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«Apple piazza Liberty mi ha sequestrato il MacBook»

Gli riparano il MacBook Pro, il costo non è quello atteso e parte un contenzioso: non è una cosa tanto inusuale, non fosse che le due parti sono il negozio Apple Store Piazza Liberty, quindi direttamente Apple per tramite del suo più prestigioso negozio italiano e l’avvocato cassazionista Gaetano Braghò un cliente particolarmente battagliero che da una parte non ha voluto sapere ragioni sul cambiamento del prezzo e dall’altra ha innescato un procedimento legale accusando il negozio di avergli sequestro il computer.

Lo racconta il Corriere della Sera che descrive la curiosa vicenda partendo dal momento in cui Gatano Braghò ha portato il suo MacBook Pro nel flagship store italiano. Secondo quanto viene riferito, come sempre accade, è stata preventivata una spesa che sempre secondo quel che si legge era «sotto il tetto di 560 euro + IVA (683,20 euro)».

Alla riconosegna, la sorpresa di una fattura molto più elevata per una serie di interventi non preventivati né approvati, come la sostituzione dello schermo. Una decisione unilaterale contestata, spiega il Corriere, che ha portato al diniego alla restituzione e addirittura alla minaccia di distruzione del computer. In tutto sarebbero stati cinque tra commessi e responsabili del negozio a dare questa versione all’avvocato che a quel punto si sarebbe rivolto a un giudice denunciando un caso di «illegittima detenzione».

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Il magistrato a quel punto ha dato ragione all’avvocato Braghò, che in seguito al ricorso d’urgenza presentato il 24 giugno è stato disposto il sequestro giudiziario «inaudita altera parte» del MacBook Pro, nominando come custode il suo legittimo proprietario.

La maggior parte degli utenti, pur di avere indietro il computer, riferisce ancora al Corriere, Braghò «Avrebbe preferito pagare la cifra richiesta pur di riavere indietro il proprio portatile, senza alcuna volontà né capacità di avventurarsi nella spirale kafkiana di un costoso contenzioso legale complicato anche per un navigato azzeccagarbugli».

Detta così infatti la cosa sembra semplice. Ma a quanto pare l’utente Apple è stato costretto a mettere in piedi una serie di contestazioni, con due ricorsi d’urgenza per la modalità commerciale usata (che ha risvolti sia civili sia e penali), e anche un esposto al Garante della privacy per detenzione illegittima di dati sensibili, vedendosi negata da Apple anche un’istanza di conciliazione. Alla trafila di contestazioni si è ora aggiunta anche la denuncia tramite la polizia giudiziaria per la mancata — allo stato attuale — restituzione del computer.

Braghò parla di “Prassi commerciali consolidate”, che si trasformano in “un meccanismo micidiale, una forma di estorsione che fa leva sulla bassissima percentuale di contenziosi intrapresi da parte dei clienti. E chi paga, di fatto, firma una liberatoria con cui rinuncia a ogni ulteriore contestazione”.

Apple Piazza Liberty: l’architettura

Il quotidiano italiano evidenzia le modalità delle comunicazioni tra il servizio clienti di Apple e Braghò, con il legale costretto a inviare email di posta certificata (Pec) prima di essere ricontattato «da un call center localizzato in Islanda (ma forse si tratta di Irlanda, NDR)  senza mai alcuna comunicazione scritta (salvo l’esito diagnostico inviato a un indirizzo email di un Id Apple inattivo da anni), in cui veniva paventato il destino del computer in caso di mancato pagamento: la distruzione, senza alternative, neppure la consegna dei dati in altra forma, tramite back up»

L’avvocato riferisce di aver voluto fare della vicenda una questione di principio: “Ho pubblicizzato informazioni tecniche su quanto accaduto sui siti di recensioni, ma per i cittadini non avvocati l’unico modo è coinvolgere le associazioni dei consumatori. Da maggio che sono senza i dati di 23 anni».

Intanto per fare fronte alla propria necessità del proprio lavoro, privato del suo Mac, il protagonista della vicenda è stato costretto a comprarne un altro. Quale? «per compatibilità mio malgrado, è ancora un Mac…», dice l’avvocato Braghò.

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