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Jobs: infuocato scambio di email con un giornalista

Una battaglia a suon di mail, un botta e risposta rapido come il fuoco incrociato in uno scontro di botta e risposta jobs tatestrada, un episodio mai visto a memoria del mondo giornalistico che si occupa di Apple. Ecco quello che è accaduto questa notte quando Rayan Tate, un blogger ed editorialista per Valleywag, ha deciso di scrivere una mail a Steve Jobs dopo avere visto (così racconta dalle pagine della sua testata) uno spot di iPad. Dal breve messaggio che faceva riferimento esplicito alla capacità di Apple di guidare una “rivoluzione” ed implicito alle ormai notissime vicende che ruotano intorno a Flash, ne è scaturito uno scambio di mail in cui Jobs non si è sottratto al dibattito nonostante i toni usati dal giornalsta e la terminologia certo non attinta da un compendio di norme sul bon ton.

La prima risposta all’accusa di procurare schiavitù informatica (“la rivoluzione vera è la libertà”, era la posizione di Tate) è arrivata dopo qualche ora dall’invio dell’email: “La liberà che offriamo – dice Jobs è quella da programmi che rubano dati privati, che uccidono la batteria e dal porno. I tempi cambiano e ogni volta che questo succede la gente che si occupa di PC tradizionali si sente mancare la terra sotto i piedi”

La risposta del blogger di Gawker media (che, va detto per completezza di informazione, è la stessa editrice di Gizmodo, implicato nel caso dell’iPhone 4G perso al bar)  è stata immediata e subito piuttosto astiosa sia nella forma che nei contenuti. Non lesinando termini e aggettivi ruvidi, Tate ha portato il discorso sulla vicenda dei compilers e sulle imposizioni che vengono applicate a chi vuole fare qualche cosa di innovativo, costretto invece a stare nei termini dettati da Apple. “E per quanto riguarda il porno – ha chiosato, forse un po’ sopra le righe Tate, salvo poi correggere successivamente e parzialmente, in una email post-scriptum, il tiro – non voglio libertà dal porno. Il porno va benissimo e penso che anche mia moglie sia d’accordo”.

Quando Jobs (solo 8 minuti dopo) gli faceva presente che ci sono società che, come Condè Nast, stanno creando applicazioni in Cocoa, Tate replicava “lo fanno solo perché erano obbligati a farlo e questa non è libertà”. Pronta anche la controreplica di Jobs: “non devono pubblicare per iPad se non lo vogliono fare. Sta di fatto che invece vogliono farlo. Le applicazioni per riviste saranno decisamente migliori perché saranno scritte in codice nativo. Ma perché ti stai arrabbiando in questa maniera su una questione tecnica? Non si tratta di una faccenda che riguarda la libertà, ma di quello che Apple pensa sia meglio per i suoi clienti. Gli stessi utenti, gli editori e gli sviluppatori possono fare quello che vogliono, pubblicare o no per iPad. Non sono obbligati a farlo se non vogliono”

A questo punto Tate si lascia andare definitivamente definendo la posizione di Apple come parallela a quella di Microsoft che imponeva di scrivere per le API di Win32 come dettata solo dalla voglia di vendetta nei confronti di Adobe e aggiungendo che se le sue parole sono così aspre è perché Cupertino “vuole imporre la sua moralità sul porno, sui segreti industriali, sull’integrità tecnologica nel senso più deviato del termine”. A conferma che nell’animosità degli accenti non è certo estranea la vicenda Gizmodo, Tate aggiunge: “non mi piace che gli accalappiacani (letteralmente NDR) di Apple sfondino le porte dei miei colleghi di lavoro”

“Ti sbagli – è stata l’ultima mail di Jobs – nessuno ha sfondato nessuna porta. Ti fidi di blog malinformati. E per quanto riguarda Microsoft credo che abbiano tutto il diritto di imporre le regole che vogliono; se alla gente non piace, possono scrivere per una diversa piattaforma o comprarne una diversa. Cosa che per altro sta succedendo. Per quello che ci riguarda, quel che stiamo cercando di fare è di creare e preservare l’esperienza utente che abbiamo immaginato. Puoi sicuramente non condividere la nostra visione, ma le nostre intenzioni sono oneste. Per inciso: da parte tua che cosa hai fatto di così rilevante? Ti occupi di fare qualche cosa o ti limiti solo a criticare il lavoro degli altri sminuendo le loro motivazioni?”

Come accennato lo scambio di battute, da quando ha preso quota, è  stato molto rapido durando circa un’ora e mezza, come dire che Jobs, considerando il tempo che ci si impiega a leggere e scrivere una email, ha dedicato il suo tempo quasi esclusivamente a questa materia, segno che si è davvero molto infervorato. Bisogna però ammettere che i termini usati e il tono del Ceo sono stati complessivamente assai più contenuti rispetto a quelli Tate che ha dato complessivamente più l’impressione di volersi togliere qualche sassolino dalla scarpa che avere l’intenzione di contestare nel merito le politiche di Apple; la pubblicazione integrale dello scambio di email, ammesso che non sia stata concordata con lo stesso Jobs, contribuisce a rafforzare l’impressione di un’episodio fortuito ma che Gawker Media è intenzionata ad usare per alzare, anche grazie all’inevitabile supporto che giungerà dai siti che riprenderanno il botta e risposta, il tono della polemica con i vertici dell’azienda di Cupertino. Oltre che, ovviamente, per avere un po’ di pubblicità gratuita. Al contrario di quella avuta con la pubblicazione dello scoop su iPhone 4G costata invece 8500 dollari.

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