Cos’è il genio, si chiedevano più volte i protagonisti dei film della serie “Amici miei” di Mario Monicelli? “È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione”. Allora Mark Zuckerberg sarebbe piaciuto al Mascetti, al Melandri, al Perozzi, al Necchi e perfino al Sassaroli, il più esigente di tutti loro.
Sì, perché Zuckerberg, alieno a quel che ne sappiamo dalle “zingarate” degli amici di cui sopra, condivide con loro in realtà gli elementi del genio: la capacità di cogliere il cambiamento, l’intuizione della sua profondità, la fantasia per trovare soluzioni originali, il colpo d’occhio complessivo e la velocità d’esecuzione, realmente repentina. Lo fece spostando il fuoco del suo social network dal web fisso alla app mobile, creando l’impero di Facebook. E adesso vorrebbe rifarlo. Solo che si trova ingabbiato in un doppio passo.
Le due rivoluzioni
La metamorfosi di Meta sta avvenendo nel silenzio dei server vuoti. Quelli che dovevano ospitare milioni di avatar digitali ronzano ora quasi scarichi, mentre l’azienda californiana ha già voltato pagina verso l’intelligenza artificiale. Il metaverso, un tempo presentato come la rivoluzione che avrebbe reso obsoleti computer e smartphone, è diventato un fantasma costoso che si aggira per i bilanci aziendali. La transizione è avvenuta senza proclami né annunci ufficiali, semplicemente spostando investimenti e attenzione verso algoritmi che promettono ricavi più concreti.
I data center costruiti per sostenere i mondi virtuali sono probabilmente in corso di riconversione per addestrare modelli di machine learning. Le competenze acquisite nella computer grafica e nella realtà virtuale trovano nuova applicazione nella generazione di contenuti tramite intelligenza artificiale. L’infrastruttura tecnologica non va sprecata, ma cambia destinazione d’uso in una manovra che ricorda le riconversioni industriali del dopoguerra. Meta ha scoperto che vendere sogni digitali è più difficile che monetizzare algoritmi predittivi. Ma la leggendaria capacità di cambiare passo del suo creatore, Zuckerberg, potrebbe essere l’arma segreta per salvare capra e cavoli.
Infatti, il passaggio dall’immersione virtuale all’intelligenza artificiale non è casuale ma strategicamente necessario. Dove il metaverso richiedeva investimenti colossali in hardware specializzato, visori costosi e contenuti originali, l’AI promette di sfruttare l’esistente ecosistema di Facebook e Instagram. Gli utenti non devono comprare dispositivi aggiuntivi né imparare nuove interfacce: l’intelligenza artificiale si integra nelle app già utilizzate quotidianamente. La monetizzazione diventa immediata attraverso pubblicità più mirate e servizi premium, senza bisogno di convincere il mondo ad abbracciare una realtà alternativa.
L’eredità costosa di un sogno mancato
I 55 miliardi di dollari investiti in Reality Labs raccontano la storia di un’ambizione tecnologica che ha incontrato la resistenza della realtà economica. Ogni trimestre porta nuove perdite miliardarie per una divisione che non riesce a generare ricavi significativi nonostante gli sforzi di marketing. I visori Quest venduti sottocosto non bastano a giustificare un investimento che supera il PIL di molte nazioni. L’azienda ha creato un ecosistema completo ma non è riuscita a popolare i mondi che ha costruito.
Le aspettative iniziali prevedevano centinaia di milioni di utenti attivi entro il 2024, ma la realtà ha dimostrato quanto sia difficile convincere le persone ad abbandonare il mondo fisico per quello digitale. I primi utilizzatori hanno sperimentato mal di mare (o mal d’auto), isolamento sociale e una qualità grafica che impallidisce di fronte ai videogame tradizionali. La curva di apprendimento per interagire efficacemente in realtà virtuale si è rivelata troppo ripida per l’utente medio. Il metaverso richiedeva un cambio di paradigma che il mercato consumer non era pronto ad accettare.
La concorrenza ha nel frattempo sviluppato alternative più accessibili e immediate, che non hanno niente di virtuale nel senso di immersività, ma tengono le persone incollate ai loro dispositivi. TikTok e YouTube Shorts hanno catturato l’attenzione degli utenti con contenuti consumabili in secondi, mentre il metaverso richiedeva sessioni di utilizzo prolungate. I social media tradizionali hanno evoluto le loro funzionalità aggiungendo elementi di gamification senza richiedere hardware aggiuntivo. L’entertainment digitale si è spostato verso esperienze più frammentate e immediate, incompatibili con la visione immersiva di Meta.
Nell’ultimo anno gli investitori istituzionali hanno iniziato a esprimere perplessità crescenti sui ritorni economici di Reality Labs durante le presentazioni dei risultati trimestrali. Le previsioni di ricavi sono state riviste al ribasso più volte, mentre i costi di sviluppo continuano a crescere. La pressione per giustificare investimenti così ingenti davanti agli azionisti ha spinto Meta a diversificare rapidamente verso settori più promettenti. Il metaverso è diventato un peso finanziario difficile da sostenere senza risultati concreti.

La nuova frontiera dell’intelligenza artificiale
Meta ha scoperto nell’AI una miniera d’oro più accessibile e immediata del metaverso. I Large Language Model sviluppati dall’azienda trovano applicazione diretta nelle piattaforme esistenti, migliorando algoritmi di raccomandazione e sistemi pubblicitari. La transizione verso l’intelligenza artificiale sfrutta il vantaggio competitivo principale di Meta: l’accesso a miliardi di utenti e ai loro dati comportamentali. Nonostante il ritardo rispetto ai big del settore (fondamentalmente OpenAI, Google e Anthropic, ma anche Amazon e Microsoft), Zuckerberg è riuscito a fare quello che Tim Cook alla guida di Apple non ha potuto fare: rendere rilevante la sua azienda nel settore dell’intelligenza artificiale. L’AI diventa il nuovo terreno dove monetizzare l’audience già acquisita senza bisogno di hardware aggiuntivo.
I chatbot intelligenti integrati in WhatsApp e Messenger rappresentano il primo passo verso una nuova era di interazione digitale. Gli utenti possono accedere a funzionalità avanzate di AI senza lasciare le applicazioni che già utilizzano quotidianamente. La strategia punta sulla “frictionless adoption”: espressione inglese per dire che si rende l’intelligenza artificiale così naturale e integrata da diventare invisibile. Meta ha imparato dal fallimento del metaverso che l’innovazione deve essere trasparente per l’utente finale.
Anche perché, come sappiamo bene, la generazione automatica di contenuti promette di rivoluzionare il modello economico dei social media. Invece di dipendere esclusivamente dai contenuti generati dagli utenti, le piattaforme possono ora creare infinite variazioni personalizzate. L’AI può generare post, video e immagini su misura per ogni singolo utente, aumentando engagement e tempo di permanenza. La personalizzazione estrema diventa possibile senza costi marginali aggiuntivi, creando un vantaggio competitivo sostenibile.
Il pragmatismo dopo l’utopia
L’abbandono silenzioso del metaverso consumer in favore dell’intelligenza artificiale rappresenta una maturazione strategica di Meta. L’azienda ha imparato che l’innovazione tecnologica deve seguire i comportamenti esistenti degli utenti, non tentare di stravolgerli. L’AI si inserisce naturalmente nelle abitudini digitali consolidate, mentre il metaverso richiedeva una rivoluzione culturale che non è mai avvenuta. Il pragmatismo ha sostituito l’utopia tecnologica in una decisione che privilegia la sostenibilità economica rispetto alla visionarietà.
La lezione del metaverso ha insegnato a Zuckerberg l’importanza di validare le ipotesi di mercato prima di investimenti massicci. L’intelligenza artificiale ha il vantaggio di poter essere testata e implementata gradualmente, misurando i risultati a ogni step. L’approccio iterativo riduce i rischi e permette correzioni di rotta tempestive. La nuova strategia privilegia l’evoluzione incrementale rispetto alla rivoluzione radicale.
Ci vuole un capo al vertice capace di “vedere” queste cose e con un controllo sull’azienda così stretto da poterle imporre in tempi molto brevi una virata secca nella nuova direzione. Era la scuola di Steve Jobs, che ha fatto da mentore a Zuckerberg all’inizio della sua carriera con i social, non a caso. Lezione imparata. Adesso, il futuro di Meta si delinea come una combinazione di social media tradizionali potenziati dall’intelligenza artificiale.
E il metaverso?, chiederete voi. Sopravvive come nicchia per applicazioni professionali specializzate, ma ha perso il ruolo di protagonista nella strategia aziendale. L’AI è diventata il nuovo core business, promettendo ricavi immediati e crescita sostenibile. Il sogno immersivo ha lasciato posto al pragmatismo algoritmico in una transizione che potrebbe salvare Meta dai suoi stessi eccessi visionari.











