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La fuga dagli ebook racconta la storia di una innovazione che non decolla

Nei giorni scorsi è morto Charlie Munger , da molto tempo partner di Warren Buffet nel fondo d’investimento Berkshire Hathaway. Non c’è da rammaricarsi particolarmente perché l’uomo aveva 99 anni e la sua vita l’ha vissuta appieno (era una delle persone più ricche del mondo) e ha lasciato anche una vivace eredità. In particolare, oltre ai contanti e alle azioni, anche un libro di massime raccolte nel tempo: il cosiddetto ‌Poor Charlie’s Almanack, “l’Almanacco del Povero Charlie”, pubblicato tanto tempo fa e oggi ripreso da un’altra coppia di imprenditori molto particolare.

I fratelli Collison (Patrick e John), irlandesi giovanissimi e miliardari, non hanno solo fondato Stripe, la società di pagamenti elettronici che è di fatto l’intermediatore finanziario della rete, ma anche una casa editrice, la Stripe Publishing. Come mai? Perché ritengono che la cultura di qualsiasi settore sia fondamentale e il loro interesse è pubblicare versioni di libri che ritengono fondamentali per una certa visione del capitalismo e della vita. In un catalogo prestigioso, ristretto e oggettivamente interessante, trova spazio anche una nuova edizione di Poor Charlie’s Almanack, disponibile in tre modi.

Si può comprare la versione rilegata con copertina rigida, si può comprare l’ebook (epub, mobi) per le solite piattaforme (Kindle, Kobo, Libri di Apple) oppure visitare il minisito che contiene il libro. E queste due ultime opzioni sono le più interessanti, di cui qui di seguito parliamo.

Perché il punto centrale è semplice: gli ebook sono tremendi. E i reader ancora peggio: hanno schermi poco luminosi, tipografia strana, impaginazione snervante, sono effimeri (come tutta Internet, del resto, che sta scomparendo sotto i nostri piedi un pezzetto alla volta) e sono una prigione con i DRM che “noleggiano” un ecosistema proprietario.

Chi ama gli ebook lo fa forse perché sono portatili, sufficientemente leggibili e in grado di far arrivare flussi di parole, di narrativa e di saggistica, agli occhi e a cervello con relativa facilità. Forse perché sono comodi, si può portare una pila infinita di libri ovunque si voglia andare con un solo, piccolo apparecchio, senza dover trascinare in giro un quintale di carta. Il fatto che si amino o si odino gli ebook dipende probabilmente dal significato che i libri hanno per ciascuna persona e dal perché lo hanno. Però una cosa resta sicura: gli ebook sono abbastanza orrendi.

La storia dell’eBook

I primi esperimenti di moderni ebook sono di Douglas Engelbart negli anni Sessanta e di Michael S. Hart nel 1971 con la nascita del suo Project Gutenberg, che il bibliotecario libertario americano fortemente volle e che avviò con il primo testo libero da copyright (la Costituzione americana) per dichiarare chiaramente quello che secondo lui doveva essere la cultura: libera e con la massima diffusione possibile.

Un’idea condivisa da molti ovviamente, che soprattutto negli Usa (una nazione molto grande fatta da pionieri ed emigranti) è stata codificata nei tre secoli di vita del Paese con l’apertura di un ampissimo servizio di biblioteche pubbliche. La novità che vedevano Engelbart e soprattutto Hart era quella dell’elettronica: il libro elettronico. In quanto immateriale e facilmente trasmissibile, esso era il candidato perfetto per portare avanti all’infinito la diffusione, senza rischio di esaurimento delle copie, rarità, scarsità, consunzione.

L’ebook racconta la triste storia di una innovazione che non decolla
Foto di Maarten van den Heuvel – Unsplash

Il libro del futuro che non c’è

All’inizio eBook inteso come traslitterazione dei libri cartacei (che all’epoca nascevano ancora su carta, per essere composti su telai con caratteri mobili di piombo) e poi come strumento di trasmissione con l’evoluzione della rete. Il problema si era spostato: qual era il supporto per leggere questi libri elettronici? Il monitor? Una stampa a domicilio? Un nuovo strumento di lettura?

La fantascienza dagli anni Trenta è piena di libri e giornali elettronici, che mostrano immagini oltre a testo, spesso in movimento e colorate. Su dispositivi favolosi tra cui la carta elettronica, che ha la caratteristica non solo di essere “resistente” alla luce solare (come la carta vera) ma anche pieghevole e stropicciabile.

Tutti strumenti che, come le macchine volanti, non solo non sono arrivati, ma hanno creato anche problemi. Perché, per seguire alcune chimere (il foglio di carta elettronica spiegazzabile usa-e-getta) si è giunti al punto di trascurare la cosa più importante. Il formato dei libri. Che è banale, sciatto e trasandato. Oltre che rigido e povero.

Fare qualcosa di meraviglioso

Un altro testo, oltre a Poor Charlie’s Almanack, lo spiega bene. Parliamo di Make Something Wonderful, il libro dedicato a Steve Jobs che raccoglie pensieri e massime dell’imprenditore. Una gradevole e rara versione rilegata, una versione elettronica per Apple Books o altri formati (epub più o meno evoluti, Pdf) e il minisito.

Volete sapere quali sono le versioni più belle, gradevoli e innovative dei due libri, quello delle massime di Charlie Munger  e quello dei discorsi e interventi di Steve Jobs? Ci siamo già capiti: i due minisiti.

Solo che non sono libri: sono minisiti costruiti in maniera anti economica rispetto al taylorismo d’accatto degli epub di oggi: quei due invece sono fatti su misura, con grafica e operazioni adatte a gestire e valorizzare il loro specifico contenuto, in maniera tale che Css e Javascript funzionino perfettamente e che tutto “giri” su schermi di dimensioni diverse: responsive fin dalla nascita, mobile come idea di base, flessibile e architettato perfettamente.

Sono due progetti diversi ma fanno capire che per fare un libro serve grazia e serve capacità. Serve un compositore che lo sappia “montare”. Un designer. Una mente pensante. Perché dietro i libri ci sono menti pensanti: non solo chi li scrive o chi li commissiona o chi li edita, ma anche chi li progetta graficamente, tecnicamente. E questo nel mondo degli epub e dei mobi (due dei formato usati dagli ereader di oggi) non c’è.

Quando il sito è meglio del libro

Lo sappiamo: è difficile catturare il piacere di un libro vero e proprio. Tuttavia, sono questi due siti web che ci si avvicinano di più e lo fanno in modo fantastico. Ci sono un sacco di piccoli dettagli, deliziosi e accurati. C’è un sacco di lavoro fatto bene.

Diciamo “ebook” anche se è una parola che non viene usata da nessuna parte sui due siti, probabilmente per una buona ragione: non ci sono buoni ebook. Il file epub di ciascuno dei due libri manca di tutto il piacere dei rispettivi sito web. I libri su Apple Books sono oggettivamente peggiori delle loro controparti scritte. E anche se ci sono i minisiti fatti bene, i libri per Apple Books non lo sono.

Le edizioni Kindle sono ancora più primitive, dal punto di vista del design. Confrontate l’anteprima Kindle del Poor Charlie’s Almanack o di Make Something Wonderful con l’edizione del sito web è come confrontare una scatola di fiammiferi con una torcia olimpica. Con le edizioni ebook per differenti apparecchi, siano essi i negozi/app/device di Amazon Kindle, Kobo, Apple Books, o altro, si possono semplicemente leggere i libri. Con le edizioni web, li si vive.

La domanda che lasciano sul tavolo virtuale della rete è questa: è possibile che dopo tanti anni e con milioni di testi digitalizzati, che nascono addirittura in formato digitale, non siamo ancora riusciti ad andare oltre a questo livello primitivo di rappresentazione della nostra conoscenza? I mini siti web sono un esempio di come potrebbe essere un ebook fatto bene. Perché però poi non succede?

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