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Dongle life: come vivere bene con l’USB-C di MacBook 12 e Pro 2016

Una delle critiche più serrate ai nuovi MacBook Pro (ma anche al MacBook 12 pollici) è stata la decisione radicale di utilizzare solo la USB-C per la connessione e la ricarica. Tagliando fuori gioco in un colpo solo sia il MagSafe (il caricabatterie con spinotto magnetico che si strappa e non si trascina dietro il computer) che tutti gli altri cavetti: Thunderbolt 2, la tradizionale USB A, la HDMI, l’adattatore per SD Card (che viene usato anche come unità di memoria supplementare).

Ma non è stato così anche quando è stato eliminato qualsiasi altro tipo di porta dal Mac a favore della USB A? Oppure quando è stato tolto il floppy disk da 3 pollici e mezzo? Che, tra le altre cose, era stato criticato al momento dell’inserimento sul Macintosh del 1984 perché non era quello da 5 pollici e un quarto considerato standard?

Abbiamo provato a vedere come si vive con il MacBook Pro 2016 (recensito qui) e un piccolo hub che incorpora, oltre alla uscita VGA anche tre USB A e una presa di rete Gigabit. Poi abbiamo provato a fare lo stesso usando solo un adattatore USB-A USB-C e abbiamo visto che si riesce sostanzialmente a fare tutto, comprese le connessioni al televisore di casa utilizzando la duplicazione dello schermo con la Apple TV.

vivere con USB-C

Il problema si pone quando ad esempio bisogna collegare un disco esterno. La Thunderbolt 3 offre velocità di tutto riguardo e la connessione tramite adattatore USB-C a USB-A 3.0 non penalizza l’interfaccia SATA 3 da 6 Gbps dei dischi esterni SSD. È solo un po’ laboriosa. Abbiamo provato ad affrontare la questione in modo differente. In casa abbiamo tre SSD da 2,5 pollici di taglie diverse (un “vecchio” OCZ Vertex 2 ancora con la SATA 2 da 120 GB, un Samsung 840 da 250 GB e un Crucial MX300 da 525 GB. Sono dischi esterni, comprati in momenti diversi (sostanzialmente su Amazon durante i Black Friday di anni diversi) e servono alcuni come disco da archivio e backup veloce in mobilità o per trasferire file da un computer all’altro.

Esistono sostanzialmente due modi per collegarli: utilizzare un cavetto SATA che diventa USB (il quale contiene al suo interno il controller per la gestione del disco) oppure un case autoalimentato con uscita USB Micro B (e il controller è nel case). Entrambe le soluzioni su Amazon si trovano tra i 10 e i 25 euro. Abbiamo utilizzato sia l’ottimo cavetto CableDeconn con USB Micro B e USB A, sia l’altrettanto ottimo case della Salcar con USB 3.0 che viene fornito di cavo USB Micro B a USB A 3.0 (altre valide alternative qui, qui e qui).

vivere con USB-C

Vista la rigidità strutturale degli SSD, che oltretutto non hanno parti in movimento, se si pensa di utilizzare un piccolo contenitore per il trasporto come le custodie AmazonBasics (ad esempio questa) non è neanche necessario un case dedicato ma basta il cavetto.

In ogni caso, per entrambe le soluzioni ci siamo chiesti: esiste una alternativa nativa USB-C? La risposta ovviamente è sì: il mercato sta producendo un buon numero di questi apparecchi e così ci siamo addentrati su Amazon per provarne un paio. Il primo è stato l’acquisto di un cavetto USB Micro B, dato che abbiamo già il case della Salcar. Il nuovo cavetto prescelto è stato quello della CableCreation USB 3.1 Tipo C (USB-C a USB Micro B da 30 centimetri, ma ci sono varie lunghezze). Costa 10 euro e mantiene perfettamente le aspettative: i tempi di trasferimento di dati da e verso il MacBook Pro 13 sono assolutamente analoghi a quelli della versione con cavo USB-A. Si possono portare entrambi i cavetti dietro oppure, se il disco lo usiamo solo noi, lasciare tranquillamente a casa il vecchio cavetto e usare il nuovo. Il vantaggio? È una scelta nativa che funziona senza problemi.

Stesso discorso per il cavo SATA a USB-C: il più notevole che abbiamo voluto provare è lo StarTech USB31CSAT3CB, un cavo adattatore da SATA a USB-C 3.1 con 10 Gbps di banda. Il cavo costa 27 euro (nel momento in cui scriviamo) e permette di sfruttare sino in fondo la velocità dell’interfaccia SATA, visto che il controller è ottimizzato per la USB 3.1, oltre la 3.0 degli altri cavi. Risultati di tutto rispetto sia da che verso il MacBook Pro e notevole comodità perché l’ingombro complessivo è minore, anche se bisogna fare attenzione: la connessione fisica SATA non è il massimo della vita (i pin dei connettori sono molto numerosi e molto corti), bisogna ricordarsi sempre di staccarla quando si rimette il disco in borsa a prezzo altrimenti di rischiare di danneggiare i punti di connessione.

Dopo questo primo round di test sul campo, abbiamo visto che uno dei principali problemi, quello degli accessori e periferiche esterne “incompatibili” con USB-C, richiedono semplicemente una scelta diversa di cavetti, senza bisogno di accessori. Se pianificate bene l’uso dei cavetti la USB-C diventa una opportunità anziché un limite e offre una banda passante molto ampia e ottime connessioni, con i vantaggi ulteriori della invertibilità dello spinotto USB-C (non ha un sopra e un sotto) e della maggior tensione disponibile, che permette di alimentare al meglio le periferiche connesse.

vivere con USB-C

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