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L’iPhone in India deve funzionare come dicono gli indiani

L’India sembra essere la nuova Cina per Apple ma come accaduto nel Paese del Dragone, Cupertino potrebbe essere costretta a scendere a patti con il governo locale se vuole avere successo e arrivare a conquistare il mercato. È questa una delle considerazioni che si devono fare a margine della notizia secondo cui tutti i produttori intenzionati a vendere uno smartphone nello Stato federale dell’Asia meridionale, potrebbero essere costretti a rispettare norme precise in fatto di applicazioni installate e di aggiornamenti di sicurezza.

Tra le proposte al vaglio, una riguarderebbe le applicazioni di base che il sistema operativo installate al primo avvio. Questo significherebbe il diritto di veto su programmi, parlando di iPhone, come il Calendario o Mail oppure Safari solo per fare qualche esempio.

La seconda disposizione riguarderebbe i futuri aggiornamenti dei sistema operativi per i quali è previsto un preventivo test di sicurezza da parte di un ufficio indiano di una agenzia che si occupa di standard, con prove che potrebbero richiedere fino a 21 giorni, rallentando enonormemente il rilascio degli aggiornamenti da parte dei produttori.

La principale preoccupazione dell’India dovrebbero essere gli smartphone che arrivano dalla Cina, un paese con cui c’è un rapporto di rivalità geopolitica e con il quale sussistono contese territoriali. “Le app pre-installate possono essere un punto debole della sicurezza e vogliamo assicurarci che nessuna nazione straniera, inclusa la Cina, le sfruttino. È una questione di sicurezza nazionale”, ammette un non meglio precisato funzionario governativo sentito da Reuters.

Negli ultimi anni l’India ha anche bloccato 300 app legate in qualche modo alla Cina, allo scopo di proteggere “sovranità e integrità della nazione”. Tra le app bloccate negli anni passati da Nuova Delhi ci sono anche TikTok e WeChat, rimosse dagli app store locali perché “alla luce delle informazioni disponibili sono impegnate in attività che pregiudicano la sovranità e l’integrità dell’India, la difesa dell’India, la sicurezza dello stato e l’ordine pubblico”. Il sospetto è, come in altri casi simili, la condivisione dei dati degli utenti indiani con il governo di Pechino.

A febbraio di quest’anno centinaia di app sono state bloccate in India per legami con la Cina, incluse app di scommesse e servizi di prestito, un blocco indicato come necessario per impedire – tra le altre cose – lo sfruttamento improprio dei dati degli utenti.

Ma inevitabilmente a farne le spese sarebbero anche altri protagonisti del settore come Samsung e appunto Apple. Ricordiamo che nel corso degli ultimi mesi Cupertino ha manifestato sempre più preoccupazione per il mercato cinese, da cui ha iniziato una manovra di sganciamento, e nel contempo ampio interesse per il mercato indiano sia dal punto di vista industriale che commerciale. L’india è infatti di un paese dove c’è una minor saturazione di tecnologia rispetto alla Cina e dall’altra apparentemente presenta sfide meno problematiche rispetto al complesso e per tanti aspetti oppressivo ecosistema di norme e disposizioni governative della Cina.

Infine il mercato Indiano non pare presentare gli stessi rischi di scenario che sussistono in Cina dove il controllo del partito unico e un strisciante rivalità con gli USA, per non parlare delle costanti minacce alla sovranità di Taiwan, potrebbero condurre ad nuove disposizioni legislative (come i blocchi anti-covid) oppure, peggio, a boicottaggi e chiusure di importazioni ed esportazioni che nella situazione attuale sarebbero devastanti per tante aziende hi-tech.

Ma azioni come quelle prospettate da governo indiano devono avere fatto alzare le antenne a tanti e suscitato preoccupazione: il Ministro indiano per l’IT, Rajeev Chandrasekhar, ha rassicurato, affermando che le cose non stanno esattamente come riferito da alcune fonti e che non sono in corso test di sicurezza o azioni repressive come alcune voci avrebbero lasciato intendere. Su Twitter, il ministro ha ad ogni modo confermato l’esistenza di consultazioni in corso tra il governo e l’industria di settore, senza però fornire ulteriori dettagli.

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