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La recensione di Leica M11 Monochrom, la regina dell’oscurità

Leica è l’azienda tedesca che da sola ha inventato la fotografia moderna, creando le prime fotocamere in “piccolo formato”, usando obiettivi con lenti d’eccellenza (prodotti internamente e paragonabili se non superiori alle migliori formule ottiche della blasonata concorrente Zeiss) e una pellicola che, a inizio Novecento, iniziava a essere popolare: quella cinematografica.

Ruotandola in posizione orizzontale Leica ha inventato il formato 24×36 che è diventato talmente popolare da essere lo standard di fatto della fotografia analogica e il punto di riferimento per quella digitale. I sensori “full frame”, a fotogramma pieno, ricalcano infatti proprio quella misura, che assieme all’invenzione del rocchetto precaricato è stata la mossa vincente per rendere la fotografia veramente tascabile.

Poi sono arrivate le reflex, poi il digitale, poi sembrava Leica fosse morta e invece l’azienda ha tenuto duro e, grazie a uno dei turnaround migliori della storia del business mondiale, è tornata a essere una protagonista del mercato fotografico.

La prova di Leica M11 Monochrom, la regina dell'oscurità

Portandosi dietro però uno stigma che risale al periodo che va dalla fine degli anni Ottanta al Duemila: essere diventata una azienda con tecnologie obsolete (le macchine fotografiche a telemetro) e con cartellini del prezzo fuori scala, adatti a un mercato di ricchi collezionisti. Una volta si diceva “una fotocamera per dentisti”, quando i dentisti guadagnavano ancora molti soldi.

In realtà le cose sono cambiate e l’innovazione digitale oltre che quella ottica e della meccanica di fino è di casa a Wetzlar, la sede dell’azienda tedesca. Tanto che la domanda che adesso ci si può porre è esattamente l’opposto: Leica è davvero la produttrice di fotocamere per ricchi dentisti oppure sotto quelle linee di design minimalista e dentro quelle scocche in magnesio, ottone e alluminio c’è una tecnologia che giustifica abbondantemente li cartellino del prezzo?

La prova di Leica M11 Monochrom, la regina dell'oscurità

Per rispondere a questa domanda siamo andati a prendere la fotocamera meno “commerciale” di tutte, la Leica M 11 Monochrom. Una fotocamera che può scattare solo foto in bianco e nero. Ma che foto! La Regina delle Ombre, come potremmo chiamarla, è una fotocamera unica sotto tutti i punti di vista. L’abbiamo provata in lungo e in largo anche in quest’ultima terza generazione, partendo da una base d’esperienza forte con gli apparecchi analogici e digitali dell’azienda tedesca. E le conclusioni a cui siamo giunti sono decisamente sorprendenti.

Spoiler alert: questa fotocamera vale il cartellino del prezzo, perché in realtà è un cartellino d’entrata a una tecnologia unica. Non è perfetta, come niente a questo mondo. Ma ci si avvicina abbastanza. Anche se, ovviamente, non è per tutti perché non serve a fare tutto. Invece, serve a fare una cosa ma farla benissimo: le più belle foto in bianco e nero del mondo.

Identikit della Leica M11 Monochrom

Corpo macchina identico alla Leica M11, con la differenza che il mitico pallino rosso Leica non c’è. Perché non è in bianco e nero e per ridurre il “rumore” visivo della fotocamera e renderla ancora più stealth, se possibile. Infatti, anche le scritte sul ponte sono ingrigite anziché bianche.

Il sensore è il CMOS BSI da 60 MP con design a doppio guadagno. La misurazione della luce avviene con una tecnologia a più campi (matrice) e la sensibilità va da 125 a 200.000 ISO. Impressionante la gamma dinamica di 16 stop, raggiunta tramite la mancanza di filtro di Bayer sul sensore che pone questo apparecchio nella parte più alta di tutte le macchine digitali professionali sul mercato. Praticamente c’è solo un modello di Sony A7 (a colori) leggermente più sensibile e, sulla carta basandosi sulle specifiche dei costruttori, nessun’altra macchina fotografica digitale tradizionale (cioè non sensori pensati per telescopi o applicazioni industriali) arriva a coprire una gamma dinamica analoga.

La prova di Leica M11 Monochrom, la regina dell'oscurità

La M11 Monochrom, come la sua sorella normovedente ha tre opzioni di risoluzione Raw o JPEG con 60 megapixel, 36 megapixel o 18 megapixel). Simmetricamente alla M11 tradizionale, la scheda SD è accessibile dal vano batteria (senza piastra di base rimovibile, novità rispetto al design classico della serie M di Leica che ha permesso di affinare il corpo). Inoltre, come la M11, la macchina ha 256 Gb di memoria interna che possono essere usati come backup, per differenziare gli scatti (Jpeg e Raw) oppure come unica fonte di archiviazione. La M11 aveva 64 Gb. La soluzione di non usare una SD diventa adesso praticabile (e forse più interessante, visto che la memoria interna è realizzata con tecnologia diversa e più affidabile da quella delle schede rimuovibili).

Le esposizioni registrabili dalla macchina arrivano fino a 1 ora, con shutter elettronico fino a 1/16.000 di secondo. Il corpo inoltre ha la stabilizzazione live view (correzione digitale delle vibrazioni dell’immagine di anteprima) ed è compatibile con l’EVF inclinabile Visoflex II da 3,68M di punti, per avere un mirino (dato che la serie M ha un mirino ottico a telemetro e non un visore digitale come le mirrorless).

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La Regina delle Ombre on the orad

Così, cosa si può fare con una fotocamera a telemetro con obiettivi completamente manuali (diaframmi e messa a fuoco, mentre i tempi e gli ISO possono essere anche lasciati in automatico) in giro per l’Italia?

La prima cosa sono scatti di street photography, ovviamente, per metterci subito sulle spalle dei giganti. Scatti che diventano molto facili perché è possibile gestire tutto i comandi dal ponte della calotta. E usare la messa a fuoco iperfocale con gli obiettivi Leica: abbiamo usato il nostro Summaron 35mm f2.8 e un Voightlander 28mm f/3.5 Color Skopar oltre a un Summicron APO ASPH 50mm f2 in prestito).

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La seconda è il rapporto con la fotografia d’ambiente, di documentazione e reportage. Foto private, un viaggio di famiglia con i bambini, momenti che si possono cogliere molto velocemente grazie alla portabilità della macchina e alle caratteristiche uniche che però, come un’automobile di una volta di quelle con cambio manuale non sincronizzato, richiede un po’ di esperienza e saper-fare.

La terza è la fotografia più istituzionale: dei ritratti in ambiente chiuso dove si controllano le luci, panorami e vedute con illuminazione in pieno giorno, scatti in ambienti poco luminosi: immaginiamola per le foto di scena a teatro, con l’obiettivo a tendina estremamente silenzioso e ovviamente quello elettronico come alternativa.

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La fotocamera è estremamente robusta e compatta, dà un senso di sicurezza in mano e ha un peso consistente che non permette di avere tentennamenti scattando. I comandi manuali si possono “trovare” anche a memoria, mentre si guarda dentro il telemetro. Che tra le altre cose permette di avere una visuale più ampia di quelle del fotogramma che verrà catturato. La scocca è comoda, i comandi pochi ed essenziali, il software sintetico e veramente ben fatto. Tenendo il visore spento aumenta di un 20-30% la durata della batteria, che non è gigantesca e non è retrocompatibile con le altre M a parte la M11 (qui la nostra recensione). Con un uso rilassato siamo riusciti a fare due giorni di scatti senza problemi.

L’app Leica Fotos è perfetta per trasferire le immagini sullo smartphone e abbiamo condiviso le anteprime sui social senza problemi. Per i trasferimenti su MacBook abbiamo sfruttato il cavo Usb-C, che serve anche a ricaricare la fotocamera (nel nostro caso usando il caricabatterie del computer). Ottima la memoria interna, molto veloce, che alla fine abbiamo usato al posto della scheda SD. Con un processore Apple M1 su MacBook Air siamo riusciti a editare perfettamente le foto Raw a piena risoluzione sia su Lightroom che con Foto. Perfetto l’uso (anche se breve) sia con un iPad Pro 12,9 con processore M2 che con iPad 11 pollici (quello con videocamera sul lato lungo). Si può usare in modo compatibile l’app Leica Fotos, ma ha un’ergonomia davvero limitata.

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È possibile usare scattare portando la risoluzione dell’immagine Jpeg a valori più bassi (ma il raw rimane intatto e di dimensioni regolamentari). Lo scatto in raw permette di recuperare un quantitativo enorme di stop di esposizione, ma in una direzione. A proposito di esposizione, infatti: il sensore privo di filtro per il colore non ha il canale alpha e quindi non recupera bene la sovraesposizione; una volta bruciate le alte luci, sono perse per sempre. L’unica regola da tenere a mente allora è sottoesporre di almeno uno stop o due per essere sicuri, e poi finalizzare in post-produzione lo sviluppo corretto dell’immagine.

I raw di Leica sono in formato Dng (lo standard di Adobe) e non hanno bisogno di attendere la compatibilità della fotocamera per fare demosaicing e decodifica del file. Quindi anche una Leica di preproduzione con firmware beta e senza che siano stati forniti gli aggiornamenti ai produttori di sistemi operativi o di software, può essere utilizzata senza problemi.

La prova di Leica M11 Monochrom, la regina dell'oscurità

Ci sono anche difetti: la M11 utilizza un sensore di immagine con una velocità di lettura molto bassa. Ciò provoca un effetto “rolling shutter”, distorcendo gravemente qualsiasi soggetto che si muova in senso longitudinale lungo il piano del sensore, sia che si muova da solo sia che si muova la fotocamera stessa, se si usa l’otturatore elettronico. Questo relega in gran parte la fotocamera al suo otturatore meccanico, e la ripresa silenziosa con l’otturatore elettronico è da scegliere solo per soggetti di natura morta.

Alcune valutazioni sulla fotografia in bianco e nero

Monochrom (senza la “e” finale, perché è tedesco, non inglese) con il passare del tempo è sempre interessante e particolare, perché mette in circolazione un’idea diversa di fotografia che, nell’opinione di chi scrive, in questa epoca di fotografia computazionale e con l’avvento delle intelligenze artificiali, apre la strada a una interpretazione più personale e autoriale delle immagini che vengono scattate.

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Così l’abbiamo interpretata e usata. Ha una risoluzione enorme, sia per numero di megapixel che per profondità di “vista” dato che la luce non viene frammentata dai filtri per il colore e arriva in piena quantità su tutto il sensore. La qualità raggiunta dalla tecnologia Leica di questa serie M11 è enorme e comincia a farsi avanti un dubbio del quale parliamo tra un attimo nelle conclusioni.

Invece, la fotografia in bianco e nero è fondamentale per affrontare un altro aspetto della fotografia: l’espressione tramite il disegno con la luce. La fotografia non è oggettiva, nonostante nella nostra società sia stata vissuta come neutra e oggettiva, documentale. Invece, è una rappresentazione altamente personale e manipolata. Per questo motivo abbracciare il bianco e nero è liberatorio.

La prova di Leica M11 Monochrom, la regina dell'oscurità

Conclusioni

La Leica M11 Monochrom scambia la mancanza di colore con un sostanziale vantaggio in termini di qualità dell’immagine. Rimuovendo la matrice di filtri colorati posta davanti al sensore, si guadagna circa 1 EV di luce in più. Una maggiore quantità di luce che raggiunge il sensore è sempre vantaggiosa per la qualità dell’immagine, e questo è rappresentato da un ISO di base 125 più alto.

La comparsa di rumore che degrada l’immagine è inferiore a quella che si riscontra su altre fotocamere con sensori simili. Se si aggiunge il fatto che le immagini in bianco e nero rendono il rumore del sensore come una piacevole struttura a grana organica, la M11 Monochrom diventa una fotocamera ideale per le basse luci, anche a ISO molto elevati.

La prova di Leica M11 Monochrom, la regina dell'oscurità

L’usabilità di un corpo telemetro della serie M di Leica è una esperienza che si ama o si odia. Non è adatto a tutti gli impieghi e non è tanto il solito discorso che “rallenta e fa pensare più alle fotografie” che è interessante, in questo caso, quanto che Leica M permette di muoversi più liberamente e creativamente negli ambienti, con una velocità che può essere anche maggiore di quella di qualsiasi automatismo possiate immaginare. Leica M (Monochrom e non) non ha uno zoom con autofocus, certamente. Ma permette di scattare “a memoria” e buona la prima. O creare immagini impossibili da visualizzare con qualsiasi altra fotocamera.

Dedicarsi al bianco e nero vale un’intera carriera fotografica e, in futuro, ne siamo convinti, sarà sempre più vero perché assisteremo a una falsificazione della fotografia tradizionale a causa dell’intelligenza artificiale di dimensioni talmente ampie che la qualità visiva e l’espressività autoriale possibile con la M11 Monochrom la renderanno ancora più unica.

La prova di Leica M11 Monochrom, la regina dell'oscurità

Non esistono alternative. Certo non le fotocamere più o meno a telemetro come la Fuji X100v con filtri per il bianco e nero, o la nuova Pentax K-3 III Monochrome con sensore monocromatico Aps-C, anche perché sembra più un travestimento che una scelta meditata (Ricoh-Pentax ha perso l’occasione di creare un vero prodigio: la Ricoh GR Monochrome, che avrebbe avuto un senso perfetto e si sarebbe posizionata tutta in un’altra categoria).

Un’appendice sul vero valore di M11 Monochrom

Infine, la qualità tecnologica di questa macchina fotografica. Ci dispiace di dare una delusione ai ricchi dentisti del nostro pianeta o a chi acquista le Leica per tenerle in una vetrina e collezionarle. È vero che trent’anni fa Leica ha premuto con l’acceleratore su fotocamere più preziose per il loro valore storico ed estetico che per la novità e innovazione della tecnologia che avevano a bordo. Ma con questa Leica M11 Monochrom ci siamo convinti che le cose non stiano più così.

La prova di Leica M11 Monochrom, la regina dell'oscurità

Qualcosa di profondo è successo a Wetzlar e la prova su strada di questa macchina lo dimostra: Leica non produce più dei beni Veblen, beni di lusso per i quali la domanda aumenta all’aumentare del prezzo, in apparente (ma non reale) contraddizione con la legge della domanda, risultando in una curva di domanda inclinata verso l’alto. I prezzi più elevati dei beni di Veblen, tipo quelli degli orologi Rolex, possono renderli desiderabili come status symbol nelle pratiche di consumo e di svago vistoso. Un prodotto può essere un bene Veblen perché è un bene posizionale, che eleva lo status di chi lo possiede.

Leica non appartiene più a quella categoria, perché la capacità di sviluppare e mettere in produzione delle fotocamere innovative e uniche dotate di una tecnologia inedita e ineguagliata dalla concorrenza, sta dimostrando che il loro salatissimo cartellino del prezzo indica qualcosa d’altro. Uno strumento unico e raffinato, inimitabile.

La prova di Leica M11 Monochrom, la regina dell'oscurità

VOTO: 9 e mezzo

PRO

  • Immagini stratosferiche
  • Ergonomia perfetta
  • Tecnologia ineguagliata

CONTRO

  • Richiede capacità di scatto non comuni
  • Brucia le alte luci

PREZZO AL PUBBLICO

Leica M11 Monochrom solo corpo costa, sul sito Leica, 9.610 euro.

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