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Buon compleanno Call of Duty

Venti anni sono tanti. Negli Stati Uniti permettono quasi di bere alcolici. È un quinto di secolo. È l’inizio della terza decade della vita di una persona, quella che lo scrittore di fantascienza Isaac Asimov diceva essere un decennio aureo, “è in quel decennio che ricordiamo la felicità”. Prima delle responsabilità della vita adulta ma lontani dall’infanzia e dai problemi dell’adolescenza.

E di felicità Call of Duty, gioco di guerra offline, online, mobile ed eSport per eccellenza, ne ricordiamo tantissima. C’è ovviamente il discorso generazionale, di chi l’ha visto nascere. E di chi invece con Call of Duty c’è nato.

Microsoft e Activision Blizzard

Oggi poi il franchise è diventato anche una pietra di paragone per capire se fare o non fare l’accordo, cioè l’acquisizione da parte di Microsoft di Activision Blizzard. La sua storia è fenomenale e anche la capacità di cambiare e innovarsi, diventando un fenomeno anche per iOS.

Call of Duty è stato lanciato il 29 ottobre del 2003. I personaggi indossano un’uniforme della Seconda Guerra Mondiale, come citazione di Salvate il soldato Ryan, il più bel film di guerra di sempre, firmato da Steven Spielberg, questo videogioco ha lasciato il segno con le sue campagne militari altamente cinematografiche e coreografate. Sebbene le missioni si siano evolute con i tempi, le emozioni sono rimaste quelle di un tempo. Il gioco però oggi attrae meno rispetto agli anni Dieci e molti se ne stanno allontanando, soprattutto per il multiplayer. Che un tempo invece era una delle arene più interessanti e divertenti per chi voleva giocare online, tanto da aver generato anche un filone di eSport di un certo livello.

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400 milioni di copie vendute

Il successo di Call of Duty però è altro. Con più di 400 milioni di copie vendute tra tutti gli episodi, è stato uno dei best seller di sempre dell’industria del videogame. Con un successo che dipende dal modo con il quale il gioco è stato concepito. Prima di tutto single player. Con campagne ricche, complesse, ma dallo svolgimento cinematografico e lineare, della durata di 6-10 ore. Doppiaggio di qualità, motion capture raffinato, ricostruzione maniacale dei dettagli.

Come per Final Fantasy, altro colosso della giapponese Square-Enix, anche Call of Duty è stato prodotto da due o tre studios diversi, alternandosi nei rilasci annuali perché i tempi di produzione superano i due anni. Quindi, storie “storiche” durante la seconda guerra mondiale dapprima in Europa e poi nel Pacifico. E poi le guerre moderne, il modern warfare, e le black ops, sconfinando oltre la storia (la guerra fredda) nella fantascienza distopica con alcune delle più belle e avvincenti ambientazioni di sempre grazie all’invasione degli Usa e alla conseguente lotta casa per casa nei sobborghi della ricca periferia americana.

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Medal of Honor

Il debito con Steve Spielberg è indiretto. Passa per un videogioco. Infatti, quando nasce Call of Duty segue le orme di Medal of Honor, videogioco prodotto nel 1999 su volontà di Steve Spielberg per ricreare in ambiente videoludico le atmosfere di Salvate il soldato Ryan del 1998. Medal of Honor è stato realizzato dalla DreamWorks e il game designer è stato Max Spielberg, figlio di Steven.

La scommessa di Medal of Honor, in un momento in cui i titoli sparatutto in soggettiva di successo sono di fantascienza, Quake II (1997) e Half Life (1998), è che la storia “tiri”. Il successo dei vecchi videogiochi di Indiana Jones e della sua versione avventurosa in gonnella, Lara Croft (protagonista di Tomb Raider, 1994), potrebbe dimostrarlo. Mentre Spielberg insiste, assieme a Hollywood, per anni con film ambientati durante la Seconda guerra mondiale (Band of Brothers, 2001; Stalingrad, 2001; Pearl Harbour,2002), i videogiochi cominciamo a scaldarsi a fondocampo.

Medal of Honor va bene ma è soprattutto il novellino Call of Duty a sfondare. E sfondare di brutto. Grazie anche alla collaborazione di molti degli artisti e programmatori che avevano lavorato a Medal of Honor e adesso passano allo studio di programmazione Infinity Ward, incaricato del primo capitolo.

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“Call of Duty: Warzone Mobile”. Immagine: CNN.

Dalla storia al futuro

Un episodio all’anno, finisce presto la narrazione della seconda guerra mondiale e comincia quella della guerra fredda ma soprattutto quella degli scenari geopolitici post-11 settembre, con la guerra al terrorismo, la guerra al Medio Oriente e alla Russia. Con tutte le implicazioni che un gioco di guerra porta con sé, soprattutto in periodo come questi in cui di guerre vere ce ne sono in corso almeno due. I tre titoli di Modern Warfare trasmettono infatti una retorica che “glorifica la macchina da guerra americana e al tempo stesso minimizza le mostruosità della guerra”, scrivono i critici del settore.

Tuttavia, nel corso di vent’anni le campagne di Call of Duty hanno perso parte del loro impatto. Il “film interattivo”, la resa cinematografica del videogame che affascinava tanto nel 2003 non è più un punto di arrivo per un videogioco. La maggior parte dei giocatori è più interessata alla modalità multiplayer online, come hanno scoperto i ricercatori dopo aver intervistato centinaia di gamer. E per l’online Call of Duty, pur avendo definito un’epoca, è rimasto indietro rispetto ai giochi molto più veloci e frizzanti nati in questo ambiente.

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Arriva CoD Modern Warfare III

Il futuro? Il prossimo Call of Duty Modern Warfare III esce tra pochi giorni. I temi sono sempre quelli caldi del conflitto futuro, con una formula analoga a quella cinematografica del passato e il tentativo di costruire delle trame che siano graffianti ma anche molto narrative. All fine, anche se ha “solo” vent’anni, Call of Duty è figlio di un modo di fare videogiochi nato negli anni Novanta che risente di una fase del mondo dei videogame quando l’idea era di creare delle narrazioni il più cinematografiche possibili. Oggi le cose stanno cambiando ma c’è ancora un grande pubblico affezionato a questo franchise. E di copie, oltre che di divertimento, ne venderà molto.

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