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La morte sfiorata, Il marketing della livella l’ha inventato Apple

Ci sono contesti culturali diversi a cui il pubblico reagisce in modo diverso. Quello italiano è storicamente più sensibile a certi tipi di discorsi, uno tra i quali è la dipartita finale. La morte. Quella che il grande Totò chiamava “’A livella” perché, come una livella, a un certo punto, prima o poi, tocca a tutti, indubitabilmente, ricchi o poveri che sia.

Altri contesti invece della livella se ne fanno poco: la usano pragmaticamente ad esempio nelle pubblicità delle assicurazioni sulla vita, o nell’uso degli strumenti di sicurezza. È il caso di Apple, che della livella di Totò ha fatto una campagna di marketing. Non proprio quella di Totò: ci riferiamo alla mortalità. Il cui marketing è molto interessante, certamente, ma non a tutti gradito. O almeno, così si pensa. Eppure, a quanto pare, per Apple funziona.

Ti salva la vita

Come potrebbe essere pubblicizzata una funzione che è pensata esplicitamente per salvare la vita delle persone? Molti non ne parlerebbero se non in termini molto astratti (quanti airbag ha una determinata auto, ad esempio), evitando accuratamente non solo di parlare di decessi mancati o avvenuti che siano, ma soprattutto di associarli al loro prodotto.

Invece, anche con i nuovi iPhone 15, Apple non si è tirata indietro e ha messo in primo piano, oltre all’ambiente (che durante il keynote di lancio degli iPhone 15 è stato il vero protagonista) anche e soprattutto il rischio dipartita. Con spot che non lasciano niente all’immaginazione.

Per chi non ha suonato la campana

Lo spot di apertura, una specie di mini corto che introduce tutti i keynote di Apple in versione registrata e anche molti di quelli che un tempo avvenivano dal vivo, racconta storie di persone che compiono gli anni. Banale, sembrerebbe, se non fosse che poi le mostra sul luogo dei disastri o dei pericoli corsi e fortunatamente scampati: infarti, incidenti, annegamenti, smarrimenti nel bosco di alta montagna. Il salvataggio? Grazie ai sensori e ai sistemi satellitari dei dispositivi di Apple: iPhone, Apple Watch.

Soluzioni pensate non solo per aiutare la comunicazione e rilevare dati biometrici a fini medicali (che anche qui, a ben guardare, se si parla di salute alla fine si parla sempre della nostra mortalità) ma in casi in cui c’era veramente da passare a miglior vita. Situazioni in cui il prossimo compleanno non ci sarebbe più stato se non nel ricordo degli amici e dei parenti del caro estinto.

E invece, grazie al dispositivo, le persone sono salve. Hanno un altro compleanno da festeggiare con i propri cari. E si tratta di persone vere, testimonial reali del funzionamento sul campo dei dispositivi di Apple, non attori con sceneggiature per raccontare storie finte.

La fine del tabù

In Italia, come si diceva all’inizio, alcuni temi sono tabù. Si parla di morti ammazzati per suscitare l’orrore del pubblico e vendere più copie (oggi per fare più click) ma sempre nel rispetto presunto di una serie di norme deontologiche del giornalismo. Parlare di morti scampati, e per di più nella pubblicità, che a differenza del giornalismo deve passare il vaglio della censura di un comitato etico nominato nel settore della comunicazione, è tutta un’altra musica.

In Italia nessuna agenzia pubblicitaria e nessun creativo lo proporrebbe (almeno, fino a oggi) mentre anche all’estero sono molto poche le agenzie che si arrischierebbero a battere questa strada. Invece, Apple lo fa. Mostra le persone, le storie, la morte scampata per poco, grazie ai suoi dispositivi.

Lo spot di Apple è ovviamente ben fatto, strutturato in maniera ineccepibile e prodotto con la consueta maestria, mandando i videomaker nella vita di queste persone e rendendole reali, con pochi commenti, poche osservazioni. Guardatelo, perché lo spot che parla di morte è in realtà un inno alla vita.

Uno spot che, a nostro avviso, riesce a fare un’altra cosa, oltre alla pubblicità per dei telefoni smart e degli orologi smart: riesce a trasmetterci il senso della vita delle persone dietro alle statistiche. Ci fa vedere sul grande o piccolo schermo che dietro a ogni persona di cui sentiamo la morte (le statistiche sugli incidenti d’auto, sugli attacchi di cuore, sulle inondazioni, gli incidenti d’auto) e per esteso anche tutte le morti assurde che vediamo messe in scena in film e telefilm, o quelle di cui si dà conto nei telegiornali, come ad esempio la quotidiana strage di migranti a cui l’intelligenza e la dignità di esseri umano non dovrebbe e non deve essere ridotta alla contabilità dei morti e dei sopravvissuti; ebbene, tutte quelle statistiche di morti diventano all’improvviso storie vere di persone vere. Visi reali, famiglie vere, momenti più o meno gioiosi.

Uno spot che ci fa capire, parlando di telefono e orologi e parlando di morti evitate, che viviamo nel migliore dei momenti possibili, con le malattie, la fame e le morti violente in riduzione fortissima. Certo, non è così per tutti, ma l’etica che traspare dallo spot è quella della persona, dell’individuo: da cercare, da salvare, di cui prendersi cura attivamente. La missione di Apple: salvare tutte le persone, una alla volta, vendendo loro un telefono, un orologio e magari anche un paio di auricolari smart.

Per saperne di più su iPhone 15 e iPhone 15 Plus vi rimandiamo a questo nostro articolo. Per saperne di più sui nuovi iPhone 15 Pro e Max vi rimandiamo alla sezione dedicata di Macitynet.

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