.

Nella citazione presentata nella Corte Distrettuale degli Stati Uniti d’America per il Distretto Nord della California, i querelanti “Emonster k.k.” (azienda che sviluppa app) ed Enrique Bonansea (un cittadino americano che vive in Giappone) affermano che nel 2014 hanno chiesto la registrazione del marchio “Animoji” e che il Patent and Trademark Office statunitense ha concesso loro i diritti di proprietà nel 2015.

Della questione parla AppleInsider riferendo che Emonster è un’azienda con sede a Tokyo che sviluppa software, applicando il marchio a una sua app che è arrivata sull’App Store il 24 luglio 2014. L’app ancora presente sull’App Store con il nome “Animoji – Free Animated Texting [Patent Pending]” è in vendita a 1.09€ e nella descrizione fa riferimento alla possibilità di “raggiungere le persone cui si tiene con messaggi animati divertenti e personalizzati”. L’app consente di creare un testo animato personalizzato in qualsiasi lingua e utilizzando qualsiasi carattere, compresi gli emoji. Il testo può essere inviato tramite l’applicazione Messaggi o Mail. Non è necessario che il destinatario abbia installato Animoji per ricevere il messaggio animato.

L'app Animoji - Free Animated Texting [Patent Pending]"

Secondo quanto riportato nella citazione, Apple non solo conosceva l’app Animoji prima della presentazione dell’iPhone X a settembre ma avrebbe cercato di comprare i diritti di uso del marchio da emonster. Bonansea afferma di essere stato avvicinato l’estate scorsa da aziende di facciata di Apple quali The Emoji Law Group LLC per vendere la proprietà. Queste entità a suo dire avrebbero minacciato un procedimento di nullità per la cancellazione del marchio se lo sviluppatore non avesse ottemperato alle loro richieste.

Nella citazione non sono presenti prove che legano Apple alle entità in questione ma la Casa di Cupertino – per evitare di far conoscere in anticipo nuovi prodotti e servizi – usa da sempre entità a lei riconducibili nelle trattative preliminari per l’acquisizione di brevetti, marchi e altre tecnologie.

“Anziché usare la creatività per la quale ha una reputazione a livello mondiale”, si legge nella citazione, “Apple ha semplicemente preso il nome usato da uno sviluppatore sul suo App Store”. “Apple avrebbe potuto cambiare il nome prima del suo annuncio edotta che il querelante già usava il nome ANIMOJI per un suo prodotto, invece ha consapevolmente deciso di sgraffignare il nome per se stessa, a prescindere dalle conseguenze”.

La Casa di Cupertino ha richiesto un procedimento di nullità e decadenza del marchio “Animoji” un giorno prima della presentazione dell’iPhone X. Come evidenziato da Apple, l’azienda di Washington “emonster Inc” non esisteva all’epoca della registrazione del trademark (Bonansea viveva a Seattle prima di trasferirsi in Giappone). Nella citazione in giudizio si spiega ad ogni modo che “emonster k.k.” e l’attuale impresa giapponese “emonster k.k.” hanno agito come singola impresa commerciale quando il marchio è stato depositato. Al collegio dell’ufficio brevetti statunitense era stata richiesta una correzione tecnica per stabilire la corretta proprietà ma era stata rifiutata perché il procedimento di nullità era già in corso.

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